L'apostolo Tommaso è stato sempre bistrattato nelle omelie. E' stato additato come cattivo esempio di incredulità, e non è mancato chi ha preso ambiguamente le sue difese come "apologeta del dubbio".
A nessuno, credo, è venuta in mente una considerazione molto semplice. Tommaso non crede ai propri amici, ma come mai resta ugualmente con loro per otto giorni?
Come mai il suo rapporto gli altri apostoli non s'interruppe, nonostante egli pensasse di essere stato preso in giro? Nessuno poteva dirgli se e quando il Signore sarebbe ritornato. Forse Tommaso rimase perché vedeva negli altri una contentezza, una gioia alla quale non sapeva rinunciare. Forse aveva visto anche lui i discepoli di Emmaus, tornati imprevedibilmente "pieni di gioia" Il desiderio di partecipare alla gioia degli amici era già un inizio di domanda a Cristo, una domanda più forte del sospetto e dei dubbi.
San Tommaso non è dunque un maestro di dubbio ma di domanda. Pure nel dubbio, fu leale verso l'evidenza che aveva davanti agli occhi: la gioia dei suoi amici. Era questa, forse, l'inizio della risposta che lui attendeva, e che ciascuno di noi attende.
Giovanni Romano
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