domenica 27 febbraio 2011

Per favore, Don Corinno, non suoni le campane a festa!



Caro Don Corinno,

non so se il mio intervento sia opportuno in un momento terribile come questo. Lei ha dovuto condividere, e sta condividendo, l'immenso dolore dei genitori di Yara. Lei ha pianto con loro ed è rimasto in silenzio con loro, perché in un'occasione come questa non c'è nulla che si possa dire, solo portare insieme il lutto con la propria presenza, per quello che si può.

Lei ha avuto il grande coraggio di proclamare a viso aperto l'orribile verità che il mostro potrebbe essere nel paese, tra i conoscenti della famiglia e della ragazzina. E allora perché, di fronte a questo dolore che richiederebbe riflessione e silenzio da parte di ognuno di noi, ha deciso di suonare ogni ora le campane a festa e non a lutto? Sì, Yara è un angelo e la morte non deve avere l'ultima parola, ma quel suono gioioso stride troppo con un dolore umano che chiede ragione. Non sono io che Le devo ricordare le parole dell'Ecclesiaste: c'è un tempo per ogni cosa, tempo per ridere e tempo per piangere. E questo non è il momento della gioia, o non lo è ancora. Ci lasci per favore le nostre lacrime che sono anch'esse una domanda a Dio prima di ogni risposta. Suoni piuttosto le campane a morto, come si faceva una volta. Con quei rintocchi lenti e terribili ci richiami alla brevità della vita e al mistero del dolore, così che ognuno sia interpellato e che soprattutto l'assassino, se è tra i Suoi parrocchiani, si senta sconvolgere e mordere senza sentirsi prematuramente assolto.
Mi scusi lo sfogo, Don Corinno. Ho la disgrazia di avere un carattere triste e permaloso. Ma l'allegria delle campane a festa oggi, proprio oggi, non la capisco.
Giovanni Romano

venerdì 25 febbraio 2011

La "libertà di morire" genera abbandono terapeutico

Dal sito Catholicnewsagency.com

di Alan Holdren

Roma, 24 febbraio 2001 / 07:26pm - Le storie da incubo sulla malasanità nei confronti degli anziani in Inghilterra e nel Galles sono il risultato di una nuova generazione di "gente spaventata" che vede gli anziani, gli handicappati e i malati come "un peso" e come "esseri inutili", secondo un consulente del Vaticano.

All'inizio del mese le autorità britanniche hanno riferito che ci sono gravi carenze nel sistema sanitario nazionale.

Secondo un'analisi condotta sui certificati di morte delle case di riposo dall'Ufficio Statistico Nazionale, 667 pazienti ospedalieri sono morti di disidratazione tra il 2005 e il 2009 in Inghilterra e nel Galles.

Lo studio ha anche messo in luce un aumento delle morti nel sistema sanitario nazionale causate da negligenza, dovute a malnutrizione, sangue contaminato e infezione da piaghe da decubito durante lo scorso decennio.

I risultati dell'inchiesta hanno suscitato urgenti appelli alle riforme in Inghilterra e hanno anche attirato l'attenzione del quotidiano vaticano.

Il Dr. Carlo Belleni, che tiene una rubrica sulle questioni legate alla bioetica e alla cura, ha scritto il 19 febbraio che la mancanza di cure è in realtà "scandalosa... ma non sorprendente".

Ha citato il caso di altre inchieste presentate davanti al parlamento britannico in anni recenti sul cattivo trattamento nei confronti dei malati di mente, che ha definito "invisibili" agli occhi del sistema sanitario nazionale britannico.

"In breve, chiunque stia più calmo riceve un trattamento proporzionalmente inferiore", ha detto Bellieni.

Neil Duncan-Jordan della National Pensioners Convention ha dichiarato al Daily Mail che è "assolutamente sconvolgente" che queste cause stiano provocando un numero così alto di decessi.

"Ciò che questi dati rivelano è che un numero significativo di anziani nelle case di cura hanno un'assistenza di terz'ordine".

Ha detto di essere rimasto colpito dal fatto che sono morti di denutrizione, di sete o perché non erano accuditi abbastanza bene a letto, eppure probabilmente pagavano l'equivalente di circa 800 sterline a settimana.

"Per loro essere trattati in quel modo non è niente di meno che scandaloso", ha detto.

Un'inchiesta separata da parte dell'Health Service Ombudsman pubblicata agli inizi dell'anno ha messo in luce dieci storie di abbandono di pazienti in ospedale. Alcuni erano stati tenuti per settimane o mesi a corto di cibo, acqua e pulizie.

In un caso, gli apparecchi che tenevano in vita un uomo sono stati staccati prima che i suoi figli ne fossero informati. [Il neretto è mio, N.d.T.]

Su migliaia di reclami presentati agli ospedali del servizio sanitario nazionale, una maggioranza schiacciante di quelli presi in esame coinvolge pazienti anziani.

Bellieni ha citato uno studio pubblicato nel "Journal of the American Medical Association" dove si sottolineava questo punto in maniera particolare. I risultati di un sondaggio mostravano che in un certo numero di nazioni occidentali "la maggioranza dei dottori pensa che la vita con disabilità neurologiche, ma anche con un grave handicap fisico, sia peggiore della morte".

Questa prospettiva, ha detto, è "il segno di una ferita culturale, un profondo scoraggiamento morale che considera la disabilità non come qualcosa da superare, ma qualcosa di intollerabile, verso cui si sente avversione, non compassione".

"Si cercano soluzioni per come aiutarli a morire e non per come aiutarli a vivere meglio", ha detto.

"La questione della morte con dignità non sta nel come affrettarla, bensì nel come vincere il dolore e la solitudine", ha detto il dottore. "Ma si è creato scientificamente un clima di terrore verso una potenziale e improbabile persistenza nel mantenere (le persone) in vita".

Nel mondo oggi si sta creando "una generazione di gente terrorizzata" che "sa solo come cercare modi per difendersi, per mettersi al riparo, per fuggire, che guardano alla morte come l'ultima disperata consolazione, perché la vita ha ultimamente perduto (il suo) significato e la sua attrattiva".

Questa prospettiva porta la gente a cercare "strategie di uscita" per vite che sono diventate "insopportabili" ai loro stessi occhi", ha spiegato.

Bellieni ha affermato che "l'abbandono degli anziani... non è un problema di malasanità ma di disperazione culturale di fronte ai malati... fino a quando restano in vita".

Unathorized translation by
Giovanni Romano

giovedì 24 febbraio 2011

Qualche dubbio sui "profughi" tunisini


Non c'è molto da aggiungere quanto ai commenti sulla slavina umana che si sta rovesciando e si rovescerà sulle nostre coste. Probabilmente, se le cose continueranno a questo ritmo, le migliaia di arrivi di questi giorni saranno solo una minuscola avanguardia.

Si potrebbe tuttavia cercare di approfondire la questione con due domande che ben pochi organi d'informazione, meno che mai quelli di tendenza "immigrazionista" hanno posto finora, per lo meno che io sappia.

Primo. I migranti vengono definiti "profughi". Ma da che mondo è mondo i profughi fuggono a famiglie intere (chiedetelo ai nostri istriani, ad esempio, o a qualsiasi altro popolo in fuga). Questa ondata migratoria invece è composta al 99,9% di giovani maschi. Possibile che questi giovani uomini pensino solo alla propria pelle abbandonando al loro destino anziani, donne e bambini? E come mai invece nessuno ancora fugge dalla Libia, dove una guerra è realmente realmente in corso in queste ore?

Secondo. I profughi fuggono quando il popolo viene sconfitto, non quando ha vinto. E' vero che le notizie provenienti dall'Egitto e dalla Libia hanno fatto passare in secondo piano la situazione tunisina, ma sembra proprio che in quel paese la dittatura sia stata sconfitta. E allora perché andarsene?

Chi sono realmente questi migranti, e cosa vogliono? E' vero che nei paesi del Maghreb la situazione economica e occupazionale è insostenibile (e allora ha senso venire in Europa lasciandosi dietro la famiglia con la prospettiva di mantenerla con le proprie rimesse). E' vero anche che le rivolte sono scoppiate per l'aumento improvviso e ingiustificato del prezzo del pane, ma emigrare in massa e saturare i paesi ospitanti, anch'essi in recessione, può essere una soluzione? Oppure anche la miseria rappresenta ormai una merce da esportazione, che graverà sui paesi di arrivo più che su quelli di partenza?

Giovanni Romano

sabato 12 febbraio 2011

Ciechi davanti al rischio islamico

Traduco questo articolo dal sito Catholicnewsagency . Ma credo che questo sarà l'ennesimo avvertimento che passerà inascoltato, come passò inascoltato l'avvertimento dell'arcivescovo di Smirne al quale un alto esponente islamico dichiarò tranquillamente: "Con le vostre leggi democratiche vi invaderemo, con le nostre leggi islamiche vi domineremo". Certo non lo ha ascoltato il Cardinale Tettamanzi, che anziché preoccuparsi degli islamici che violarono il sagrato del Duomo di Milano per pregare in aperto spregio ai cordoni della polizia, si preoccupa con la massima sollecitudine di far costruire moschee e minareti...
L'Occidente non riesce a capire il rischio di "islamizzazione",
avverte un arcivescovo iracheno
KIRKUK, Iraq, 11 febbraio 2011 / 01:35 pm - Il mondo occidentale secolarizzato è incapace di comprendere pienamente la minaccia di un "risveglio dell'islam" nel Medio Oriente, secondo un vescovo iracheno assediato dai movimenti radicali nella sua stessa arcidiocesi.
In un'intervista con l'agenzia dei vescovi italiani SIR, l'arcivescovo Luis Sako di Kirkuk, Iraq, ha definito il Medio Oriente "un vulcano spaventoso" a causa delle possibili conseguenze di agitazioni diffuse.
"Ci sono forze e movimenti islamici che vogliono cambiare il Medio Oriente, creando stati islamici, i califfati, dove domini la Sha'ria", ha avvertito.
I gruppi radicali presenti in Iraq come Al Quaeda e Ansar al Islam stanno facendo appello ai cittadini di altre nazioni del Medio Oriente per inoculare un'influenza islamica in proteste altrimenti non religiosamente motivate come in Tunisia e in Egitto.
Per l'arcivescovo Sako questi appelli hanno "la chiara intenzione di alimentare... un totale cambiamento religioso" nell'area.
"Sono voci che potrebbero trovare terreno fertile in Egitto e altrove e quindi non dovrebbero essere sottovalutate. anche perché ci sono potenze regionali i cui leaders hanno definito queste rivolte come un 'risveglio dell'islam'", ha dichiarato.
In pratica, lo scopo di questi fondamentalisti è "creare un vuoto per poterlo riempire di temi religiosi, convinti che l'islam sia la soluzione per ogni problema".
In Egitto, i manifestanti insistono che le proteste diffuse non hanno motivazioni religiose o etniche, ma nascono piuttosto da un malcontento generale contro situazioni sociali e politiche di estrema povertà.
Alcuni temono, però, che le associazioni islamiche organizzate come i Fratelli Musulmani siano in ottima posizione per trarre vantaggi0 dalla confusione a proprio beneficio politico.
Perché le agitazioni potrebbero venire manipolate da opportunisti fondamentalisti, l'arcivescovo Sako ha definito il Medio Oriente "un vulcano spaventoso".
Se l'Egitto dovesse diventare uno stato islamico, ha detto, sarebbe "un problema per tutti" e avrebbe "innegabili contraccolpi negativi per le minoranze cristiane".
Secondo l'arcivescovo, l'Europa e il Nord America sono ciechi di fronte alla possibilità di una tale "islamizzazione" del Medio Oriente.
"La mentalità occidentale non permette di comprendere pienamente quel rischio", ha detto.
Ha spiegato che la politica e la religione sono interconnesse nel Medio Oriente, mentre vi è "un vuoto tremendo" tra le due nelle nazioni occidentali.
Il risultato sono due estremismi, ha detto. La mentalità mediorientale è dominata dall'islam, mentre in Occidente domina un secolarismo che nega le radici cristiane e relega i valori cristiani alla sfera privata.
Sebbene la "violenza materiale" non appaia in Occidente, la privatizzazione generale del cristianesimo è "contro la democrazia", ha detto. "In Oriente, al contrario, vale l'opposto: la religione pervade ogni cosa".
Ha definito "sconosciuto e inquietante" il futuro del Medio Oriente, e ha detto che la comunità internazionale è "incapace di muoversi" per fare fronte ai recenti sviluppi degli avvenimenti.
I cristiani iracheni -tormentati dalla violenza e dalla mancanza di sicurezza- guardano alla crisi egiziana con "tristezza", ha detto all'agenzia SIR. Hanno paura che la nazione nordafricana potrebbe cadere in preda alle stesse divisioni etniche e religiose.
L'arcidiocesi dell'arcivescovo Sako è stata duramente colpita dalla violenza degli estremisti. Nove cristiani sono morti e altri 104 sono rimasti feriti a Kirkuk.
La paura che hanno i sopravvissuti per la situazione egiziana, ha detto il prelato, è che diventi "un nuovo Iraq".
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Giovanni Romano