giovedì 6 gennaio 2011

No, questa volta Messori ha torto

Apprezzo molto Vittorio Messori, la sua opera, il suo coraggio di apologeta senza complessi, e di lui ho letto molto. Ma nel suo articolo sul recupero dell'Epifania come festa civile comparso il 3 gennaio sul sito LaBussolaquotidiana.it, compare un'affermazione che ho trovato sconcertante e arbitraria:

Ovviamente intoccabili erano le feste civili, dal 1° maggio al 25 aprile (per inciso, faccio notare che l’Italia è l’unico Paese al mondo a celebrare con ogni solennità la sconfitta subita in una guerra) [il neretto è mio, N.d.R.]

Ma quando mai? L'Italia era già stata sconfitta poco meno di due anni prima, l'8 settembre 1943, e mai nessuno si è sognato di celebrare quella data. Il 25 aprile del 1945 non furono le forze armate italiane a capitolare, ma quelle tedesche in Italia e quelle della Repubblica di Salò. A meno che Messori non voglia sostenere che il governo di Salò fosse l'unico e legittimo rappresentante del popolo italiano, il che mi sembrerebbe quanto meno grave. Certo, il 25 aprile non fu una vittoria per gli italiani perché da una parte il Regno del Sud non era un alleato ma un semplice "cobelligerante" che fu trattato anzi malissimo al tavolo della pace; e dall'altra il contributo strettamente militare della Resistenza alla sconfitta della Wehrmacht fu quasi trascurabile, e senza l'aiuto degli Alleati i partigiani non l'avrebbero nemmeno impensierita.

Ma, checché ne dica Messori, questa data ha un importante significato morale perché dimostra che non tutti gli italiani volevano la dittatura e che anzi non pochi furono pronti a prendere le armi, senza attendere l'arrivo dei "liberatori". E poi chiedianoci: la causa per cui si battevano i soldati di Salò era forse giusta? Faccio un esempio estremo: gli unici militari di questo regime che considero "puliti" perché non si macchiarono mai di nessun massacro, furono i piloti della RSI. Erano gente d'incredibile coraggio perché si batterono uno contro cento, in duelli aerei leali da cui ben pochi sopravvissero. Nessuno di loro si abbassò a mitragliare o a bombardare a sangue freddo i civili indifesi, come invece fecero molti piloti angloamericani sicuri della più assoluta impunità. Se c'è stata in quella sordida guerra civile una vera incarnazione del coraggio e dell'onore, è a loro che va riconosciuta. Eppure anch'essi, in fondo, si batterono per difendere Auschwitz. Nessuno di loro accetterebbe questa definizione, naturalmente, tutti direbbero che si battevano per difendere le città dai bombardamenti, e questo è vero, ma non basta purtroppo ad assolverli. E se non possono essere assolti nemmeno i piloti, figuriamoci gli altri!

Si può discutere il 25 aprile sotto altri aspetti, come ad es. il monopolio che la sinistra comunista ha sempre rivendicato su questo anniversario, il disegno d'impadronirsi del potere con un colpo di stato come quello nei paesi dell'Europa Orientale, le stragi del "triangolo della morte" e le vendette sanguinarie anche su gente innocente. Ma definirlo "la solenne celebrazione di una sconfitta" è antistorico e inaccettabile.

Giovanni Romano

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