domenica 29 gennaio 2006

Ancora su Hamas

Non ho avuto modo di leggere molti commenti sulla travolgente vittoria elettorale di Hamas, la mia opinione dunque rischia di essere più dilettantesca e approssimata del solito. Tuttava proverò a fare una breve analisi.

In Cisgiordania, con ogni evidenza, non hanno vinto i palestinesi, ha vinto l'islam. Certamente vi sono delle cause ben precise: la frustrazione popolare nei confronti d'Israele, la rabbia contro il regime dispotico e corrotto di Arafat. Ma c'è anche la marea montante del radicalismo islamico anti-ebraico e anti-occidentale, la sensazione che sia arrivata la resa dei conti tanto all'interno quanto con gli "infedeli", l'entusiasmo di essere parte di una umma di livello planetario, la convizione, così pericolosa per il resto dell'umanità e per lo stesso islam, che sia ricominciato il tempo della jihad, delle conquiste e delle aggressioni.

Non so se qualcuno ha visto un legame tra le elezioni iraniane e quelle palestinesi. Pur nella diversità dei contesti, l'elemento comune è appunto il radicalismo sempre più esasperato, e peggio ancora sempre più condiviso dalla popolazione.

E' un cocktail estremamente pericoloso, preludio certo di guerre e di lutti. La questione palestinese non si è mai, in nessun momento, limitata alla Terrasanta, ma in questo momento è di assoluto livello mondiale, più ancora che l'Iraq. Da quel che accadrà in Cisgiordania dipende lo scoppio, o meno, di una guerra mondiale, del tanto paventato scontro di civiltà.

Giovanni Romano

Felice di ritrattare

Contrariamente a quanto avevo scritto nel mio post "La giornata della memoria mutilata", quest'anno la Giornata della Memoria è stata l'occasione di un incontro tra ebrei, cambogiani, ruandesi, forse anche armeni, tutti vittime di stermini e genocidi. Una memoria che, finalmente, non è egoista ma condivisa, occasione d'incontro, per quanto dolente, non di separazione.

Ben venga, allora, la Giornata della Memoria, se questo serve a farci guardare dentro noi stessi, e inorridire del male di cui siamo capaci.

Giovanni Romano

Aforismi 1

Non saranno un granché, ma li garantisco tutti autentici...

· L’aforisma è il parente povero della filosofia, ma lo zio ricco del proverbio.

· Il numero delle chiavi è direttamente proporzionale al numero dei ladri.

· Posso perdonare solo quelli che odio con ammirazione. Mai quelli che odio con disprezzo.

· Lo Stato leggero va bene soltanto a chi ha il portafogli pesante.

· “Non bisogna mai scendere al livello dei criminali…”. Già, ma perché loro ci si trovano tanto bene?

· Dire “ti amo” è infinitamente più facile che dire “ti capisco”.

· Facile imbattersi in un’anima innamorata. Quasi impossibile trovare un’anima sorella.

· Troverai sempre chi è disposto a consolarti nel dolore. Il difficile è trovare chi aiuti a crescere la tua libertà.

· Troppe volte il computer ci riduce a segretari di noi stessi.

· Il “diritto mite” è solo impotenza codificata.

· Guarda sempre dove t'indica un bambino. Non ti mostrerà mai nulla di banale.

· Dove comincia la cattedra finisce la logica.

· Non esistono geni incompresi. L’incompreso permanente è solo un ciarlatano.

· Non crederò mai a nessuno che sia soltanto intelligente.

· La “superiorità morale” è quasi sempre la consolazione impotente dei perdenti.

· Spesso le grandi parole sono il nascondiglio preferito dei piccoli uomini.

· “Dove c’è gusto non c’è perdenza…”, ma c’è tanta sofferenza!

· Nei momenti di crisi, la lacrimuccia facile di oggi si trasforma in molte lacrime amare domani.

· Dopo l’amore della donna, la cosa più bella nella vita è la stima di un uomo intelligente.

· L’occasion fa l’uomo laico.

· Il razzista appartiene alla specie più disgraziata di profeti: quelli che si autoadempiono.

· Il razzista si condanna a sottovalutare sempre chi ha di fronte. Per questo si condanna a molte amare sorprese.

· “Va’ dove ti porta il cuore”? Non è questa la legge della vita. Di' piuttosto: porta il cuore dove devi andare.

· Nessuno è troppo leggero per non fungere, di tanto in tanto, da zavorra.

· La lunghezza di una lettera d'amore è inversamente proporzionale alla vicinanza tra due cuori.

· La vita dei mediocri gira sempre intorno alle premesse.

· L'ordine è l'arte di disporre artisticamente il vuoto.

· Non farei mai conoscere mia moglie a un uomo troppo geloso della sua.

· Il pessimismo è un buon antidoto prima del pericolo, ma un veleno mortale durante.

· I virtuosi raggiungono la pace dei sensi. I fortunati raggiungono la pace nei sensi.

· Il critico si esenta dalla fatica di creare proprio come la remora si esenta dalla fatica di nuotare.

· C'è solo una cosa peggiore del gossip. La nullità di chi li commenta.

· Chi si basta, a me non basta.

· Simona Ventura non presenta. Onnipresenta.

· L’affanno è il pedaggio che si paga alla pigrizia.

· Se ci limiteremo a essere cristiani buoni, non saremo mai cristiani vivi.

· Il primo amore è un volo. Il secondo una mutua.

· Da giovani, la musica è un presentimento. Da vecchi, una rivelazione.

· Si perde realmente fiducia nell’uomo quando si è perduta la fiducia nella donna.

· L’uomo oggi pensa di essere finito quanto all’eterno, ed eterno quanto al finito.

· Scoprire l’amore non significa scoprire che qualcuno ci vuole bene. Significa incontrare qualcuno che è fatto per noi.

· Il silenzio è la colonna sonora delle menti al lavoro.

· Può darsi che l'uomo non sia l'unica specie animale che uccide la prole, ma è l'unica a giustificarlo sui giornali.

· Non sappiamo affrontare l'istante perché abbiamo perso il senso dell'eterno.

· L’appagamento è nemico giurato del miglioramento.

· Non c’è silenzio più profondo di quello che segue un’opera portata a termine.

· Chi odia i libri prima o poi adorerà i moduli.

· Il credente è un cieco che non porta rancore alla luce.

· Il più crudele paradosso che esista al mondo è la gratuità del nascere e la necessità del morire.

· L'aforisma è succo di risentimento spremuto nelle macine dell’indifferenza.

· Chissà perché quando uno è felice, lo fanno subito smettere.

· Abbiamo il dovere di essere pronti, perché i fatti hanno il diritto di accadere.

· L’anarchico vive della società che disprezza.

· La metacognizione è il “reverse engineering” della conoscenza. E come tale difficilmente crea qualcosa di nuovo

Giovanni Romano

venerdì 27 gennaio 2006

"Anna", non "Anne"

Strettamente collegata al messaggio precedente è una riflessione che mi è capitato di fare stamattina mentre ero in libreria. Ho visto l’ultima edizione Einaudi del “Diario di Anna Frank”. La chiamo “Anna”, ma ormai da tempo la casa editrice, in nome forse di una male intesa “correttezza filologica”, ha come distanziato l’autrice dai lettori italiani, adoperando il nome “Anne”. Peggio ancora, sul dorso era indicato solo il cognome, uno scialbo “Frank” che per il lettore profano può anche non significare niente..

Non mi è piaciuto. Quasi per istinto, specialmente dopo aver letto il diario, tendiamo a usare il nome “Anna” perché questa ragazza la sentiamo viva, vicina, una di noi. “Universale”, in letteratura, non significa uno standard asettico e identico per tutti, ma vicinanza a ciascuno, in ciò che ha di più personale e familiare. Universale è ciò che viene fatto proprio in ogni cultura. Anna Frank è una persona splendida, dall’intelligenza acutissima, dal cuore grande e dalle potenzialità gigantesche. “Anne Frank” è già più sgradevolmente lontana, quasi fosse un oggetto di studio da guardare con un certo distacco. “Frank”, poi, è quanto di più frigidamente burocratico si possa immaginare

Fossi stato l’editore, mi sarei imposto per ripristinare il nome “Anna”. E tanto peggio per il “philologically correct”.

Giovanni Romano

La giornata della memoria mutilata

Oggi, come è giusto, si celebra la Giornata della Memoria, dedicata allo sterminio degli ebrei. Quello che accadde nei campi di concentramento è un macigno che grava sulla coscienza del mondo intero. E tuttavia, a costo di essere aggredito sia via Internet o persino fisicamente, dirò che una giornata come questa, così platealmente monopolizzata a senso unico, così grondante di “pensiero unico” da dare la nausea, non mi convince affatto.

Prima di tutto, perché l’immagine che questa giornata trasmette è che solo e soltanto gli ebrei furono le vittime di Hitler. Qui non parlo delle vittime “dimenticate” come gli zingari o gli omosessuali (che hanno comunque i loro forum che li rappresentano) quanto delle vittime “normali” di cui nessuno veramente parla: le ragazze polacche costrette a fare da prostitute ai criminali comuni tedeschi (i Kapò), sparate alla nuca al primo segno di malattia venerea e mandate anche loro al crematorio. I sacerdoti e le suore, i docenti universitari e l’intellighentsia non ebraica di cui molti membri condivisero lo stesso destino degli ebrei, ma che nessuno mai ricorda. Senza contare la spaventosa intolleranza mostrata dagli ebrei contro l’erezione di un Carmelo e di una croce nel campo di concentramento di Auschwitz, a ricordo delle vittime cristiane.

Ci vien detto che si deve ricordare l’Olocausto perché cose del genere non accadano mai più. Giusto. Bisogna però intendersi su questa espressione. Vogliamo dire che queste cose non devono più accadere a nessuno oppure che non devono accadere più ai soli ebrei? La mia domanda non è oziosa. Come mai, infatti, gli ebrei hanno sempre rifiutato di riconoscere che ci sono stati altri genocidi oltre al loro? Gli armeni, i cambogiani, i cristiani di Timor Est non sono stati anche loro soggetti a una politica sistematica di discriminazione e di sterminio? Tra coloro che respingono l’idea dell’Olocausto come unicum ci sono anche autorevoli personalità ebraiche come Claude Levi-Strauss o Noam Chomsky.

E mal si concilia l’ammonimento universale al ricordo della Shoah con la perdurante censura sui crimini del comunismo, quasi che esistessero vittime di serie A e vittime di serie B. Fortunatamente, le più alte coscienze ebraiche hanno sempre inteso la celebrazione della Memoria come un monito a tutta l’umanità e a difesa dell’uomo in quanto tale, non del solo popolo ebreo. Fino a quando la memoria sarà a senso unico, sarà generatrice di nuovi conflitti, non certo pacificatrice.

Mi asterrei dunque dal celebrare la Giornata della Memoria? Certo che no! Ci mancherebbe che dessi ragione a un criminale come il presidente iraniano o ai ciarlatani del negazionismo! Ma lo farei prendendo le mosse dallo straordinario racconto La Madonna Sistina dello scrittore ebreo russo Vasilij Grossman, uno dei pochissimi ad aver tracciato (anche per esperienza personale) un parallelo tra il totalitarismo nazista e quello comunista, individuando la radice comune di entrambi: il rifiuto della dignità umana. Grossman fu uno dei pochissimi a sentire, e ad abbracciare fraternamente, attraverso l’olocausto del suo popolo, la sofferenza e la persecuzione di tutti gli altri uomini.

Giovanni Romano

La vittoria di Hamas, la sconfitta degli exit poll

Lascio agli esperti i giudizi qualificati sulle implicazioni molto preoccupanti della vittoria di Hamas. Da parte mia mi limito a una osservazione più marginale: dovrebbe ormai essere chiara a tutti l’inutilità degli exit poll. Per l’ennesima volta si sono dimostrati tanto indiscreti nei confronti degli elettori quanto completamente fallaci nelle previsioni.

Mi guardo bene dal chiedere che siano proibiti per legge, ma i politici, le TV e i giornali dovrebbero rifiutarsi una buona volta di prenderli in considerazione. Creano solo sensazionalismo fine a se stesso e ci disabituano a a guardare ai fatti, sostituendoli con aspettative truccate da "statistiche". Sarebbe ora che se ne vadano, non rimpianti da nessuno.
Giovanni Romano

mercoledì 25 gennaio 2006

Il buon samaritano e l'eutanasia

Con questo gran parlare di eutanasia e testamento biologico, proviamo un po' a pensare come si dovrebbe riscrivere la parabola del buon samaritano secondo i canoni del "pensiero unico" eco-pacifista-laico:

“Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico e incappò nei briganti che lo spogliarono, lo percossero e poi se ne andarono, lasciandolo mezzo morto. 31 (…) un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto lo vide ed ebbe compassione. 34 Gli si fece vicino, e vedendo le sue ferite, che a suo giudizio gli causavano sofferenze intollerabili, gli fece bere una tazza di cianuro e poi chiamò il crematorio affinché le sostanze organiche del defunto non restassero disperse nell’ambiente”.

Va’, e anche tu fa lo stesso!

Giovanni Romano

Stavolta il Presidente Ciampi ha fatto bene!

Anche i sassi avranno capito che io non sono un ammiratore del Presidente Ciampi. Molte sue prese di posizione mi hanno lasciato freddo a causa di una retorica spesso datata, lontana dalla gente, dai valori della maggioranza e dai suoi veri interessi. Tuttavia, in questi ultimi giorni devo in parte ricredermi. Sarà stata la particolare sincerità del suo ultimo messaggio agli italiani il 31 dicenbre scorso, ma mi è piaciuto soprattutto il suo rinvio della legge-vergogna sull'inappellabilità delle assoluzioni, una legge così spudoratamente truffaldina e ad personam, assurdamente squilibrata a favore dell'imputato, da farmi vergognare di essere italiano.

Fino al momento in cui il Presidente ha imposto autorevolmente l suo "alt". Da questo punto di vista, trovo particolarmente meschino il tentativo di Berlusconi di guadagnare due settimane di tempo per l'approvazione delle ultime sue leggi. Domina un'atmosfera da "si salvi chi può". Se infatti fosse sicuro di essere rieletto, ci sarebbe bisogno di chiedere affannosamente "i minuti di recupero" (e non "dall'84° al 90°", come diceva bugiardamente Giovanardi. Questo per restare nella metafora calcistica).

Senza contare che manipolare il calendario del Parlamento crea un gravissimo precedente, e autorizza anche la sinistra, una volta che sarà al potere, a stravolgere la Costituzione come le pare e piace. Credo che in questi giorni stiamo assistendo a uno strappo molto grave, politico prima ancora che giuridico. La democrazia di regge anche -forse soprattutto- sul rispetto delle regole formali. Averle violate in modo tanto plateale significa che non c'è nulla che rimanga al di sopra delle parti, non c'è un minimo terreno d'intesa sul quale maggioranza e opposizione possano incontrarsi. Lo Stato è di chi se lo prende. Siamo lontani diecimila miglia da qualunque idea di cittadinanza comune.

Tutto sommato, se non ci fosse stato Ciampi a noi cittadini sarebbe potuta andare peggio.

Grazie, Presidente, nonostante tutto.

Giovanni Romano

venerdì 20 gennaio 2006

Ciampi: pluralismo solo per la sinistra

Mi piacerebbe sapere come mai il Presidente Ciampi, così sollecito a intervenire in favore del pluralismo non appena la sinistra perde colpi, tacque ostentatamente all’epoca del referendum, quando stampa, radio e TV erano schierati massicciamente in favore del SI senza concedere alcuna possibilità di contraddittorio. Vorrei sapere come mai il Presidente non ebbe nulla da dire sul silenzio completo dei mass media in occasione dell’aggressione dei no-global a una chiesa di Torino.

Favorire sempre e comunque il laicismo: è questo il “pluralismo” secondo Ciampi?

Giovanni Romano