giovedì 30 luglio 2009

I cannoli, i filosofi e i ciarlatani

Scritto il 30 agosto 2008

Ascoltavo alla radio, verso mezzogiorno, in macchina, una trasmissione piuttosto interessante dedicata ai rapporti tra gastronomia e potere. L'esempio scelto era particolarmente calzante: i famosi cannoli di Totò Cuffaro, che gli costarono la carica di governatore della Regione Sicilia. Probabilmente Cuffaro ha ragione quando dice che dal punto di vista mediatico la sua foto coi cannoli in mano è stata devastante più che la sua condanna per associazione a delinquere semplice (non mafiosa, il che a quanto pare, data la mentalità corrente da certe parti, vale quanto un'assoluzione).

Quello che mi ha colpito è stato però l'intervento di un intellettuale -farei meglio a dire "il solito tuttologo"- di cui purtroppo non ricordo il nome, il quale faceva un paragone un po' a sproposito tra il profeta, "che scende dalla montagna con le tavole della Legge che nessuno può discutere", e il filosofo "che mette le sue idee a confronto con le altre e le discute sulla pubblica piazza" ovviamente senza-pretendere-di-possedere-la-verità, come va di moda dire oggi.

Ma il profeta, a differenza dell'opinionista alla moda, spesso si accorge che la gente sta adorando il vitello d'oro. Ed è questa la sua missione: richiamare la gente alla realtà e alle implicazioni di quanto sta facendo. Il discorso è un po' più complesso dal punto di vista del filosofo, ma anche qui si può facilmente notare che l'intellettuale disposto a "dialogare" all'infinito, ma senza mai riconoscere la verità, non è il filosofo ma il sofista, disposto a piegare ogni volta le sue idee a vantaggio del potere.

Ci fu un filosofo che scese, anzi visse, sulla pubblica piazza, confrontò le proprie idee con quelle degli altri, non si sottrasse alla discussione. Ma aveva il "vizio" di cercare qualcosa che non dipendeva dalle opinioni o dalle chiacchiere oziose: la verità. Per questo fu arrestato, processato e avvelenato.

Il suo nome era Socrate.

Giovanni Romano

Due riflessioni su Tolkien

Nel libro "Il Signore degli Anelli" la parola "vecchio" s'incontra molto spesso, ma -in piena controtendenza con gli scrittori suoi contemporanei- Tolkien non le attribuisce praticamente mai un significato negativo, non l'associa mai alle idee di usura, di decadimento o di semplice passatismo ottuso. Al contrario, in Tolkien "vecchio" Significa "solido", "quel che ha resistito al tempo, quel che il tempo non è riuscito a distruggere". E' l'espressione di una vittoria, non di una sconfitta. Di continuità, non di immobilismo.

Un altro elemento su cui riflettere è che la Terra di Mezzo ha strade, ma sono tutte deserte. Non sono certo i "crocevia di popoli" tanto sperticatamente esaltati dai patiti del "dialogo" e della "contaminazione". Quando le percorrono gruppi numerosi, come ad esempio i Nani in fuga dall'Ombra, si tratta sempre di presagi d'inquietudine e di pericolo. I viaggiatori possono anche essere figuri molto sinistri, come i Cavalieri Neri. Ma in genere le strade, compresa la mitica Via, sono deserte, solitarie, silenziose. E non soltanto per l'avanzare dell'Ombra. Il mondo di Tolkien è una "static, incurious civilization", per dirla con Orwell. Le sue razze diverse sono pensate per stare dove stanno, il mondo degli Hobbit è una dolce, nostalgica comunità che ogni intervento esterno può soltanto turbare o distruggere. Non è solo per la minaccia dell'Ombra che le vie di Tolkien sono deserte. Sono vie interiori, per cui passa non il commercio ma l'avventura, la crescita sofferta dei personaggi.

Giovanni Romano

mercoledì 29 luglio 2009

La tartaruga

Da qualche giorno ospitiamo una tartaruga acquatica. Come ogni anno mia sorella è andata in vacanza e ce l'ha lasciata. La conosciamo ormai da anni, ora è cresciuta e sta veramente a stento dentro il suo acquario. Il suo habitat sono gli stagni e le acque correnti, non la bacinella in cui siamo costretti a tenerla. In quello spazio stretto fino all'allucinazione, la sento sbattere ciecamente dalla mattina alla sera, fa "tum-tum" come il pulsare agitato di un cuore, tanto che si sente perfino dalle stanze vicine.

Se fossi in lei sarei già impazzito. Sta sul fondo di una vaschetta che la continene a malapena. Non può vedere niente davanti a sé, e deve guardare in alto torcendo penosamente il collo. E' immersa nell'acqua puzzolente dei gamberetti (mio padre gliene mette sempre troppi) e dei suoi stessi escrementi. Per questo sbatte, sbatte, sbatte con sforzi disperati cercando di issarsi e di affacciarsi sull'orlo. Una volta c'è persino riuscita, avevo paura che si rovesciasse sul dorso ma è rimasta lì, forse poi non ce l'ha fatta ed è ritornata giù, per continuare a sbattere ciecamente come prima.

Quella lotta continua e disperata mi fa una pena e una rabbia da non dirsi. Vedere quell'agonia senza senso mi ha completamente guarito dal desiderio di possedere animali. Quante esistenze sono simili a quelle della tartaruga, costrette dentro un buco, che si affannano e sbattono ciecamente sul fondo senza mai potersi affacciare alla vita, senza mai vedere cosa c'è oltre!

Giovanni Romano

Diventare donna, diventare uomo

E' strano che, quando una ragazza fa l'amore per la prima volta, si dice che "è diventata una donna", ma non si dice mai che dopo un'analoga esperienza un ragazzo "è diventato un uomo". Sarà la differenza fisica tra i due sessi, per cui la donna sente nella sua carne il passo senza ritorno che ha fatto. Più probabilmente è il nostro modo di pensare maschilista ma certo la concezione della sessualità è molto diversa e molto più profonda per la donna che per l'uomo. Per lei, è un mutamento di tutto il suo essere, e non solo fisicamente; per l'uomo troppe volte è solo un'esperienza da aggiungere alle altre, ma che non implica nessuna speciale maturazione, nessuna speciale responsabilità.

Giovanni Romano

giovedì 16 luglio 2009

Il sangue del Sud, gli imboscati del Nord

Al Nord il disprezzo dei meridionali è routine di vecchia data, specialmente in campo militare. Ma ogni volta che dei nostri soldati cadono o restano feriti, si viene a sapere che molto raramente il loro luogo di nascita si trova a nord del 42* parallelo. Sono i meridionali a dover pagare il prezzo del sangue anche per gli imboscati del nord che li disprezzano e al tempo stesso fanno affari dove gli altri rischiano la vita.

Giovanni Romano

Attenti al cristianesimo, è infettivo!

ieri il sito della BBC ripotava l'invito ai fedeli del vescovo (anglicano?) di Chelmsford, John Gladwin, a "non usare l'acqua santa, perché potrebbe diffondere il contagio dell'influenza suina". Inoltre, suggeriva ai preti della propria diocesi nell'Essex di evitare le visite pastorali, e se proprio era necessario andare a trovare i malati, farlo con una mascherina, guanti sterili e un camice.

Non so se ridere o piangere. Prima di tutto per la differenza tra questi consigli gelidamente borghesi e l'abnegazione evangelica dei frati cappuccini di cui si narra nei Promessi Sposi! Ma c'è dell'altro che la BBC non dice: con la percentuale assolutamente irrisoria dei praticanti anglicani, siamo sicuri che sia proprio l'acqua santa il principale veicolo di contagio dell'infuenza in Inghilterra?

Giovanni Romano