venerdì 25 novembre 2005

Grazia, affetto e semplicità


La disascalia di questa foto recita: "India: in occasione della festa del villaggio di Gauhati, una mamma sistema al collo del suo piccolo la tradizionale collana di fiori di calendula".

E' un momento inesprimibilmente bello. Non solo per lo sguardo del bambino. Non solo per il gesto tenero e protettivo per la madre. Ma anche per la semplice solennità del gesto, per la bellezza delle vesti. Sono poveri ma hanno un gusto per la bellezza degno di principi.

Mio malgrado, paragono questa foto con la sciatteria, i piercing arroganti, gli ombelichi mostrati senza pudore, i pantaloni scaduti e i capelli a spinaci dei nostri ragazzi.

Chi dei due è il sottosviluppato?

Giovanni Romano

Vittima delle bomboniere etiche



Senza commenti, riporto una lettera pubblicata su "Avvenire" di ieri. Della serie: di buone intenzioni è lastricata la strada che porta all'inferno...

Giovanni Romano

giovedì 24 novembre 2005

Violenti e bugiardi anche nel linguaggio

I sostenitori dell'eutanasia dicono di voler "morire con dignità".

Allora chi muore sopportando le proprie sofferenze è forse un cane? Papa Giovanni Paolo II è forse un cane?

Giovanni Romano

domenica 13 novembre 2005

Contaminazioni? A me non piacciono

"Contaminazione"' è una parola che va purtroppo molto di moda, e che solo ora, non so se per fortuna o per disgrazia, sembra scadere di popolarità, probabilmente perché l'influenza aviaria ci ha ruvidamente ricordato cosa significa davvero.

Che io ricordi, questa parola ha preso piede dal momento in cui sul Vecchio Continente hanno cominciato a sbarcare, bon gré mal gré, masse di clandestini, specialmente islamici. La parola ha dunque sostituito i vecchi termini "influenza" e "influenzare" (che anch'essi, non a caso, alludevano a malattie), o quello molto più esatto di "scambio culturale".

Ma cosa significa, esattamente, o meglio, quale significato si vuole attribuire a un termine usato intenzionalmente in modo così forte?

Direi che si tratta di un duplice ordine di significati: da un lato, com'è ovvio, "mescolanza". E questo già allude all'ideologia dell'appiattimento e del rifiuto delle differenze, in primo luogo quelle qualitative. Si pensa che la mescolanza sia un bene in sé. Certamente un sistema chiuso è destinato a corrompersi, perché l'inbreeding rovina una razza, ma una cosa è una giusta integrazione, un'altra è una mescolanza senza criterio.

Ma c'è un altro significato ancora, forse più insidioso. La contaminazione, come si sa, è l'aggressione di quel che è malato contro quel che è sano. Implica (e forse questa è la vera intenzione di chi usa questa parola, o di chi l'ha usata per la prima volta in questa accezione) la sopraffazione del più forte sul più debole, quasi un elemento che entri di prepotenza e finisca per imporre la propria legge. E' una parola malata, ben degna dell'epoca malata che stiamo vivendo.

Scrivendo questo, sono ben consapevole della banalità ovvia delle mie parole. Potrei sembrare un tradizionalista ottuso, uno cui sfugge il mutamento delle culture, o che vuole sfuggirvi. Ma la questione è un'altra: esiste una via di mezzo intelligente tra la caparbia -e inutile- difesa del passato, e il seguire acriticamente ogni moda?

Come tante parolacce usare per fare colpo, anche il termine "contaminazione" si attenuerà a forza di venire usato, fino a entrare nell'uso corrente. Ma era proprio necessario adoperarlo, in primo luogo? Dico questo perché, nel processo di mutamento e d'invecchiamento delle parole, a volte si perdono per strada espressioni che veicolano concetti più precisi, come ad esempio "sintesi". Un termine che non ha nulla di aggressivo o provocatorio, e che anzi indica una scelta intelligente, l'interesse per il vero che è possibile trovare ovunque. Ma forse siamo diventati troppo pigri per pensare davvero.

Giovanni Romano

venerdì 11 novembre 2005

Ma Veltroni non si monti troppo la testa...

Anche questo è un post recuperato da appunti manoscritti di molti mesi fa. Ma io non ho fretta, aggiorno quando posso.

In occasione della morte di papa Giovanni Paolo II il sindaco di Roma Veltroni non ha perso l'occasione di rivendicare a Roma una efficienza e una capacità di accoglienza dei pellegrini del tutto insospettata, in aperta polemica con il razzismo della lega nord.

Difficile dargli torto, di fronte agli attacchi maligni e gratuiti dei nordici (non solo leghisti) e del pregiudizio radicato che vede i romani come gente pigra, sbafona, mangiona, prepotente e parassita.

Per smentire il Nord, in verità, basterebbe una conoscenza della storia anche inferiore a quella di Veltroni. La Roma dei parassiti e dei burocrati fu una creazione anche dell'accentramento sabaudo forse più che del Vaticano. E anche quanto alle opere pubbliche La Roma papalina batteva a mani basse quella risorgimentale. La facciata di S. Giovanni Laterano fu costruita in due anni soltanto: per costruire una scuola media di second’ordine in provincia oggi lo Stato impiega mediamente un tempo quattro volte maggiore.

Fa bene comunque Veltroni ha rivendicare a Roma e ai romani il rispetto che è loro dovuto. Ma chiediamoci: a quale Roma, e a quali romani? E’ proprio sicuro che il successo sia dovuto soltanto alla macchina organizzativa, e non anche alla natura dei pellegrini affluiti a Roma, e allo scopo per cui erano venuti? Il popolo di Wojtyla era tutto fuorché una massa di indisciplinati e di esaltati. I pellegrini erano più che disposti a collaborare con le forze dell'ordine e con le autorità, non erano venuti per protestare come i pacifisti e i no-global. Non erano venuti per scatenarsi come a un concerto di musica rock. Non erano venuti per sfasciare tutto come gli anarchici e i black block. Non si sono calpestati a morte, come il pellegrini islamici alla Mecca.

I problemi sono stati causati dall'immenso numero dei pellegrini, non dal loro comportamento. Si può dubitare se Veltroni, Bertolaso o chiunque altro, in qualunque altro luogo, aveva avuto lo stesso successo se avesse avuto a che fare con un altro tipo di folla. È certo Veltroni di dover ringraziare soltanto se stesso, e non anche i suoi "ospiti"?

Tenere presente lo scopo per il quale il pellegrini sono venuti porta automaticamente a domandarsi se l'organizzazione avrebbe funzionato così superbamente se fosse stata mossa da scopi diversi.

È stata osservata, e non da oggi la perfetta organizzazione del Vaticano. Eppure il personale di servizio molto spesso è costituito da italiani, quando non da romani. Che cosa cambia? Che cosa li mette in grado di lavorare in modo diverso e così efficiente? La grandezza dello scopo a cui danno la vita. Basterebbe questo per farci riflettere quanto sia stupido pensare allo stato come a una macchina autosufficiente e autoreferenziale.

Giovanni Romano

giovedì 10 novembre 2005

La Repubblica e Avvenire: censure incrociate

12 ottobre 2005 (ripesco dai miei appunti cartacei): "La Repubblica" dà grande risalto a un preteso scontro tra il Card. [qui manca il nome] e il Card. Scola sulla comunione ai divorziati. Nemmeno una parola, invece, sull'appello drammatico dell'Arcivescovo di Sarajevo, Mons. Pulijc, sulle discriminazioni che i cristiani devono soffrire in Bosnia a opera dei musulmani spalleggiati dalla UE.

Su "Avvenire" si dà il giusto risalto al discorso del Card. Pulijc, ma nemmeno una parola sulla discussione opposta.

Censure incrociate? Probabilmente. Ma tra le due non c'è alcun dubbio su quale sia la più grave.

Giovanni Romano

A proposito di Lapo Elkan (12 ottobre 2005)

"L'Unità" di oggi dedica quasi un editoriale al rampollo degli Agnelli. A parte il fastidio dei continui bollettini medici, manco si trattasse del Papa, quello che urta è il tono apologetico dell'editoriale, quasi che una morte sfiorata per overdose fosse un semplice incidente di percorso, che non deve interrogarci sul vuoto e la sordidezza di una vita piena di soldi e vuota di tutto il resto.

Che "L'Unità" prenda le difese di un capitalista viziato, o semplicemente troppo debole per il ruolo da lui ricoperto, potrebbe urtare -e urta- come il massimo dell'ipocrisia, ma in realtà la cosa è profondamente coerente sotto due aspetti. Il primo è il carattere di "partito radicale di massa" che ormai sono diventati i DS. Il secondo non è altro che la dimostrazione del tacito "patto di ferro" che la FIAT e la grande industria in generale hanno stipulato da molto tempo con le forze di sinistra, che non tanto rappresentano le rivendicazioni del proletariato quanto le monopolizzano.

Questa volta Cipputi è stato più servile di Fantozzi.

Giovanni Romano

lunedì 7 novembre 2005

domenica 6 novembre 2005

I minareti, non le campane a martello

Giovedì 3 novembre scorso "Avvenire" aveva parlato di "campane a martello per tutta l'Europa" in riferimento alla rivolta delle periferie francesi islamizzate. Ho inviato questa lettera, che non credo sarà pubblicata:

Caro Direttore,


ho trovato infelice e inopportuna l'immagine delle "campane a martello" in riferimento alla rivolta delle periferie magrebine in Francia. Se c'è un suono che lì non si sente è proprio quello delle campane, come lamentava Brigitte Bardsot che per questo fu condannata per razzismo.Come si può dedurre dal Vostro stesso articolo, quella che si sente è la "vociaccia" del muezzin, per dirla come Oriana Fallaci.

Non di campane a martello si tratta, ma di campane a morto per la convivenza, per il nostro futuro e per la nostra libertà.

Cordiali saluti,

Giovanni Romano

venerdì 4 novembre 2005

L'Eurabia sta a guardare, l'Italia no

La fiaccolata pro-Israele di ieri sera ha avuto un successo bipartisan superiore a ogni previsione. Mi aspettavo, onestamente, un paio di migliaia di persone al massimo. Ne sono venute diecimila, secondo le stime più prudenti.

Direi che è un segnale, il superamento di una soglia psicologica, il rifiuto morale di subire prepotenze e intimidazioni dall'islam. Siamo stanchi di vivere con il coltello alla gola, abbiamo capito che oltre un certo limite non si può andare, e nonostante tutta la retorica sul "dialogo" e sulla "pace" stiamo cominciando a intuire quello che l'islam vuole veramente: annientare la nostra civiltà.

Mi chiedo se questa iniziativa sia per ora l'unica in tutta Europa. I pacifisti, ad esempio, sempre pronti a sfilare contro Bush, perché non organizzano sit-in davanti alle ambasciate iraniane? Perché le "mamme coraggio" USA, che il coraggio lo trovano solo quando sono sotto l'obbiettivo della telecamera, non hanno ricordato ieri il sequestro del personale diplomatico statunitense a Teheran?

Una volta tanto, siamo noi italiani a essere all'avanguardia. Anziché imitare servilmente l'Eurabia in quel che ha di peggio, una volta tanto dovremmo essere fieri di noi stessi, e rinfacciare al resto del mondo la sua inerzia e la sua vigliaccheria.

giovedì 3 novembre 2005

Iran: l'assordante silenzio di Ciampi

Non è strano che il Presidente Ciampi, di solito così garrulo (specialmente quando si tratta di criticare il governo) sia rimasto zitto come una mummia sulle minacce iraniane a Israele?

Giovanni Romano