venerdì 6 novembre 2020

USA: guerra di secessione fase 2?

 


Cosa pensare di quel che sta accadendo in questo momento negli USA? Una contrapposizione così violenta non si vedeva dai tempi della Guerra di Secessione, e se la situazione degenerasse, se si arrivasse davvero allo scontro armato, si potrebbe dire che saremmo in presenza della ripresa e della conclusione di un conflitto in fondo mai terminato. Se ne sono viste le avvisaglie sempre più inquietanti man mano che si avvicinava il momento del voto, ma lo scontro, in verità, è iniziato da decenni, ma è andato via via precipitando da quando le elezioni hanno rivelato un elettorato diviso quasi esattamente a metà. I giorni di Kennedy e di Reagan sono solo un lontano ricordo.

A me non interessa, in questo momento, indicare chi ha torto e chi ha ragione nella conta dei voti. È un affare interno degli Stati Uniti e non sappiamo come andrà a finire. Personalmente credo che tutte le probabilità siano a favore di Biden, che abbia falsificato le schede o meno. Il punto è un altro: chiedersi di che tipo sia la frattura che in questo momento sta dilaniando gli USA, e dove potrebbe andare a finire.

Stavolta non si tratta di uno scontro geografico, anche se è indiscutibile che i grandi centri urbani, e soprattutto la loro ricca borghesia, hanno votato Dem, mentre l'America che si potrebbe grossomodo definire "rurale" (ma questa è una definizione riduttiva, a uso e consumo dei radical-chic) ha votato Repubblicano, con la "sorpresa" del voto ispanico e in parte anche nero. Probabilmente una parte consistente di queste minoranze si è stancata di venire agitata come una bandiera elettorale dalla retorica Dem solo per venire scaricata una volta passate le elezioni.

Lo scontro è molto più radicale, va ben oltre l'aspetto economico, perché è un conflitto di culture, è in gioco la definizione stessa di essere umano. Abortisti contro pro-life, gay friendly contro famiglia naturale, Halloween contro Natale, responsabilità personale contro individualismo garantito. E soprattutto verità contro "political correctness". Chi ha votato Trump lo ha fatto in gran parte non solo per non sentirsi continuamente colpevolizzato in quanto americano, in quanto bianco, in quanto cristiano, in quanto occidentale, in quanto eterosessuale, ma anche perché probabilmente pensa che ci sono delle evidenze che non si possono manipolare a piacimento, per quanto si strilli al "razzismo", all'"omofobia" e compagnia bella. Il voto a Trump è stato un voto contro l'imbavagliamento del pensiero, un voto per non essere costretti a mentire a se stessi quando si augura "Buon Natale" e non "Auguri di stagione" perché-qualcuno-potrebbe-sentirsi-offeso (e da cosa, poi?). È stato un voto contro la cultura del sospetto e della permalosità permanente del "poltically correct". Un voto per non rinnegare un passato con le sue indubbie zone d'ombra, ma che non deve essere fraudolentemente cancellato, perché chi manipola il passato è capacissimo di mentire sul presente e di imbrogliare sul futuro.

L'America è spaccata a metà solo dal punto di vista del numero dei voti, ma non c'è dubbio su quale sia la parte più forte. Molto opportunamente è stata ricordata in queste ore una frase attribuita a Stalin: "Non è importante chi dà il voto, è importante chi conta le schede". E di fronte alle minacce di rivolta armata dei Repubblicani, aggiungerei una frase di Lenin, ottimo stratega: "Al nemico lascia le armi, ma non i mezzi per comunicare". L'asimmetria del conflitto è tutta qui. Nel dominio assoluto dei mezzi d'informazione, che ormai non si peritano più neanche di censurare apertamente Trump mentre parla (basta un impiegato Twitter di idee "liberal" per imbavagliare il Presidente degli Stati Uniti), nel controllo sulla scuola e sulle università statali, nella "lotta alle fake news" (che chissà perché vengono sempre e soltanto da una parte sola, i Dem sono puri e immacolati servitori della Verità), nei grandi monopolisti della Rete tutti apertamente schierati contro i Repubblicani.

Non c'è dubbio né sull'esito del voto e nemmeno su quel che accadrà con la presidenza Biden, che nonostante i suoi toni concilianti non sarà il presidente di tutti gli americani. Nessun conflitto è più pericoloso di quello in cui gli avversari si disprezzano a vicenda. Vinceranno sicuramente i Dem. Sono troppo ricchi, troppo acculturati (o meglio, sono riusciti a far credere che quel che pensano loro sia "la" Cultura), troppo padroni dei mezzi di comunicazione e dei media. L'America di Biden tornerà all'arcobaleno, all'aborto, all'isterismo climatico, alla vergogna e alle menzogne per il proprio passato. Forse tornerà anche a distribuire in giro per per il mondo qualche migliaio di tonnellate di bombe allo scopo di esportare la democrazia. L'altra America sarà soffocata e "normalizzata", i cittadini saranno indeboliti dal fisco e dal controllo sulle armi, la libertà di parola è già un sogno, si ritornerà agli isterismi sul "cambiamento climatico", al finanziamento pubblico dell'aborto e allo sradicamento dell'obiezione di coscienza. Per non parlare del suicidio assistito, provocato e prima o poi imposto agli anziani "non produttivi" e ai disabili.

La Guerra di Secessione 2, se mai sarà combattuta, ha già un vincitore: il Pensiero Unico. E, come nel racconto di Edgar Allan Poe The Masque of the Red Death, una volta che Biden (o meglio, l'establishment che gli sta dietro) avranno completato la loro opera

Darkness and Decay and the Red Death held illimitable dominion over all.

Giovanni Romano