sabato 7 giugno 2008

Dai, sorridi alla vita! :-(

Se guardi la pubblicità, quanta gente sorride! Ma se vai per la strada, quanta gente vedi sorridere?


Giovanni Romano

giovedì 5 giugno 2008

Ecco dove è finito il voto cattolico...

Nel mio post precedente mi ero chiesto se la Commissione Diocesana di Trani avesse considerato dov'era finito il voto cattolico. A questa mia domanda ha risposto oggi "Avvenire" nel trafiletto che cito integralmente qui di seguito. A quanto pare, ben il 56.4% del voto cattolico che andò all'Unione nel 2006 è andato perso, certamente a causa delle ambiguità, degli inganni e delle spregiudicatezze dei "cattolici adulti" sui temi etici. La ricerca però afferma che di questo voto cattolico mancato non hanno beneficiato né il Pdl né l'UDC, ma genericamente "altri partiti". Quali, di grazia? Quelli della sinistra arcobaleno? Conoscendo l'ingenuità (per non dire la dabbenaggine) di tanti cattolici praticanti, non mi meraviglierei più di tanto, ma credo che le conclusioni del Prof. Segatti siano quantomeno "self serving", dal momento che provengono dall'area cattolica più schierata a sinistra.

Che senso ha, ad esempio, dire che "un gruppo maggioritario di cattolici praticanti oggi vota per il Pdl, ma questo probabilmente perché la maggioranza degli elettori italiani ha fatto questa opzione"? E' vero che in Italia i cattolici praticanti sono una minoranza rispetto a quelli nominali, ma è vero anche che i cattolici rappresentano, fino a prova contraria, la maggioranza assoluta dell'elettorato italiano. Non sono stati i cattolici a seguire la maggioranza, per il semplice fatto che essi stessi costituiscono la maggioranza, e come tali hanno deciso.

Resta poi inspiegabile il dato del 20,3% di consensi persi dal PD che sarebbe andato a fantomatici "altri partiti"? Mi chiedo quali. Se la sinistra arcobaleno non è riuscita a eleggere un solo rappresentante, se l'UDC ce l'ha fatta soltanto per il rotto della cuffia e soltanto in Sicilia, possibile che una percentuale così vistosa di voti in libera uscita sia andata dispersa senza lasciare traccia? C'è dunque seriamente da dubitare dell'attendibilità di un sondaggio del genere, al quale lo stesso Avvenire non ha dato tutto sommato grande risalto.

Una cosa è certa comunque: l'impatto etico delle scelte del governo Prodi è stato devastante, lo scollamento con le convinzioni più profonde del nostro popolo è stato politicamente suicida, e la scossa è stata decisiva per la coscienza di molti cattolici. Fortunatamente per il paese.

Giovanni Romano

Solo il 43,6% dei cattolici che sostenne Prodi ha votato per il Pd alle Politiche dell’aprile scorso

ROMA. Il Pd non ha saputo catturare alle elezioni di aprile la fiducia della maggior parte dei cattolici che nel 2006 avevano votato per l’Unione: per l’esattezza solo il 43,6% di quanti scelsero la coalizione di Prodi 2 anni fa hanno votato il Pd alle ultime politiche. È quanto emerge da uno studio condotto dal professore Paolo Segatti dell’Università di Milano e presentato durante un convegno dei Cristiano sociali. Dalla ricerca risulta che la disaffezione è minore tra i cattolici praticanti rispetto ai non praticanti. Segatti comunque ridimensiona la lettura che vede in questi dati una «fuga del voto cattolico» verso il centrodestra. «È possibile che oggi un gruppo maggioritario di cattolici praticanti voti per il Pdl; ma questo probabilmente perché è la maggioranza degli elettori italiani che ha fatto questa opzione. I due campioni più o meno combaciano in termini percentuali». In realtà, secondo il docente, «il Pd ha perso molti voti al centro», come è spiegato in una tabella che fotografa i flussi rispetto alle elezioni del 2006. Tra i cattolici praticanti che votarono Unione solo il 43,6% ha scelto ad aprile il Pd; il 2,3% è passato all’Udc e il 5,2% al Pdl; mentre il 20,3% ha scelto altri partiti.

lunedì 2 giugno 2008

Quei cattolici che santificano lo stato e laicizzano la Chiesa…

Uno dei crucci – purtroppo rimasti ignorati – sia di Papa Giovanni Paolo II che dell'attuale Papa Benedetto XVI è la proliferazione incontrollata di documenti ecclesiali sui più svariati argomenti, tanto che qualche giornalista dalla penna graffiante ha coniato un calembour giustamente celebre: "E il Verbo si fece carta". Non sono completamente d'accordo, perché la Chiesa non solo ha il diritto, ma anche il dovere di pronunciarsi e dare giudizi su quello che avviene intorno a lei, più che mai ora che i valori cristiani sono pesantemente sotto attacco.

Tuttavia non sempre i documenti ecclesiali – specialmente quelli prodotti in periferia – rispecchiano adeguatamente gli insegnamenti del Magistero, e certe prese di posizione possono dare adito a perplessità anche gravi tra i fedeli.

A questo proposito, mi sembrano particolarmente indicativi due recenti documenti della Commissione diocesana Pastorale Sociale e del Lavoro, Giustizia e Pace, Salvaguardia del Creato (non è la parodia dell'introduzione ai "Promessi Sposi": le maiuscole sono tutte nell'originale), Arcidiocesi di Trani. Se li prendo in considerazione solo ora, è perché solo ora ho avuto il tempo di esaminarli con la serietà e l'approfondimento che meritano. Dal momento che non si tratta di questioni dottrinali bensì di orientamento politico, mi sentirò libero di criticarli laicamente (questo avverbio, tra parentesi, ricorre nei due testi in maniera quasi ossessiva).

Il primo s'intitola: "Verso le elezioni politiche del 13 e 14 aprile", e rappresenta un richiamo ai cattolici sull'orientamento da assumere nell'imminenza del voto. Com'è giusto, non viene data alcuna indicazione quanto ai partiti da votare, ma mi sembra che il linguaggio, scrupolosamente pesato col bilancino del "politicamente corretto", contenga a dir poco delle pesanti ambiguità e omissioni molto vistose. Finché ci si tiene sulle generali il discorso resta sempre corretto e pulito, inattaccabile in via di principio. Come non essere d'accordo, ad esempio, con affermazioni quali:

"Nessuno può rivendicare esclusivamente per sé l'autorità della Chiesa" (Gaudium et Spes, parr.75 e 43)

Molto ben detto, anche perché bisogna evitare il pericolo di una "religione civile" tanto esteriore quanto vuota e ultimamente oppressiva. E tuttavia, questo giusto principio di precauzione rischia di diventare, se abusato, un atteggiamento rinunciatario, un auto-imbavagliamento della Chiesa e dei cattolici di fronte a un mondo sempre più consapevolmente secolarizzato, quando i cattolici stessi cominciano a mettere tutte le opinioni indistintamente sullo stesso piano, anche quelle più contrarie non tanto alla Chiesa quanto all'uomo stesso.

E' proprio vero, ad esempio, che il cattolico "deve mettersi in atteggiamento di attento ascolto dell'altro senza la pretesa di possedere la verità in ordine alla soluzione dei problemi sociali"? Certo, la Chiesa non ha tra i suoi compiti la soluzione dei problemi umani, ma questo non significa che i cattolici debbano censurare il loro modo diverso di accogliere e di trattare l'umano che né il liberalismo né tantomeno il socialismo hanno conosciuto. Il cattolico deve ascoltare attentamente l'altro, ma non mi sembra che negli ultimi tempi gli altri abbiano ascoltato attentamente i cattolici, nemmeno quando erano in un milione al Family Day! E' davvero sullo stesso piano l'opinione di chi si fa avvocato dell'eutanasia, dell'aborto e della manipolazione genetica rispetto a quella di chi afferma che l'essere umano possiede diritti inalienabili dal concepimento fino alla morte naturale? Su quest'argomento, la Commissione tace in modo assoluto.

Mi ha poi lasciato esterrefatto il tono reticente e ambiguo di questa frase:

… anche i valori cosiddetti 'non negoziabili' vanno incarnati e mediati – secondo coscienza – nel temporale hic et nunc, utilizzando le modalità e gli strumenti previsti allo scopo dall'ordinamento democratico e pluralista.

Non so dove la Commissione abbia visto torme di inferociti sanfedisti avventarsi con manganelli e asce contro le sedi del partito radicale o di quello socialista (mentre è avvenuto il contrario coi banchetti del Movimento per la Vita), ma quel che dà veramente a pensare è il tono quasi infastidito quando si toccano i "cosiddetti (!) valori non negoziabili" (fossi stato in voi, cari amici della Commissione, quelle virgolette non le avrei usate). Perché mai "cosiddetti"? Chiamarli così è stato forse uno sghiribizzo del Papa? Che significa poi che tali valori vanno "mediati"? Storicamente, temo che la parola "mediazione" sia costata all'Italia il divorzio e l'aborto, leggi firmate fa cattolici fin troppo inclini a "mediare". E poi, "secondo coscienza". Ma la coscienza soggettiva è un assoluto? Per i protestanti, forse, ma per il cattolico la Chiesa è precisamente il luogo dove la coscienza si forma, e viene messa in guardia da un soggettivismo che può diventare presunzione e arbitrio. Questo lo abbiamo visto nell'atteggiamento supponente di tanti cattolici "adulti" (qui invece le virgolette ci stanno proprio bene!).

Eppure è proprio nei sopra citati documenti conciliari che si sarebbe potuto trovare un inquadramento molto più preciso della questione. Il citato paragrafo 43, ad esempio, mette impietosamente a nudo il nocciolo della questione:

La dissociazione, che si costata in molti, tra la fede che professano e la loro vita quotidiana, va annoverata tra i più gravi errori del nostro tempo.

Queste parole non vanno lette in senso solo etico, ma molto più a fondo in senso ontologico. La dissociazione tra la fede e la vita diventerebbe particolarmente grave in politica, se i cattolici, in nome di una democrazia senza valori e ridotta a puro gioco formale, acconsentissero a votare norme eticamente inaccettabili. Se è vero, com'è vero, che la costituzione è la casa di tutti, come mai molti cattolici non hanno trovato niente da dire quando è stato messo sotto attacco l'articolo 29 a colpi di PACS e DICO? Non vi siete accorti allora quanto si cercasse di scardinare la costituzione? Vi preoccupate tanto della laicità delle istituzioni ma a quanto pare non ve ne importa nulla del laicismo al quale si è tentato di piegarle!

Lo stesso paragrafo 75 della Gaudium et Spes non è affatto così neutro, dal punto di vista etico, come appare dalla citazione che ne è stata fatta. Contiene anzi un'affermazione capitale sul principio di sussidiarietà:

Si guardino i governanti dall'ostacolare i gruppi familiari, sociali o culturali, i corpi o istituti intermedi, né li privino delle loro legittime ed efficaci attività, che al contrario devono volentieri e ordinatamente favorire.

Quanto ai cittadini, individualmente o in gruppo, evitino di attribuire un potere eccessivo all'autorità pubblica, né chiedano inopportunamente ad essa troppi servizi e troppi vantaggi, col rischio di diminuire così la responsabilità delle persone, delle famiglie e dei gruppi sociali.

Ognuno può vedere quanto il Governo Prodi e la sinistra abbiano favorito questo principio… ma anche di questo nel documento della Commissione non c'è traccia. L'idea complessiva che emerge dalla lettura è quella di una grande piattezza, di una notte dove tutti i gatti sono bigi.

Vediamo ora il secondo documento, sempre della stessa commissione (ma stavolta citata pudicamente con le minuscole, meno male). Anche qui le inesattezze non mancano, e qualcuna di loro è addirittura sbalorditiva.

Le elezioni politiche e amministrative di aprile u.s. hanno innovato profondamente il panorama politico: il cd. 'bipolarismo ingessato', che ha dominato la scena negli ultimi 14 anni, si è frantumato e dalle sue ceneri sono nate due formazioni partitiche (PD e PDL) a chiara 'vocazione maggioritaria'; i partiti di estrema destra, la sinistra arcobaleno e il partito socialista non sono riusciti a far eleggere propri esponenti al Parlamento; la Lega Nord e l'Italia dei Valori hanno aumentato la rispettiva base elettorale; l'U.D.C., alleandosi con la Rosa Bianca, ha dato vita ad una formazione di centro fortemente identitaria ed è riuscita a far eleggere al Parlamento propri candidati.

Sarebbe un'analisi abbastanza corretta se non sorvolasse con disinvoltura sul fatto che l'UDC è sì riuscita a far eleggere propri rappresentanti, ma soltanto in Sicilia. L'ambizione – o la velleità – di Casini di fare da "ago della bilancia" è completamente naufragata, così come è naufragata l'iniziativa fin troppo ambiziosa di Ferrara di una lista monotematica. Certo, il richiamo al "voto utile" avrà avuto la sua importanza, ma secondo me l'errore di fondo sia del centro cattolico che di Ferrara è aver voluto fare campagna sui temi etici (Ferrara in maggior misura, comunque) completamente a prescindere dal Pdl, che pure da sempre ha compreso – e più di una volta difeso – questi valori. Una miopia grave ma comprensibile: l'ideologismo fin qui dominante ha sistematicamente negato qualsiasi dignità morale e intellettuale a chi non si è mai riconosciuto nella sinistra. Un "razzismo etico" che ha finito per ignorare ciecamente il paese reale. A suo rischio e pericolo, come l'esito delle urne ha confermato.

Ma più ancora che la defaillance del centro, queste elezioni hanno portato un risultato di portata storica ben maggiore: la parabola del comunismo in Italia si è conclusa. Si può dire che queste elezioni chiudono il ciclo iniziato con il 18 aprile 1948, quando alla sinistra sfuggì il potere che sembrava a portata di mano. Stavolta però, se posso azzardare una simile previsione, non si tratta di un semplice risultato elettorale ma anche di un cambiamento culturale: gli italiani hanno detto risolutamente NO alle derive etiche propugnate dal centrosinistra, alla liberalizzazione delle droghe, alla distruzione della famiglia, a una fiscalità invadente e oppressiva, alla stagnazione economica, a uno statalismo tanto autoreferenziale quanto onnivoro. E soprattutto hanno detto BASTA alla rappresentazione falsa e ideologica che la sinistra ha fatto del Paese, quasi ne fosse l'unica interprete autorizzata. Forse sarà veramente possibile, da ora in poi, ragionare sul nostro passato – e sul nostro futuro – con categorie diverse da quelle ormai stantie del marxismo o del post-marxismo.

Quanto al voto cattolico, il documento della Commissione si limita a constatare che "i cattolici hanno votato partiti diversi; il pluralismo politico dei cattolici è un dato ormai acquisito". Vero, ma non dice quanto e come si è spostato il voto cattolico, rispetto alle elezioni precedenti. Siamo proprio sicuri che le prese di posizione contro il Magistero di "cattolici adulti" del calibro di Prodi e della Bindi non abbiano avuto alcun effetto? Siamo proprio sicuri che molti elettori cattolici non si siano accorti dell'irrilevanza, della degnazione e a volte dell'aperta ostilità con cui sono stati trattati i "teodem" nel Partito Democratico? Altro che "convivenza plurale", come sostiene Padre Sorge! E a prezzo di quali acrobazie di coscienza quei signori si saranno mantenuti attaccati alle poltrone?

Al contrario, è stato nel Pdl che i cattolici hanno potuto esprimere la loro cultura più liberamente e da molto più tempo, pur se certamente non manca un agguerrito "laicismo di destra" che in futuro probabilmente si farà sentire (Fini e Prestigiacomo in primo luogo). Questo conferma, tra parentesi, l'intuizione del Magistero che i cattolici non possono delegare a nessun partito la rappresentanza degli interessi loro propri, ma devono avere il coraggio di essere protagonisti e soprattutto testimoni, non esitare a portare in politica il loro specifico senza gettarselo dietro le spalle in nome di una male intesa "laicità".

In nessun modo la facoltà dei politici cattolici di svolgere il mandato ricevuto equivale a una cambiale in bianco sugli orientamenti etici. In nessun modo, per i cattolici, le realtà terrene sono "autonome" al punto da costringerli al silenzio o peggio ancora alla connivenza quando s'indirizzano contro l'uomo. La "richiamata, declamata e proclamata" autonomia dei politici cattolici non può in nessun modo prescindere da quel che si dichiara nello stesso paragrafo 16 della Gaudium et Spes citato
da Padre Sorge (ma chissà perché queste altre parole non si è sentito in dovere di citarle…):

L'uomo ha in realtà una legge scritta da Dio dentro al cuore; obbedire è la dignità stessa dell'uomo, e secondo questa egli sarà giudicato… Nella fedeltà alla coscienza i cristiani si uniscono agli altri uomini per cercare la verità e per risolvere secondo verità numerosi problemi morali, che sorgono tanto nella vita privata quanto in quella sociale. Quanto più, dunque, prevale la coscienza retta, tanto più le persone e i gruppi si allontanano dal cieco arbitrio e si sforzano di conformarsi alle norme oggettive della moralità.

Si noti che il Concilio non ha paura di parlare di verità e di norme oggettive, l'esatto contrario del relativismo che certi uomini di chiesa cercano oggi di spacciare per "dialogo"! E' vero che la Gaudium et Spes aggiunge:

Tuttavia succede non di rado che la coscienza sia erronea per ignoranza invincibile, senza che per questo essa perda la sua dignità.

Ma ogni possibile equivoco è immediatamente dissipato da quel che viene dopo:

… ciò non si può dire quando l'uomo poco si cura di cercare la verità e il bene, e quando la coscienza diventa quasi cieca in seguito all'abitudine del peccato.

Ancora una volta il Concilio non ha paura di pronunciare la parola proibita: verità. Non si potrebbe immaginare un ritratto più calzante dei giorni nostri, quando le coscienze sono così addormentate (anche perché poco richiamate) da aver fatto l'abitudine al peccato, e sono diventate realmente indifferenti alla verità e al bene. Né aiuta a risvegliarle un ossequio alla "laicità delle istituzioni" che si rifiutasse di mettere in discussione degli orientamenti apertamente laicisti e anticristiani. Anche quando Padre Sorge cita l'autonomia delle realtà terrene, quasi bastassero a se stesse, e si appoggia al paragrafo 36 della Gaudium et Spes, chissà perché "dimentica" l'ammonimento che quello stesso paragrafo contiene:

Se invece con l'espressione « autonomia delle realtà temporali » si intende dire che le cose create non dipendono da Dio e che l'uomo può adoperarle senza riferirle al Creatore, allora a nessuno che creda in Dio sfugge quanto false siano tali opinioni.

Ma non è finita. E' stupefacente come Padre Sorge riesca a non citare le due potenti, lapidarie affermazioni che chiudono splendidamente il paragrafo 36 e valgono non solo per il credente, ma per l'uomo in quanto tale:

La creatura, infatti, senza il Creatore svanisce. (…)Anzi, l'oblio di Dio rende opaca la creatura stessa.

Dobbiamo dire che era integralista anche il Concilio? O piuttosto che i documenti conciliari sono molto meno "relativisti" di quanto qualcuno vuole farli apparire?

Ci sarebbe ancora molto da discutere sulle ultime affermazioni di Padre Sorge (ad esempio, la famiglia è una risorsa per il paese, non una semplice destinataria di aiuti che lo stato dovrebbe erogare più o meno di malavoglia) ma penso che ormai il quadro sia sufficientemente chiaro. Una sola cosa vorrei raccomandare a certi cattolici: state attenti a non laicizzare la Chiesa e sacralizzare indebitamente quelle che sono solo istituzioni umane.

Giovanni Romano