giovedì 24 febbraio 2011

Qualche dubbio sui "profughi" tunisini


Non c'è molto da aggiungere quanto ai commenti sulla slavina umana che si sta rovesciando e si rovescerà sulle nostre coste. Probabilmente, se le cose continueranno a questo ritmo, le migliaia di arrivi di questi giorni saranno solo una minuscola avanguardia.

Si potrebbe tuttavia cercare di approfondire la questione con due domande che ben pochi organi d'informazione, meno che mai quelli di tendenza "immigrazionista" hanno posto finora, per lo meno che io sappia.

Primo. I migranti vengono definiti "profughi". Ma da che mondo è mondo i profughi fuggono a famiglie intere (chiedetelo ai nostri istriani, ad esempio, o a qualsiasi altro popolo in fuga). Questa ondata migratoria invece è composta al 99,9% di giovani maschi. Possibile che questi giovani uomini pensino solo alla propria pelle abbandonando al loro destino anziani, donne e bambini? E come mai invece nessuno ancora fugge dalla Libia, dove una guerra è realmente realmente in corso in queste ore?

Secondo. I profughi fuggono quando il popolo viene sconfitto, non quando ha vinto. E' vero che le notizie provenienti dall'Egitto e dalla Libia hanno fatto passare in secondo piano la situazione tunisina, ma sembra proprio che in quel paese la dittatura sia stata sconfitta. E allora perché andarsene?

Chi sono realmente questi migranti, e cosa vogliono? E' vero che nei paesi del Maghreb la situazione economica e occupazionale è insostenibile (e allora ha senso venire in Europa lasciandosi dietro la famiglia con la prospettiva di mantenerla con le proprie rimesse). E' vero anche che le rivolte sono scoppiate per l'aumento improvviso e ingiustificato del prezzo del pane, ma emigrare in massa e saturare i paesi ospitanti, anch'essi in recessione, può essere una soluzione? Oppure anche la miseria rappresenta ormai una merce da esportazione, che graverà sui paesi di arrivo più che su quelli di partenza?

Giovanni Romano

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