domenica 26 febbraio 2006

C.S. Lewis e il "dialogo" con l'islam

A cominciare dal racconto Il cavallo e il ragazzo, nelle Cronache di Narnia di C. S. Lewis compare il regno antagonista di Calormen.

Le sue caratteristiche -il dispotismo, la crudeltà, l'arroganza religiosa, l'aggressività contro Narnia e l'ostilità a Cristo/Aslan, alludono evidentemente all'islam, anche se (ingenua "foglia di fico"!) i Calormeniani bevono gli alcoolici.

Questa teocrazia dispotica non può ovviamente accettare la libertà di Narnia. Anche se ha formalmente sottoscritto con essa un trattato di amicizia, Calormen non smette di cercare l'occasione per attaccarla a tradimento e sottometterla una volta per tutte. Ma i Narniani, a differenza dell'Eurabia... oops, della UE, non hanno verso Calormen un atteggiamento di soggezione né di "tolleranza" motivata dalla paura.

Il momento in cui Lewis esprime con la massima acutezza il contrasto tra Narnia/Cristianità e Calormen/islam è quando Sasha, il protagonista del racconto, incontra per la prima volta gli ambasciatori Narniani:

"Non c'erano lettighe e portantini, ma una mezza dozzina di persone che camminava a piedi. Sasha non aveva mai visto uomini così. Avevano, come lui, pelle e capelli chiari. Non erano vestiti come la gente di Calormen e per la maggior parte avevano le gambe scoperte dal ginocchio in giù; indossavano tuniche eleganti e dai colori decisi come l'azzurro intenso, il giallo solare e il verde dei boschi. Al posto dei turbanti portavano elmi d'acciaio e d'argento, alcuni con pietre preziose incastonate, uno con due alette laterali; e tra gli uomini del corteo c'era chi aveva la testa scoperta. Al fianco portavano spade lunghe e diritte, non le scimitarre curve di Calormen, e invece dell'aria misteriosa e solenne tipica dei Calormeniani, camminavano tranquillamente, senza darsi arie, ma ridevano e scherzavano fra loro; uno fischiettava. Si vedeva che avrebbero fatto amicizia volentieri con chiunque lo avesse desiderato, ma che non si sarebbero curati di chi non ne voleva sentirne parlare. Shasta pensò che in vita sua non aveva mai visto niente di così affascinante.

Mi sembra questo l'atteggiamento giusto da tenere con l'islam. Amicizia a chi la vuole, ma messuna vergogna, nessun servilismo. E spada al fianco, caso mai dovesse servire...


Giovanni Romano

mercoledì 22 febbraio 2006

La squallida vigliaccheria della folla

Triste copione davvero. Nel sud della Nigeria, dove i cristiani sono la maggioranza, sono stati i musulmani incolpevoli a dover pagare per le stragi di cristiani del Nord. La BBC, a dire il vero, ha dedicato a questa strage uno spazio maggiore che non a quello dei cristiani massacrati, ma ovviamente il punto non è questo.

Il punto è che persone completamente innocenti, da una parte e dall'altra, sono state uccise.

Il punto è che i "vendicatori" di una parte e dell'altra si sono vigliaccamente fatti forti del numero contro gente inerme.

Il punto è che questa catena d'odio e di vendette, oltre a non avere fine, non colpisce mai gli effettivi responsabili delle violenze, e ne genera altre.

Avevo scritto, in un appunto privato, che l'islam raccoglierà i frutti dell'odio che sta seminando. Ma quelle famiglie massacrate erano forse colpevoli? Il diritto di legittima difesa dei cristiani non comporta certo il massacro gratuito di innocenti!

Considerazioni banali, le mie. Certo. Ma non è forse atrocemente banale quello che sta avvenendo, un canovaccio visto mille volte nella storia, dove le parti di vittima e di carnefice sono già assegnate da sempre?

Ha ragione Stephen Dedalus nell'Ulisse di Joyce: "La storia è un incubo dal quale sto cercando di liberarmi".

Ma forse ci si libera soltanto da morti.

Giovanni Romano

lunedì 20 febbraio 2006

Le scuse A CHI?

Due sono le notizie interessanti di queste ore (domenica 19 febbraio 2006, ore 21.47): la prima è che il giornale danese Posten si è profuso in scuse ai musulmani con una lettera pubblicata su un quotidiano arabo. Kaputt definitivo per la libertà di espressione.

La seconda è che, sempre per via di queste vignette, 15 incolpevoli cristiani che vivono nel nord musulmano della Nigeria sono stati ammazzati, le loro case bruciate, le chiese rase al suolo. Questo, ovviamente, senza contare due cristiani pakistani altrettanto incolpevoli uccisi in queste ore, le chiese altrettanto rase al suolo, le case altrettanto bruciate.

Forse sarebbe stato meglio che il giornale danese, anziché chiedere scusa ai sentimenti feriti dei musulmani, si scusasse con le famiglie dei cristiani trucidati anche a causa sua.

Giovanni Romano

domenica 19 febbraio 2006

Il vento del deserto islamico

Soffia un vento di paura, un gelo di morte. L’islam sembra essersi nuovamente lanciato nella sua folle corsa per la conquista del mondo. Si uccidono i cristiani in Nigeria, in Turchia, nelle Filippine, e l'Occidente che ha rinnegato le radici cristiane sembra immobile,, paralizzato come sotto lo sguardo di un serpente maligno.

Si è parlato molto, e giustamente, del martirio di Don Santoro in Turchia. Quasi nessuno però, nemmeno nella Chiesa, ha citato il caso dei sette martiri filippini assassinati dal gruppo Abu Sayaf. Prima di ucciderli, hanno chiesto –agli adulti almeno- se fossero cristiani o musulmani, e tutti loro si sono dichiarati cristiani. Forse non avevano alternative, probabilmente non conoscevano la shadada (la dichiarazione di adesione alla fede islamica), fatto sta che messi alle strette, con la morte in faccia, nessuno ha rinnegato. Anche loro dovrebbero essere ricordati come martiri di una lista che si fa sempre più lunga.

L’arma contro la rabbia islamica sta nella preghiera, non nelle magliette di Calderoli.

Giovanni Romano

sabato 18 febbraio 2006

Tripoli, bel suolo d’odio…

Quando lessi “Storia del Terzo Reich” di William Shirer mi meravigliai che ministri, ambasciatori, generali, vescovi, professori universitari, giornalisti, insomma la créme de la créme dell’opinione pubblica si fosse comportata verso Hitler in modo tanto ingenuo quanto stupido. Un bambino di cinque anni, pensai, avrebbe ragionato molto meglio. E non riuscivo a capire come una cosa del genere fosse potuta accadere.

I perché forse li ho capiti, ma grazie al ministro Calderoli (spero già ex, mentre scrivo queste righe) almeno ho visto anche come possono accadere delle asinerie di questa portata. Non riesco davvero a capacitarmi come un adulto responsabile, nonché ministro della Repubblica, sia stato tanto superificiale da provocare una crisi di prim’ordine con la Libia, e per di più nelle stesse ore in cui i servizi di sicurezza ci stanno avvertendo che in Italia il rischio attentati si sta facendo sempre più alto. Con l’ira che percorre il mondo islamico, c’è da meravigliarsi che la polizia libica non abbia sparato dall’altra parte!

Ma è mai possibile che Calderoli non si sia reso conto delle conseguenze del suo gesto? E’ mai possibile che non abbia capito come la sua esibizione sia stata, oltre che di cattivo gusto, gratuitamente, stoltamente provocatoria, nel momento stesso in cui l’opinione pubblica musulmana è violentemente sovraeccitata mentre quella occidentale è demoralizzata, insicura, incapace di reagire? E se anche fossimo coraggiosi, intrepidi, sicuri della nostra fede e pronti a batterci fino all’ultimo, sarebbe giusto spargere il sale sulle ferite dei musulmani? Non che essere un campione della libertà di espressione, Calderoli si è rivelato un provocatore solitario e gratuito, peggio dei disobbedienti che hanno aggredito la fiaccola olimpica.

Calderoli ha sperperato quel poco di legittimazione morale che l’Italia, e con essa l’Occidente, poteva rivendicare nei confronti della violenza incontrollata degli islamici, specialmente dopo l’assassinio di Don Santoro. Il suo gesto è di una gravità inconcepibile, non solo per il deterioramento delle relazioni con la Libia e il mondo islamico, ma soprattutto perché ha ribaltato le posizioni tra aggressore e aggredito. Ora sono i musulmani a potersi lamentare di essere vittime di discriminazione e odio. Ora potranno avanzare sempre più pretese per saziare i loro non piccoli appetiti, sicuri che nessuno potrà in buona coscienza rifiutarle.

Tra le altre gravi conseguenze, l’atto del ministro mette in pericolo il governo di Tripoli, che aveva fatto sforzi per avvicinarsi quanto meno agli interessi occidentali, e rischia di creare una sponda fondamentalista proprio di fronte alle nostre coste. Inoltre oscurerà per molto tempo, sui media, le persecuzioni dei cristiani per mano degli islamici. E infine, come se non fosse già abbastanza grave, regalerà l’Italia alla sinistra, che potrà presentarsi come l’alfiere del “dialogo”, e l’unica in grado di stornare l’ira islamica dal paese (a prezzo, ovviamente, di uno sradicamento totale della propria identità, storia e cultura).

Grazie, (ex) ministro Calderoli. Grazie di aver sprecato la rimonta, vera o presunta, di Berlusconi. Grazie di aver fatto dimenticare Don Santoro. Grazie per tutto l’odio che è riuscito a tirare addosso all’Italia e ai cristiani.

DEUS, QUOS PERDERE VULT, DEMENTAT.

Giovanni Romano

lunedì 13 febbraio 2006

In difesa di Angela Pellicciari

Questa è la lettera che ho inviata oggi alla redazione di un quotidiano in risposta all'attacco contro la prof.ssa Angela Pellicciari, di cui ha parlato in data odierna anche Pierluigi Battista sul Corriere della Sera con un coraggioso intervento a favore di una docente "non allineata":

Stimatissimo Direttore,

vorrei esprimere la mia solidarietà alla Prof.ssa Angela Pellicciari, segnalata ieri (o piuttosto esposta alla gogna mediatica) per aver fatto leggere ai suoi alunni alcuni testi di Hitler, con lo scopo di mostrarne la profonda, omicida avversione contro la Chiesa cattolica.

Apriti cielo! Tanto è bastato per scatenare contro di lei una vera e propria caccia alle streghe da parte di alcuni genitori, prontamente assecondata dal preside del liceo in cui, evidentemente, ha la sfortuna di insegnare.

Nel Vostro articolo non ho trovato il minimo spazio per una replica della docente, che tra l'altro è autrice di numerosi libri e saggi "controcorrente"
sulla storia del risorgimento. Evidentemente la sentenza è già stata scritta, l'anatema è già stato pronunciato.

Avendo avuto modo di corrispondere brevemente con la Prof.ssa Pellicciari, ho potuto conoscerne la preparazione, la passione per la ricerca e l'equilibrio. L'aggressione contro di lei mi fa tanto più specie quando penso che case editrici con impeccabili credenziali di sinistra hanno recentemente pubblicato testi quali il "Mein Kampf" (Kaos, peraltro molto ben commentato) e gli scritti antisemiti di Lutero (Einaudi) senza che nessuno avesse trovato nulla da ridire.

Credo che il motivo di tanto livore contro la Pellicciari l'abbia chiarito indirettamente il Prof. Tranfaglia. Angela Pellicciari è cattolica e non si vergogna di esserlo, una donna coraggiosa che non si è piegata al conformismo atroce che domina nelle nostre scuole. Sostenere senza uno straccio di prova che la Pellicciari abbia fatto un'apologia del nazismo è un insulto all'intelligenza, prima ancora che un atto di intolleranza.

Distinti saluti,

Giovanni Romano

sabato 11 febbraio 2006

Bambini credenti e atei vecchi

Un sacerdote che conobbi ormai tanti anni fa, di una soprendente aridità spirituale, scriveva nel suo ultimo libro, dedicato alla questione dell'esistenza di Dio ("C'è o non c'è?") che "nel cuore di ogni ateo sonnecchia un bambino credente, e nel cuore di ogni credente sonnecchia un bambino ateo".

A me sembrò da subito un'analisi arbitraria. Prima di tutto, ateismo e fede non sono sullo stesso piano, e parificarli artificiosamente è possibile solo se si riduce la fede a un semplice sistema dottrinale, come l'ateismo. La frase allora suonerebbe così: nel cuore di ogni dottrinario credente sonnecchia un dottrinario ateo, e viceversa. Non ci sarebbe mai nessuna conversione, nessun vero cambiamento.

Ma c'è anche una riflessione più profonda che smonta l'equivoco. Il credente può essere bambino (spalancato fiduciosamente alla realtà, come un bambino che si sveglia pieno di entusiasmo per il giorno che viene), l'ateo no, mai. I bambini non nascono atei. Bisogna farli diventare tali. Il bambino è semplice, l'ateo no. Il bambino si meraviglia di tutte le cose; l'ateo invece come può meravigliarsi per qualcosa che non esiste?

Che senso poteva avere dunque la falsa equiparazione tracciata dal sacerdote, se non quello di voler confondere i lettori ingenui, e offrire scappatoie a chi voleva liberarsi dal fastidio di credere?

Giovanni Romano

sabato 4 febbraio 2006

Vignette sataniche

Nel suo ultimo grande saggio, “Reflections on Gandhi”, scritto nel 1948, George Orwell osservava che la non-violenza di Gandhi aveva avuto successo non per una qualche “superiorità morale”, ma perché gli inglesi condividevano almeno in parte alcuni dei valori propugnati dal Mahatma. Ma cosa sarebbe successo se Gandhi si fosse trovato di fronte a un nemico culturalmente alieno, insensibile o sprezzante della resistenza disarmata, come Hitler o i giapponesi? Orwell concludeva il ragionamento con una domanda inquietante: “E’ possibile, per una cultura, essere giudicata pazza alla luce dei criteri di un’altra”?

Di fronte a ciò che sta succedendo in queste ore nel mondo islamico, e non solo, sento di affermare che la risposta è SI. E’ anzi una conclusione scontata, che solo i più ciechi e irriducibili profeti del “dialogo” si ostinano ancora a negare. Come pure l’altra conclusione che scaturisce necessariamente dalla vicenda: lo scontro di civiltà è già in atto, ben prima dell'11 settembre. A negarlo contro ogni evidenza siamo noi occidentali. Psicologicamente, ci troviamo nella stessa condizione di una popolazione che abita da secoli sulle pendici di un vulcano. Quando la montagna si risveglia, brontola, scuote la terra, manda boati e lapilli, proprio quelli che vivono più vicino trovano mille modi per esorcizzare, minimizzare, negare il risveglio del mostro. La realtà è troppo penosa e terrificante, richiede decisioni drastiche e uno strappo radicale che nessuno ha il coraggio di affrontare. Fino al momento in cui il vulcano erutta, e non lascia scampo a nessuno.

Segnali più pericolosi il vulcano islamico non li potrebbe mandare. E’ notizia di queste ore che a Damasco le ambasciate danesi e norvegesi sono state date alle fiamme. Si è dimostrato ancora una volta che l’islam non riconosce l’immunità diplomatica (avremmo dovuto saperlo fin dal sequestro degli americani all’ambasciata di Teheran), dunque non accorda alcuna considerazione agli “infedeli”. Una violazione enorme e scandalosa del diritto internazionale, un atto di guerra di cui ogni buon musulmano, ovviamente, si guarda bene dal chiedere scusa.

Più che la reazione musulmana, tutto sommato prevedibile, quel che interessa prendere in esame qui sono due aspetti: le vignette in sé, e la reazione dell’Occidente. Cos’hanno di blasfemo queste vignette? Direi che forse due lo sono: quella che rappresenta Maometto con una bomba nel turbante (ma non dimentichiamo che fu proprio lui a scatenare la guerra santa, mai cessata, contro i popoli di religione diversa), e un’altra che lo rappresenta come uno straccione, un solitario dagli occhi spiritati perduto nel deserto. Ma nel complesso le vignette non sono un attacco gratuito alla religione islamica, come sostengono i musulmani, né sono una caricatura della religione islamica in quanto tale. Piaccia loro o no, queste vignette non sono nate gratuitamente, dal capriccio di alcuni giornalisti in vena di provocazioni (come si vuol dare a intendere in queste ore). Sono nate come reazione a una storia sanguinosa e ormai troppo lunga di attentati, stragi, minacce, infiltrazioni terroristiche, prepotenze quotidiane piccole e grandi perpetrate dai musulmani sia nei paesi islamici che in quelli europei dove la loro penetrazione è già massiccia.

Quelle vignette sono dunque solo la proiezione dei nostri pregiudizi verso l’islam, o piuttosto rivelano delle verità scomode, che gli islamici vorrebbero mettere a tacere con l’intimidazione e la brutalità? Una religione che reagisce tanto violentemente alla minima critica può essere solo accettata o rifiutata in blocco, e la sua reazione esasperata rischia di generare contraccolpi altrettanto esasperati. Questo pone il problema del nostro atteggiamento di fronte a questa sfida inedita solo quanto alla scala globale, non alla sua natura.

Questa vicenda ha almeno avuto il merito di mettere sul tappeto un problema che si credeva rimosso o superato: dove finisce la satira e dove comincia il vilipendio alla religione. Bene hanno fatto il governo danese e quello tedesco a non piegarsi alla richiesta di scuse, senz’altro. Ma in nome di che cosa affermiamo la libertà? Il contenuto della libertà può forse essere il vuoto, il potere di irridere tutto e tutti, Dio compreso? Anche se, lo ribadisco, le vignette erano tutt’altro che gratuite provocazioni, la violenza della reazione musulmana ci fa ri-scoprire che nell’animo umano ci sono delle corde che non si possono toccare impunemente, che non si vive in un vuoto di valori nel quale l’unico criterio dominante è il proprio arbitrio a spese degli altri.

Paradossalmente ma non troppo, è stato il governo degli Stati Uniti uno dei primi a condannare con decisione le vignette. Questo si spiega col fatto che negli USA il rapporto tra stato e fedi religiose non è basato sul laicismo stupido e feroce che imperversa ormai nella UE. Da questo punto di vista, anzi, destano sospetti alcune improvvise conversioni al “rispetto della religione” da parte di uomini politici europei, e di molta gente colta che non vedeva -e non vede- niente di male nella "trasgressione" anticristiana. Proprio loro si scoprono adesso zelanti difensori della fede -islamica- e del "rispetto tra le religioni". Occorre un coltello puntato alla gola per ricordarsi di queste cose? E che valore possono avere una “tolleranza” e un “rispetto” basati soltanto sulla paura? E' la paura, poi, la molla fondamentale dietro tanto parlare di "tolleranza"?

Tuttavia c’è un elemento più sottile, di ordine spirituale, che rende assolutamente asimmetrico il confronto tra islam e cristianesimo. L’ho trovato nel forum della BBC World Service dedicato alla questione delle vignette (vedi http://news.bbc.co.uk/1/hi/talking_point/4678264.stm ). Un lettore scrive testualmente:

Jokes are made about Christainity by so-called Christians. The reason why no one criticises this is because there is barely a Christian religion in the West. How many actually go to church to pray? Compare this with devoted Muslims going to the mosque day in day out, then question the comparable faiths.

Il giudizio è stupido, sprezzante e ingiusto, prima di tutto perché i cristiani non sono culturalmente comparabili ai musulmani. Per loro Dio è Padre, e col Padre a volte si può scherzare un po'. Poi perché per i cristiani, almeno al giorno d'oggi, non è normale uccidere i blasfemi o gli appartenenti ad altre fedi. In secondo luogo perché l’immagine di compattezza oceanica dei fedeli islamici è falsa. Nel suo prezioso libro Kamikaze made in Europe Magdi Allam scrive che i musulmani praticanti alla moschea sono in realtà una minoranza. Tuttavia, è una scomoda verità che l’Occidente non si riconosca più nel cristianesimo. L’avesse fatto, avrebbe compreso meglio quale sarebbe stata la reazione, e avrebbe avuto il coraggio di difendere dal vilipendio alla religione non solo i musulmani che minacciano di sgozzare e uccidere, ma anche i cristiani, che non uccidono e non sgozzano, nemmeno davanti a porcate come La mala educacion o libri bassamente calunniosi come Il codice Da Vinci.

In conclusione, a cosa porterà questa vicenda? A un inevitabile e duraturo peggioramento delle relazioni tra Occidente e islam, a un rafforzamento dell’identità islamica e a un ulteriore decadimento di quella europea, a meno che questa vicenda non apra gli occhi sul pericolo che stiamo correndo, e che Oriana Fallaci, Giuliano Ferrara e Marcello Pera avevano previsto tanto chiaramente. Credo che anche le ripercussioni in campo cristiano e cattolico saranno spiacevoli. Se difendiamo troppo i musulmani rischiamo di passare per oscurantisti religiosi, se non lo facciamo ci guadagneremo il loro implacabile odio (come se già non ci odiassero abbastanza!). Ma soprattutto, due potrebbero essere le conseguenze realmente pericolose a lungo termine: inasprire i cristiani rendendoli più aggressivi nell’asserire la propria identità, e al tempo stesso renderli cinici di fronte alle prediche sulla “tolleranza” e sul “rispetto delle religioni” che saltano fuori solo davanti alla violenza di chi dalla propria "fede" trae la giustificazione per uccidere e usare violenza agli altri.

Giovanni Romano

giovedì 2 febbraio 2006

Dio ci scampi dai giudici Tosti

Dal sito www.adncronos.it

CROCIFISSO: GIUDICE TOSTI, FARO' CAUSA ALL'ITALIA DAVANTI ALLA CORTE EUROPEA

IL CSM HA SOSPESO MAGISTRATO CAMERINO DALLE FUNZIONI E DALLO STIPENDIO

Roma, 1 feb. (Adnkronos) - ''Ho gia' depositato l'appello penale, vorra' dire che faro' causa all'Italia dinanzi alla corte europea''. Lo ha detto all'ADNKRONOS il giudice di Camerino Luigi Tosti, commentando la notizia della decisione del Consiglio superiore della magistartura di sospenderlo dalle sue funzioni e dallo stipendio. Il Csm ha accolto la richiesta in tal senso avanzata dal procuratore generale della Cassazione Francesco Favara, che nei confronti del magistrato ha avviato anche l'azione disciplinare.

Con una sentenza di severità forse inattesa (dato che ormai il vilipendio alla Chiesa e ai cattolici è routine impunita), il giudice Tosti è stato sanzionato per la sua violenta, provocatoria ostilità al Crocifisso. Come da copione, eccolo strillare bene in evidenza sotto le telecamere, e preparare il ricorso alla corte europea. Dati gli ultimi, violenti pronunciamenti anticattolici dell'UE, possiamo star sicuri che la sentenza è già stata scritta. Tosti ne uscirà con l'aureola del martire, e la Chiesa per l'ennesima volta confermerà la sua natura biecamente oscurantista e reazionaria. Non mancherà certamente una severa sanzione al Governo Berlusconi (se sarà ancora in carica) reo di essersi opposto al "pensiero unico" europeo.

Nessuno si è chiesto se non sarebbe legittimo fare istanza di ricusazione di un giudice le cui opinioni sono tanto scopertamente anticristiane da mettere seriamente in dubbio la sua serenità di giudizio in un processo che vede sul banco degli accusati degli imputati di religione cattolica, o peggio ancora dei sacerdoti.

Giovanni Romano

mercoledì 1 febbraio 2006

Macchina della verità e relativismo

Pochi minuti fa stavo ascoltando "TG3 Leonardo", in cui compariva un servizio molto interessante sulla "macchina della verità", ormai messa in pensione, a quanto pare, da una nuova tecnica d'indagine: una tomografia nucleare, che consentirebbe di "leggere" le bugie direttamente dentro il cervello, nel momento stesso in cui le elabora.

Non posso fare a meno di pensare all'assurda contraddizione di un mondo che cerca di scoprire le bugie con mezzi sofisticati al limite del maniacale, ma dove la verità ha ormai perso ogni importanza.

Giovanni Romano