venerdì 30 dicembre 2011

Nigeria: legittima difesa, ma mai vendette!

Una violenta polemica in corso sul mio precedente articolo a proposito di Seattle e della Nigeria ha avuto almeno un merito: richiamare all'attenzione l'attacco a una scuola coranica nel sud della Nigeria (dove i cristiani sono la maggioranza, a differenza che al Nord) che ha lasciato almeno sei bambini feriti (vedi qui la notizia dalla ADNKRONOS). La strage è stata evitata per puro miracolo. L'attentato è chiaramente una ritorsione contro le stragi di cristiani avvenute alla vigilia di Natale nella parte centro-settentrionale del paese.

Non ritiro e non cambio nemmeno una virgola di ciò che ho scritto, ma effettivamente questa notizia andava segnalata e approfondita. Nei conflitti etnici e religiosi non sono mai gli aggressori che pagano, l'odio si sfoga sui bersagli più indifesi e a portata di mano. I cristiani in un contesto fortemente ostile -come anche i musulmani- di fronte ad aggressori decisi a ucciderli hanno il diritto e il dovere di difendersi anche a mano armata (specialmente in assenza di qualsiasi intervento da parte del governo centrale), ma se la legittima difesa è ammissibile, la vendetta non lo è in nessun caso. La legittima difesa colpisce e scoraggia l'aggressore, la vendetta giustifica nuove aggressioni e nuove stragi.

Giovanni Romano

P.S.: E' di questi minuti la notizia di un attentato a una moschea di Kano, nel nordest della Nigeria. Si parla di quattro morti. Un gesto folle che scatenerà nuove violenze.

Non è successo nei paesi della sha'ria. E' successo in Scozia

Il Daily Mail riporta questa notizia che se fosse vera sarebbe purtroppo tutt'altro che incredibile, anzi rischia di diventare sempre più normale in un paese come il Regno Unito dove la cristofobia è ormai di casa:

 
Un preside e sua moglie sono stati licenziati da un college il cui scopo dichiarato è quello di promuovere il multiculturalismo perché sono cristiani di razza bianca, secondo quando sostengono.

Il professor Malury Nye, 47 anni, dice di essere stato rimosso dall'Al-Maktoum College di Higher Education di Dundee, in Scozia, perché la sua razza e la sua religione sono state considerate dai suoi superiori come una minaccia ai loro fondamentali valori musulmani.

Ha detto che gli scopi dichiarati dal college – il perseguire valori multiculturali – erano un'impostura e che è stato rimosso così da poter essere sostituito da un musulmano.

Sua moglie Isabel Campbell-Nye, 42 anni, aggiunge di essere stata costretta ad abbandonare la sua posizione di direttrice del centro linguistico inglese perché attraeva troppi studenti che non erano né musulmani né arabi.

Il college indipendente, il cui finanziatore è lo sceicco Hamdan Bin Rashid Al-Maktoum, viceré del Dubai, si pubblicizza come un'istituzione votata alla ricerca “che promuove una maggiore comprensione delle diverse religioni e culture in un contesto multiculturale, a beneficio della comunità nel suo complesso”.

La coppia porterà il college davanti a un tribunale del lavoro con l'accusa di discriminazione razziale e religiosa nonché di licenziamento senza giusta causa.

La signora Campbell-Nye presenta anche l'accusa di discriminazione sessuale, a quanto pare perché è sposata con il professor Nye.

La coppia, originaria di Perth, è stata buttata fuori dal college nel giugno scorso e non le è stato permesso di ritornare da allora.

I due sostengono di non avere ricevuto alcuna spiegazione per la loro sospensione, e sono stati licenziati a novembre nonostante la totale mancanza di accuse a loro carico.

La coppia ha anche citato in giudizio il cancelliere del college, Lord Elder – un pari laburista e intimo amico dell'ex primo ministro Gordon Brown – per la sua gestione di quello che essi descrivono come “una farsa di procedimento disciplinare”.

Il professor Nye e sua moglie hanno cominciato a lavorare al college rispettivamente otto e quattro anni fa, decidendo di sposarsi al campus l'anno scorso.

Tuttavia, essi ritengono che i loro tentativi di indirizzare il college in senso più cosmopolita hanno destato le ire dei loro superiori. Il professor Nye ha detto che la sua sospensione è arrivata pochi giorni dopo aver cambiato il nome del college, che in precedenza era “Al-Maktoum Institute for Arabic and Islamic studies”.

La coppia sostene che Abubaker Abubaker, il direttore operativo, e Mirza al-Sayegh, presidente del consiglio di amministrazione e segretario privato dello sceicco, hanno deciso di buttarli fuori perché britannici, bianchi e cristiani.

Il professor Nye ha dichiarato al Telegraph: “Mi è chiaro che c'è una collusione tra questi due individui per fare in modo che io dovessi essere rimosso dalla mia posizione, dal momento che non sono un arabo né un musulmano e che la persona che ha il ruolo di preside debba essere araba e/o musulmana”.

“Avevo pensato che il multiculturalismo e il rispetto delle diversità culturali e religiose fossero i valori basilari del college. Tuttavia credo che un tale multiculturalismo inclusivo non vada più bene per il tipo particolare di visione multiculturale di certi managers e del presidente, ossia l'accettazione delle diverse culture, fintantoché la maggioranza degli studenti sono musulmani e/o arabi e il loro ethos è distintamente islamico. La mia faccia e la mia mancanza di fede islamica evidentemente non vanno più bene”.

Mrs Campbell-Nye dice che Mr Abubaker voleva anche la sua rimozione perché aveva attratto al suo corso d'inglese troppi studenti europei e asiatici, che non erano musulmani.

Ha detto: “Alcuni vengono da un retroterra arabo o musulmano. Tuttavia un numero significativo proviene da altre parti del mondo e da altre culture. Credo che Mr Abubaker si sentisse a disagio perché noi reclutavamo studenti da queste provenienze dal momento che non si adattavano alla sua particolare visione multiculturale della lingua inglese. Le uniche volte che Mr Abubaker m'incoraggiava ad accogliere studenti per il mio corso di lingue inglese erano quando si trattava di arabi o musulmani. Credo che la discriminazione di Mr Abubaker nei miei confronti perché non sono araba, non sono musulmana e sono anche una donna – e perché ho portato al college un buon numero di studenti non musulmani e non arabi al college – sia una ragione significativa per la mia sospensione”.

Nonostante una lista d'attesa per frequentare le sue lezioni di lingua inglese, il college ha chiuso il dipartimento il mese scorso, lasciando in esubero i suoi due tutors rimasti.

Il college, che opera come associazione benefica in partnership con l'Università di Aberdeen, pubblicizza nelle sue brochures che “il multiculturalismo è al centro della nostra mentalità e della nostra struttura. Il nostro ethos multiculturale è tradotto e messo in pratica visibilmente nelle nostre attività quotidiane. Il nostro staff e i nostri studenti provengono da diversi retroterra nazionali, culturali e religiosi, inclusi i musulmani e i non musulmani”, afferma.

Un portavoce del college ha dichiarato: “Possiamo confermare di aver ricevuto una citazione dal tribunale del lavoro e che un procedimento è stato intentato contro di noi a nome del professor Malory e di sua moglie, Isabel Campbell-Nye. Il college, un'istituzione benefica indipendente e senza scopo di lucro, colloca la diversità, il pluralismo religioso e il multiculturalismo fermamente alla base dei suoi programmi di educazione superiore – e delle sue attività quotidiane”, ha detto il portavoce.

“Il college Al-Maktoum difenderà vigorosamente la sua reputazione di centro di eccellenza nel settore dell'educazione superiore, e il buon nome che si è guadagnato negli anni scorsi qui a Dundee, a livello nazionale e a livello internazionale. Il professor Nye è stato licenziato dal suo posto di preside del college dopo un periodo di sospensione a stipendio pieno e un'inchiesta condotta dal cancelliere del college. Sono stati messi in atto provvedimenti per assicurare il funzionamento continuativo e senza problemi del college. Ci stiamo consultando coi nostri avvocati e, di conseguenza, non siamo in grado di commentare oltre sulla questione in questo momento”..

(c) Daily Mail
Unathorized  translation by
Giovanni Romano

Il bastone, la carota e la menzogna fiscale

Ieri sera mi è capitato di sentire per l'ennesima volta al TG la balla che ci viene propinata sulle tasse, una sorta di carota per farci dimenticare la brutalità del bastone fiscale adoperato dal comitato d'affari delle ban... pardon, Governo Monti.

La menzogna è questa: "Se-tutti-pagassimo-le-tasse-ognuno-pagherebbe-di-meno". Invece non è vero. Negli anni scorsi abbiamo sempre sentito ripetere il ritornello: "Boom delle entrate fiscali", "Entrate fiscali in aumento del ....%". Vi risulta che i tributi siano stati diminuiti di un solo centesimo? Lo stato moderno, per la sua stessa natura, è onnivoro, divoratore del risparmio privato, una macchina funzionale solo a se stessa. Più gli diamo, più vorrebbe.

Sia chiaro: con questo non intendo giustificare in nessun modo l'evasione fiscale, ma semplicemente ricordare che anche lo stato ha le sue responsabilità verso i cittadini che non sono semplicemente dei polli da spennare. Le tasse diminuirebbero davvero se anche lo stato facesse la sua parte nel tagliare le spese. Il punto è quali spese dovrebbero essere tagliate. I contributi allo spettacolo e all'editoria? Gli assegni di accompagnamento e le pensioni d'invalidità? Le indennità dei politici (argomento tanto sfruttato quanto ultimamente demagogico, negli USA la gente protesta giustamente contro le banche, non contro Capitol Hill)? Metteteci quello che volete, e per ognuna di queste voci sentirete levarsi alte grida di protesta.

Ma questo è il punto, ci piaccia o no. Lo stato deve ora operare delle scelte, non può permettersi di tassare illimitatamente i cittadini, pena l'aggravamento di una recessione che non sono stati i cittadini a causare.

Giovanni Romano

martedì 27 dicembre 2011

Da Seattle alla Nigeria, storie di ordinaria cristofobia


Due notizie apparentemente lontanissime tra loro, non solo in senso geografico. La cronaca locale del Seattle Times riporta un episodio significativo datato 24 dicembre: a Wenatchee, nello stato di Washington, un uomo che da cinque anni esponeva un presepe nel giardino di casa sua se l'è visto vandalizzare per tre notti di fila da giovinastri incappucciati. Nonostante avesse installato una webcam di sorveglianza dopo il primo attacco, il proprietario si è detto così sconfortato che dall'anno prossimo rinuncerà probabilmente a installare il presepe. È giusto dire che sul sito del quotidiano gli sono arrivati numerosi messaggi di solidarietà (vedi qui l'articolo).

La seconda notizia viene dalla Nigeria ed è tristemente di pubblico dominio: gli attentati simultanei alle chiese cattoliche (dico cattoliche, non genericamente “cristiane”) sempre durante la vigilia di Natale. È chiaro che non si possono paragonare le bravate teppistiche di Wenatchee con il terrorismo anticristiano della setta Boko Haram, ma vale la pena riflettere un attimo. Gli attacchi vandalici al presepe sono avvenuti in un ambiente a elevata secolarizzazione. Lo stato di Washington è uno dei più liberal degli USA, dove si parla seriamente di legalizzare la marijuana e le “nozze” gay, dove si festeggia molto Halloween ma il Natale dà fastidio, se ne parla quasi con imbarazzo. All'opposto, le stragi in Nigeria sono avvenute in un contesto di acceso fondamentalismo religioso, ed è purtroppo inutile che gli stessi esponenti della gerarchia cattolica cerchino di minimizzare gli scontri negando che si tratti di una guerra di religione. No, questa è veramente una guerra di religione, e le vittime sono state uccise in odium fidei. Gli esiti sono ovviamente diversi ma l'atmosfera di odio, di scherno e di avversione è la medesima. Continuare a mentire a se stessi è peggio ancora che ammettere la realtà, per quanto dura possa essere.

I cristiani non sono odiati perché si comportano male, come qualche vescovo s'illudeva di spiegare. Sono odiati semplicemente perché esistono. Un presepe, con la sua semplicità e la sua mitezza, è un muto rimprovero ai bulli e agli scioperati che non badano a nulla fuorché ai propri istinti. Per i fanatici islamici i cristiani sono un insopportabile segno di contraddizione con la loro libertà, la loro umanità, il loro rispetto per la donna, la loro curiosità verso il mondo e la capacità di cambiarlo. O col vandalismo o con le bombe, si vuole togliere di mezzo l'unica vera novità che il mondo abbia mai conosciuto.

Giovanni Romano

lunedì 26 dicembre 2011

Un racconto di Natale a scacchi...


Il libro completo degli scacchi di Chicco e Porreca è una vera miniera di informazioni, dalle regole elementari alle aperture, dal mediogioco al finale, per non parlare della vastissima sezione dedicata agli studi e ai problemi.

Proprio in questa sezione, a pagina 485, è contenuto uno spettacoloso problema, ma per spiegarlo devo riassumere il “Racconto di Natale” che lo accompagna:

“Era la notte di Natale del 189... e un uomo avvolto in un grande mantello nero passeggiava nervosamente su e giù nella sala del circolo scacchistico “Icse” in Valdizeta. Di tanto in tanto guardava dalla finestra, spalancata nonostante il vento gelido. A un tratto riconobbe Babbo Natale che passava e lo sfidò a una breve partita a scacchi, una semilampo con 15 minuti a testa. Babbo Natale accettò e la sua posta furono i regali che doveva consegnare ai bambini. Fu sorteggiato il colore e a Babbo Natale toccò il nero.

I due giocarono rapidamente fino a quando si arrivò alla seguente posizione:



A questo punto l'uomo dal mantello annunciò il matto in sette mosse, ma nel momento in cui posava l'ultimo pezzo lanciò un urlo terribile e scomparve in una grande fiammata, lasciando una gran puzza di zolfo. Era naturalmente il Diavolo, che aveva cercato di derubare Babbo Natale che tanto imprudentemente si era giocato i suoi doni".

Cos'era successo, e perché Satana non aveva potuto portare a termine il suo piano?

Lo saprete se riuscirete a risolvere questo problema. Ricordatevi, è matto in sette mosse! Di nuovo auguri di Buon Natale... e di buona soluzione!

Giovanni Romano

mercoledì 21 dicembre 2011

Buon Natale


Sono passati quasi due mesi dal mio ultimo post. Avrei avuto molto da scrivere ma ho avuto anche molto da fare, e poi non ho passato un periodo facile.

Non amo le mailing lists, e dopo alcuni episodi spiacevoli ho deciso di non intervenirci mai più, ma attraverso questo messaggio vorrei salutare innanzitutto gli amici di Samizdatonline e augurare loro Buon Natale e Felice Anno nuovo, ringraziandoli per gli sforzi, la passione e l'intelligenza con cui portano online la presenza di Cristo.

Estendo poi questi miei auguri a tutti i miei lettori del blog. Ho smesso da molto tempo di formulare buoni propositi per l'anno nuovo, ma forse sbaglio. Un buon proposito è sempre un invito a ripartire, a non dare la vita per scontata. Il buon proposito è questo: attraverso quello che ho scritto e che scriverò, spero di dare occasione di riflessione a chiunque mi legga. Spero che i miei lettori - e me per primo - sentano interrogati dalla realtà e portati a dare un giudizio meno banale su quello che accade.

BUON NATALE
E FELICE ANNO NUOVO

Giovanni Romano

sabato 15 ottobre 2011

Napolitano: e tre!

Fu proprio il rifuto del presidente Napolitano di firmare il decreto per salvare la vita a Eluana Englaro il motivo per cui m'iscrissi a Facebook nel gruppo "Napolitano NON è il mio presidente!". In seguito, il suo "favor mortis" si manifestò nuovamente nelle lodi sperticate al regista Mario Monicelli che si era suicidato. Ora arriva la grazia a un ex maestro che per la disperazione di vedersi abbandonato da tutti strangolò il figlio autistico (vedi).

E' vero che quest'ultimo caso è diverso dai primi due. Il maestro non ha mai rivendicato il suo gesto come un "diritto", e se non fosse stato lasciato colpevolmente solo probabilmente non l'avrebbe compiuto. Tuttavia è impossibile non pensare che con questa grazia Napolitano abbia voluto anche dare un segnale preciso a favore della soppressione di esseri umani, con una corerente linea politica. E per questo ribadisco che ora più che mai lui NON è il mio presidente. Vorrei che tanti altri cattolici si decidessero ad aprire gli occhi.

Giovanni Romano

Uno scrittore lamenta le critiche che le donne devono affrontare quando decidono di diventare suore

Madrid, Spagna, 10 ottobre 2011 / 06:10 – Lo scrittore spagnolo Jesus Garcia ha detto che sebbene le donne nella società moderna possono aspirare a qualunque tipo di carriera, essere una suora è considerato “tabù” persino in alcune famiglie cristiane.

“Non a una sola ragazza che dice di voler diventare suora viene detto: 'Che grande suora sarai, è una bellissima notizia, è questo il tuo futuro'”, ha detto Garcia.

Il suo recente libro, “Che cosa ci fa una ragazza come te in un posto come questo?” (Libro Libres) presenta una collezione di testimonianze individuali di donne che hanno scelto il convento anziché la carriera e il matrimonio.

In un'intervista del 6 ottobre scorso con Europa Press, Garcia ha detto che la decisione di essere una suora è accolta con ripulsa mentre altre donne “si prostituiscono moralmente” sul loro posto di lavoro” tra gli applausi di tutti”.

Garcia ha detto che la gente considera la decisione di diventare suora come una “contraddizione” da parte di una donna perché “si nega la possibilità di avere bambini, e questo per molti è incomprensibile”.

“La società è avanzata grandemente rispetto alle scelte che le donne possono compiere, rispetto alla loro indipendenza... eppure reagiamo con orrore quando le nostre figlie o le figlie dei nostri amici dicono di voler diventare suore”, ha detto Garcia.

Ha evidenziato che le donne che ha intervistato per il suo libro erano tutte “adulte che hanno fatto liberamente la loro scelta”.

“Non sono pazze o stupide. Qualcosa è successo. Provate a scoprirlo. Loro hanno la risposta”, ha detto.

Garcia ha detto che voleva scrivere il libro perché la vita religiosa femminile è qualcosa “di molto sconosciuto” all'interno della Chiesa a paragone di quella degli uomini, che hanno una maggiore visibilità.

“Una suora diviene una suora per amore, un amore immenso. Ciascuna è testimone di un immenso amore. Senza quell'amore, quello che fanno non ha senso”, ha osservato. “E' l'amore di Dio che vince su tutto, distrugge i loro piani per il futuro, avere una famiglia, una carriera, eppure le rende molto felici”.

Di fatto, “la loro straripante gioia e felicità” è quello che ha attirato maggiormente l'attenzione di Garcia.

“Per me, una suora autentica è la testimonianza che Dio esiste, perché senza l'esistenza di Dio tutto questo sarebbe incomprensibile”, ha detto. “Non potrebbero essere gioiose e sarebbero frustrate”.

Jesus Garcia ha già venduto 10.000 copie del suo libro, al quale dà il merito per la sua inclusione della storia di Suor Teresita – una suora spagnola che ha il record del maggior numero di anni passati nel chiostro.

Suor Teresita, del monastero della Buena Fuente a Sistal, ha incontrato Papa Benedetto XVI durante la sua visita in Spagna con Papa Benedetto XVI durante la sua visita in Spagna per la Giornata Mondiale della Gioventù e gli ha donato una copia del libro di Garcia. L'autore si è incontrato in seguito con lei per chiederle le sue impressioni sull'incontro e ringraziarla per aver donato il libro al Papa.

Ha detto che Suor Teresita si è scusata con lui perché prima dell'incontro con il pontefice era “molto nervosa” e ha pensato che Garcia l'avesse messa “in un brutto guaio”.

“Mi sono detta: Gesù perdonami perché sono arrabbiatissima con te a motivo del guaio in cui mi hai messa, ma ora sono molto felice, molto contenta, e questo è stato un grande dono per me”, gli ha detto la suora.

Poche settimane dopo, il 16 settembre, Suor Teresita ha compiuto 104 anni, e il personale della casa editrice è venuto a celebrare con lei. Secondo Garcia, lei ha detto che il suo incontro con il Papa è stato “un dono della Vergine Maria alla fine della sua vita”.

Garcia ha detto che l'esperienza gli ha insegnato che “persino a 104 anni, avendo visto tutto quel che c'è da vedere nella vita, si può ancora sognare e sognare in grande”.

Ha detto di aver incontrato suore nel convento che sono come chiunque altro e che hanno “le loro virtù e i loro difetti”.

In ultima analisi, c'è bisogno che il mondo sappia di queste donne, ha ricordato Garcia. Quello che fanno è qualcosa “di cui c'è un grande bisogno”, ha aggiunto, convinto che “il mondo è sostenuto dalle preghiere di queste suore nel chiostro”.

Garcia ha detto di non credere all'idea che ci sia una crisi di vocazioni, aggiungendo che piuttosto si deve fare attenzione non alla “quantità” delle vocazioni ma alla loro “qualità”.

Le suore oggi hanno una vita molto differente da quella che facevano in passato, ha spiegato.

“Il mondo di oggi non offre nulla a chi è suora”, ha detto. Ha notato che mentre ci sono “meno suore oggi che 30 anni fa, ci sono più novizie ora che in passato”.

Garcia ha proseguito dicendo che in questo senso la Giornata Mondiale della Gioventù è sempre stata propizia alle vocazioni perché la Chiesa ha “un tipo di visibilità che non ha in altri periodi dell'anno o nella storia”.

Ha detto che la più grande soddisfazione che ha ricevuto da questo libro è stata l'aiuto che sta dando ai genitori e alle famiglie delle suore che non hanno saputo capire perché le loro figlie sono entrate in convento nel fiore degli anni.

Attraverso queste interviste, ha detto, hanno scoperto che quel che è accaduto alle loro figlie “è stato vero e non un capriccio o il risultato di un lavaggio del cervello ma piuttosto un'esperienza di amore reale”.

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Giovanni Romano

venerdì 7 ottobre 2011

Barletta, un Sud che torna sempre indietro

Conosco abbastanza bene Barletta e ci sono stato molte volte. È una città dinamica, strozzata da un traffico caotico senza rimedio, disordinata ma pulsante di vita e di attività anche culturale. Di recente è stata promossa allo status di capoluogo assieme ad Andria e Trani (una provincia tricipite che in realtà non è mai riuscita a decollare), ma il crollo del laboratorio ha brutalmente rivelato una realtà da troppo tempo sottovalutata.

Fino a qualche anno fa, grossomodo fino agli inizi degli anni 2000, Barletta era una città industriale in piena espansione, con molte attività produttive tra cui spiccavano i calzaturifici e i mobilifici, che lavoravano in massima parte per l'esportazione. Molti di questi, a dire il vero, erano imprese improvvisate senza preparazione né vero e proprio spirito imprenditoriale, e specialmente dopo l'introduzione dell'Euro venne a mancare il cambio favorevole della moneta. Una spietata selezione “naturale” condusse a molte chiusure, le ditte più forti e meglio organizzate delocalizzarono in gran parte, e Barletta entrò in declino.

Questa tragedia colpisce tanto più amaramente perché ha rivelato che in questi anni si è tornati enormemente indietro. Dai capannoni agli scantinati. Dai calzaturifici ai tanto deprecati “mutandifici”. Dagli operai, per quanto pagati spesso in nero, al precariato più brutale, con salari degni del Terzo Mondo a danno soprattutto della manodopera femminile. Inutile gettare la croce addosso solo al proprietario e alla “sete del guadagno basso e feroce”. C'è stata una convergenza di fattori sia pubblici che privati: le banche che non concedono crediti, le istituzioni che non hanno vigilato, gli interventi di messa in sicurezza arrivati troppo tardi. La cosa peggiore è che non è nemmeno la prima volta. Molti anni fa, non ricordo se a Barletta o a Margherita di Savoia, crollò un palazzo anch'esso di tufo, costruito sconsideramente su molti piani. Da allora nulla sembra essere cambiato, ci sono solo false partenze in questo mio Sud che con il suo accettare le disgrazie si condanna ogni volta a essere ricacciato indietro.

Giovanni Romano

Steve Jobs, l'uomo oltre la macchina

Pur non avendo mai adoperato prodotti Apple a causa principalmente del loro costo, mi associo al cordoglio per la morte di Steve Jobs. È commovente quanto fosse profondo il legame tra lui e gli utilizzatori dei suoi prodotti, gli aficionados della Mela. Un coinvolgimento affettivo che non si è verificato per nessun'altra marca hardware o software. Non era solo la qualità superiore o il superbo design dei prodotti. Non era solo la potenza e al tempo stesso la semplicità delle applicazioni e delle macchine, o la genialità delle soluzioni adottate. Era la figura dell'uomo oltre le sue creazioni, la sua intelligenza, la sua creatività, la sua passione. Comprare Apple non era solo acquistare un prodotto, era – e speriamo sarà ancora – entrare a far parte di un mondo di originalità e di libertà, partecipare al coraggio e all'inventiva del suo fondatore.

L'unico appunto che sento di fare ad Apple – alla Apple, non a Steve Jobs – è stata la scelta di creare prodotti “di nicchia” rigidamente chiusi, smentendo l'intenzione originaria di creare un computer per tutti quale fu il Macintosh. A differenza della IBM, la Apple non ha mai concesso la licenza per la fabbricazione di compatibili, così che a livello di massa si affermò il ben più bolso PC, riproducibile però da centinaia di ditte e dunque più economico. Se la Apple avesse permesso i compatibili non avremmo mai sentito parlare di Windows. Il Macintosh aveva di serie il mouse e le finestre quando ancora gli utenti DOS dovevano sbrogliarsela con la riga di comando e il famigerato comando C:\>, oltre al quale sullo schermo regnava il buio assoluto.

Può darsi che la decisione della Apple fosse dettata dal timore di ritrovarsi fuori mercato, cosa che è effettivamente avvenuta per la IBM, che ha dovuto lasciare il settore dell'informatica per ufficio e concentrarsi sui mainframe. Anche la decisione di stabilire requisiti molto rigidi per i programmi da far girare sulle proprie macchine ha creato un parco software flessibile e potente, senza i bugs e i problemi di compatibilità che affliggono le varie versioni di Windows, per non parlare dei programmi. Ma al tempo stesso ha creato un sistema chiuso, fortemente controllato e altrettanto fortemente criticato dai sostenitori del software libero. Uno dei guru di Linux si è scagliato contro l'I-Pad bollandolo come “I-Bad” perché su di esso non è possibile far girare nessun programma che non sia Apple, e da scaricare unicamente dall'App Store. L'esatto contrario della filosofia Linux. Anche l'I-Phone ha dei controlli molto rigidi, tanto che lo sblocco di alcune sue funzioni – non consentito dal produttore – nel gergo degli hackers viene chiamato “jailbreak”: evasione dalla galera.

Ma, piaccia o non piaccia, una ditta come la Apple non è un istituto di beneficenza, e deve tutelare i suoi investimenti. La qualità ha un costo, e anche la creatività. Come è stato scritto in un messaggio di cordoglio giunto alla Apple, “ha reso più facile la vita a molti”. Non è stato solo questo. Steve Jobs ha dato una lezione di intraprendenza, di fiducia, di voglia di vivere e di positività, e ci ha fatto capire che per quanto siano potenti e sofisticate le macchine di cui ci serviamo, il fattore decisivo resta l'uomo che le crea.

Giovanni Romano

giovedì 6 ottobre 2011

Report: Facebook, Apple e Google censurano i contenuti religiosi

Nashville, Tennessee, 4 ottobre 2011 – 06:15. Le più importanti piattaforme multimediali e i providers praticano politiche che ostacolano l'evangelizzazione cristiana e censurano la libertà di parola si questioni controverse di attualità come l'aborto e il matrimonio, dichiara un nuovo report.

“Le idee cristiane e altri contenuti religiosi si trovano di fronte a un pericolo chiaro e imminente di censura da parte delle piattaforme basate sul Web”, afferma il rapporto del National Religious Broadcasters' dal titolo: “La vera libertà nell'età dei media”.

Se il contenuto cristiano viene “censurato” dalle nuove piattaforme mediali come iTunes App Store, Facebbok, Google o i fornitori di accesso a Internet, “la Buona Notizia del Vangelo potrebbe diventare un'altra vittima della discriminazione religiosa istituzionalizzata”, ha dichiarato il presidente dell'organizzazione Frank Wright nella prefazione al rapporto.

La National Religious Broadcasters fu fondata nel 1944 per combattere le regole governative e le decisioni di politica aziendale da parte dei maggiori networks radiofonici che ostacolavano la possibilità da parte dei ministri del Vangelo di comprare tempo di trasmissione.

Alcune nuove compagnie mediatiche hanno messo al bando i contenuti cristiani, mentre altre hanno delle posizioni pubbliche che rendono la censura “del tutto inevitabile”.

Eccetto il servizio di microblogging Twitter, tutte le nuove piattaforme multimediali e i servizi presi in esame hanno politiche “chiaramente contrastanti con i valori della libertà di parola presenti nella Costituzione degli Stati Uniti”, ha affermato il rapporto.

Le nuove compagnie mediatiche rispondono a “forze di mercato” e alle domande di “gruppi di pressione” che invocano la “censura” su opinioni altrimenti lecite.

Come esempio di “censura anticristiana” il rapporto ha citato la rimozione, da parte dell'App Store di iTunes, dell'app con la Dichiarazione di Manhattan che difendeva il matrimonio tradizionale. Il negozio online ha rimosso anche una app di Exodus International la quale affermava che l'omosessualità è una condotta inappropriata che si può cambiare attraverso una trasformazione spirituale.

Il motore di ricerca Google ha rifiutato di accettare una pubblicità pro-vita da parte di un'organizzazione cristiana in Inghilterra e la sua branca cinese ha stilato una lista nera di termini religiosi. Le direttive pubblicitarie dell'azienda mettono esplicitamente al bando la frase “l'aborto è un omicidio” per la ragione che si tratta di linguaggio “truculento”.

Il rapporto ha citato anche Facebook e altre piattaforme per una politica che mette al bando le pubblicità “di argomenti religiosi con rilevanza politica”.

Frattanto, Facebook è diventato partner dei sostenitori dei diritti dei gay per bloccare i contenuti “anti-omosessuali” e la partecipazione a programmi di coscientizzazione sul problema dell'omosessualità. Questo fa pensare che i contenuti cristiani che criticano l'omosessualità, il “matrimonio gay” o altre pratiche saranno a rischio di censura.

Apple, Faceook, MySpace, Google, Comcast, AT&T e Verizon proibiscono tutti “il linguaggio fomentatore di odio” che il rapporto del National Religious Broadcasters definisce un termine “pericolosamente vago e politicamente corretto” che spesso viene applicato per “soffocare” i comunicatori cristiani.

“Le attuali convergenze tecnologiche di queste nuove piattaforme multimediali fanno pensare che queste pratiche che impediscono la libertà di parola e politiche tese a rimuovere la coscienza si consolideranno sempre più, a meno che non si intraprendano immediatamente delle azioni correttive”, ha affermato il rapporto.

Il rapporto ha suggerito anche che le compagnie dovrebbero seguire “un paradigma basato sulla libertà di parola” guidato dalle regole fondamentali del Primo Emendamento, anche dove non si applichino strettamente alle compagnie private. Ha anche invocato l'adozione di legislazione o di regole a livello federale per proibire “la censura dei punti di vista”.

“Quando abbiamo iniziato il nostro progetto John Milton per la libertà di parola religiosa(1), ho avvertito che si preparava una tempesta perché le compagnie “new media” come Apple, Facebook e Google stavano prendendo in considerazione la possibilità di censurare e di escludere dai loro siti i contenuti cristiani”, ha dichiarato il settembre scorso il senior vice president del National Religious Broadcasters' Craig Parshall.

“Ora, poco più di un anno dopo, dopo aver terminato il nostro studio ad ampio raggio, sono convinto che i diritti alla libertà di parola religiosa dovranno affrontare un uragano sul Primo Emendamento se non si agisce immediatamente”.

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Giovanni Romano

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(1) Si fa riferimento alla celebre orazione “Aeropagitica” con la quale John Milton prese coraggiosamente posizione a favore della libertà di opinione (N.d.T.).

domenica 2 ottobre 2011

USA: Nasce la Marriage Anti-Defamation League

UNA NUOVA ALLEANZA PER APPOGGIARE CHI VIENE MINACCIATO
PERCHÉ DIFENDE IL MATRIMONIO

Washington, 26 settembre 2011 /05:40pm – La National Organization for Marriage ha annunciato il 22 settembre di aver varato la Marriage Anti-Defamation Alliance, un nuovo progetto per difendere la libertà di esprimere senza paura di minacce o di punizioni la propria convinzione che il matrimonio è l'unione di un uomo e di una donna.

“Ho l'impressione che ci siano troppi di noi che sono convinti che il matrimonio è l'unione di marito e moglie per stigmatizzarci o marginalizzarci tutti quanti se ci mettiamo insieme”, ha detto Maggie Gallagher, co-fondatrice della National Organization for Marriage.

Gallagher ha detto alla CNA il 26 settembre che l'alleanza è stata creata come risposta “a un numero sempre maggiore di casi, sia pubblici che privati, di persone il cui modo di vivere è minacciato perché dissentono dal matrimonio omosessuale”.

“I sostenitori del matrimonio omosessuale stanno cercando di creare un'America in cui gli americani educati, capaci d'amore, rispettosi della legge hanno paura di dichiararsi a favore dell'idea che il matrimonio sia l'unione di marito e moglie, per paura di rappresaglie che variano da insulti e invettive come 'fomentatore di odio' e 'bigotto' a conseguenze pratiche come la perdita del lavoro”, ha detto.

L'alleanza non è un progetto legale, ha spiegato la Gallagher, quanto piuttosto un tentativo di accrescere la consapevolezza e il sostegno a favore di quelli che hanno dovuto affrontare minacce ingiuste a causa della loro visione del matrimonio.

La Gallagher ha detto che l'alleanza mira a “far girare la voce su quello che sta realmente succedendo, perché non viene adeguatamente riferito”.

L'alleanza è anche progettata “per creare una comunità in cui altre persone alle quali questo sta accadendo si sentiranno sicure di esprimersi apertamente e sentiranno che qualcuno si prende cura di quello che sta loro capitando”.

Una volta che siano stati raggiunti questi due scopi, i partecipanti saranno anche in grado di “sviluppare strategie per insistere sul rispetto sociale per entrambe le parti nel dibattito sul matrimonio omosessuale”, ha detto.

Il sito web della Marriage Anti-Defamation Alliance afferma che essa è dedicata all'idea che “nessun americano deve aver paura di esercitare i diritti civili fondamentali: la libertà di parola, di fare donazioni, di organizzarsi, di firmare petizioni, o di votare per il matrimonio come unione di marito e moglie”.

L'alleanza ha messo in rete di recente un video di Frank Turek, un responsabile di seminari sulla leadership che ha perso il suo contratto con la Cisco e la Bank of America dopo che gli addetti alle relazioni umane [sic!] hanno scoperto che aveva scritto un libro in cui sosteneva che il matrimonio non dovrebbe essere ridefinito.

In risposta, l'alleanza ha iniziato una campagna di reclami da parte dei consumatori diretta verso la Bank of America nello stato del North Carolina, dove si trova la direzione generale della compagnia.

“Abbiamo contattato un piccolo numero di clienti della Bank of America nell'area di Charlotte, gli abbiamo riferito quel che è successo a Frank Turek e gli abbiamo chiesto di chiamare la compagnia per far sapere ai banchieri che i clienti non apprezzano questo tipo di maltrattamenti”, ha detto la Gallagher. “Negli ultimi giorni più di 1.400 persone hanno chiamato per protestare”.

“L'esperienza di Frank Turek mostra che c'è bisogno urgente di un'iniziativa di contrasto alle diffamazioni, non chissà quando, ma proprio adesso in America”, ha concluso la Gallagher.

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Giovanni Romano

martedì 27 settembre 2011

Il bar dove è morta la pietà

Domenica 25 settembre il Televideo RAI ha riportato un gelido trafiletto di cronaca nera, una vicenda che sembra uscita dalle pagine da incubo di Dino Buzzati. A Torino, una donna si è chiusa nel bagno di un bar alla moda e si è sparata. Nonostante il suicidio, il proprietario ha deciso di tenere aperto il locale come se niente fosse successo. Era affollato, ha detto, c'era un centinaio di persone che avevano prenotato, non si potevano mica mandare via...

Abbiamo disceso un altro gradino verso l'inferno. Questa morte, o meglio il modo di (non) reagire a questa morte, è un regalo di Welby ed Englaro. Ce l'hanno regalata con il loro sbraitato “diritto-a-morire” che ha finito per allontanarci e renderci più indifferenti gli uni agli altri. Se morire è una scelta personale, anzi persino un “gesto-di-libertà”, perché mai ci si dovrebbe sentire interrogati dalla solitudine e dalla tristezza di un'altra persona? Perché mai dovremmo sentirci spinti ad aiutare chi ha deciso di farla finita? Forse una parola o un gesto avrebbero salvato quella donna. Ma lei non li ha avuti in vita, e nemmeno da morta ha avuto la carità di uno che si fermasse un attimo per pensare a lei. Sazi e disperati, come diceva il Cardinale Biffi.

Il lato orribile di questa vicenda non è il suicidio, ma il grado di indifferenza che questo suicidio ha rivelato. Non riusciamo più a pensare che valga la pena aiutare qualcuno a vivere. In quel bar non è solo una donna che si è uccisa. È stata assassinata la pietà.

Giovanni Romano

venerdì 23 settembre 2011

Sud Sudan: ricordo di un vescovo realista e coraggioso

Rileggendo vecchi post dell'agenzia ZENIT (www.zenit.org) mi sono imbattuto in un necrologio di Mons. Cesare Mazzolari, vescovo di Rumbek, nell'attuale stato indipendente del Sud Sudan, deceduto il 16 luglio scorso. “La morte del vescovo è avvenuta appena una settimana dopo la solenne cerimonia di proclamazione dell'indipendenza del Sud Sudan, alla quale aveva partecipato attivamente”, riferiva ZENIT.

È stato un vescovo di frontiera in tutti i sensi, perché ha vissuto di prima mano le angherie e le violenze praticate dal Nord islamico contro la comunità cristiane e animiste del Sud, fino al punto di ridurre interi villaggi in schiavitù. Proprio alcuni suoi giudizi sull'islam mi hanno particolarmente colpito, alla luce di quanto sta avvenendo a Lampedusa, con una “immigrazione” che, data la crisi, nulla ha ormai a che vedere con reali prospettive per chi arriva, e che ogni giorno di più svela il suo vero volto di invasione e di conquista. Ma lascio la parola a Mons. Mazzolari e ai suoi ammonimenti tanto lucidi quanto inascoltati:

Noto anche per aver ridonato la libertà a 150 schiavi - una coraggiosa iniziativa che non ha voluto continuare perché si era accorto che poteva diventare un circolo vizioso -, mons. Mazzolari "non era assolutamente un buonista, ma era una persona che aveva anche la capacità di saper leggere la realtà con molto realismo", come ha sottolineato padre Albanese nella sua intervista con la Radio Vaticana.

(...)

In tutti questi anni, mons. Mazzolari non ha smesso di richiamare l'attenzione sui rischi legati all'immigrazione di musulmani verso l'Europa. "Ovunque s'insediano, prima o poi diventano una forza politica egemone. Gli italiani intendono l'accoglienza da bonaccioni. Presto si accorgeranno che i musulmani hanno abusato di questa bontà, facendo arrivare un numero di persone dieci volte più alto di quello che gli era stato concesso. Sono molto più furbi di noi. A me buttano giù le scuole e voi gli spalancate le porte delle chiese", aveva detto il presule sempre nel 2004. (1)

Secondo Mazzolari, non ha alcun senso esportare il sistema occidentale in società agropastorali dominate dall'islam, che non fanno alcuna distinzione fra politica e religione. "E' da ignoranti", aveva avvertito nella stessa intervista. "Gli islamici basano le loro decisioni solo ed esclusivamente sulla umma. I diritti dell'individuo non sanno neppure che cosa siano. E' assurdo pretendere di inculcargli il primo emendamento della Costituzione americana, nel quale è previsto che il Congresso non potrà fare alcuna legge per proibire il libero culto, o per limitare la libertà di parola o di stampa. Non lo capiscono proprio".

In realtà siamo noi occidentali a non capire e a non voler capire. Altrimenti gli USA non avrebbero permesso mai di costruire un maxi centro islamico a pochi metri di distanza da Ground Zero.

Giovanni Romano

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(1) Il neretto è mio, N.d.R.

mercoledì 21 settembre 2011

Contro l'ONU, difendere la dignità di anziani e malati

Ginevra, Svizzera, 17 settembre 2001 / 04:40pm – La delegazione della Chiesa cattolica presso la sede delle Nazioni Unite di Ginevra ha espresso “forti obiezioni” a un riferimento al suicidio assistito comparso in un rapporto speciale sul ruolo degli anziani nella società, nonostante si sia dichiarato d'accordo su altri aspetti del documento.

“Crediamo fortemente che la vita sia un dono che nessuna persona abbia il cosiddetto 'diritto' di terminare, che la morte sia il punto di arrivo di un processo naturale e che nessuna persona, nemmeno gli stessi anziani e sofferenti, abbia titolo per causare o affrettare il processo naturale del morire attraverso mezzi biomedici o di qualsiasi altro tipo”, ha spiegato l'Arcivescovo Silvano M. Tomasi, capo della missione permanente della Santa Sede come osservatore presso le Nazioni Unite e le sue agenzie specializzate a Ginevra.

Il 16 settembre ha parlato alla diciottesima sessione del Consiglio per i Diritti Umani delle Nazioni Unite a proposito del suo studio sul diritto alla salute degli anziani.

La critica dell'Arcivescovo Tomasi si è appuntata su un riferimento alla “questione dell'autonomia del paziente rispetto alla decisione di terminare la propria vita”, anche se ha riconosciuto che l'autore del rapporto non ha trattato tali questioni “nel contesto del presente documento”.

L'Arcivescovo ha detto che la Chiesa esorta gli scienziati e i medici a ricercare la prevenzione e il trattamento delle malattie collegate alla vecchiaia senza mai cedere alla “tentazione di far ricorso a pratiche che abbrevino la vita degli anziani e dei malati, pratiche che si rivelerebbero, di fatto, forme di eutanasia”.

Ha affermato che la Chiesa Cattolica vede il numero crescente di persone anziane come “una benedizione” piuttosto che “un fardello per la società”. La Chiesa gestisce in tutto il mondo 15.448 case per anziani, malati cronici e persone handicappate.

L'Arcivescovo ha citato il discorso che Papa Benedetto XVI ha tenuto in una casa di riposo a Londra nel settembre del 2010. Il Papa disse che ogni generazione può imparare dall'”esperienza e dalla saggezza della generazione che l'ha preceduta”.

“In verità, il fornire cure agli anziani non dovrebbe essere considerato tanto un atto di generosità quanto il pagamento di un debito di gratitudine”, disse il Papa.

Nonostante le sue obiezioni al riferimento nel rapporto alla “decisione di mettere fine alla vita”, l'Arcivescovo Tomasi ha espresso il suo accordo con molti aspetti del rapporto. Si è dichiarato d'accordo a che gli stati dovrebbero allocare più risorse per le cure geriatriche e dovrebbero addestrare il personale sanitario a interagire con i pazienti anziani “in modo appropriato, rispettoso e non discriminatorio”. L'Arcivescovo ha messo anche in rilievo il bisogno speciale di proteggere le persone anziane deboli contro gli abusi fisici e morali da parte del personale di assistenza o dei membri della famiglia.

L'accrescimento della proporzione degli anziani è “interculturale” e l'autore del rapporto è stato stringente nell'affermare che proteggere i diritti umani degli anziani dovrebbe essere la preoccupazione di ciascuno, perché ciascuno invecchia.

L'autore del rapporto ha esortato a un cambiamento di prospettiva rispetto all'attuale considerazione biomedica della vecchiaia che viene vista come “un fenomeno patologico o abnorme” e “parifica l'età avanzata alla malattia”.

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Giovanni Romano

mercoledì 14 settembre 2011

Tu chiamale, se vuoi, perversioni

C'è un aspetto molto inquietante nel caso dell'ing. Mulé e delle due ragazze vittime di un gioco erotico estremo. Un aspetto che già emerse in occasione del caso Marrazzo. Anziché lasciarsi interrogare da queste vicende e dai loro esiti, si sta assistendo a un tentativo di “sdoganare” pratiche e perversioni che meriterebbero ben altro trattamento. Come il caso Marrazzo fu l'occasione per presentare il travestitismo in una luce positiva (di fatto ci sono andati di mezzo i Carabinieri, non lui, che ne è uscito quasi con l'aureola del martire), così in questa occasione si sono sprecate le interviste e i talk show dove hanno imperversato gli esperti: non solo gli immancabili psicologi e sessuologi, ma anche praticanti di bondage, venditori di articoli sadomaso che hanno esposto il loro autorevole parere. Poco c'è mancato, poi, che Mulé fosse stato fatto santo subito, con il suo viso dolce e vulnerabile, l'esatto contrario del sadico serial killer.

Insomma, si sarebbe trattato solo di un errore. Era un gioco erotico tra persone adulte e consenzienti, l'ing. Mulé era un dilettante incompetente che si è lasciato sfuggire di mano la situazione. Un disgraziato incidente, ma niente di più. Anzi, quelle pratiche denoterebbero anch'esse “amore”, come non si è peritato di affermare uno dei tuttologi di turno.

Che Mulé non avesse intenzione di uccidere è indubbio, altrimenti avrebbe fatto sparire i corpi. E non c'è nemmeno da dubitare che il suo dolore sia sincero. Ma il punto ovviamente non è questo. Il punto è chiedersi se sia giusto mettere tanto a rischio la vita di una persona anche consenziente. Il punto è chiedersi se rapporti come questi, basati sulla dominazione, avvicinino le persone o piuttosto le allontanino, perché non si ama né si accoglie l'altro per come è, ma per quello che si vuole fare di lui.

Qualsiasi manuale di psicologia dice che il sadomasochismo esclude la reciprocità. C'è un “dominatore” che certamente desidera il sesso ma ha una paura matta del partner, ha paura di essere visto com'è davvero nell'intimità, un povero essere umano nudo e inerme (ma al tempo stesso ricco di vera forza, se ha il coraggio di amare davvero). E allora ha bisogno di ricoprire un ruolo, di mettersi una maschera, di staccarsi dall'altro il più possibile e così facendo di dominarlo. Inversamente, chi accetta di essere dominato/a lo fa per liberarsi da ogni responsabilità. Forse si disistima così tanto, forse ha una paura così grande del rifiuto dell'altro che, paradossalmente, può avere un rapporto sono annientandosi – e scaricando tutta la colpa sul partner. Da una parte e dall'altra è la pretesa che domina.

Ora io mi chiedo: un rapporto del genere potrà forse conoscere un momentaneo appagamento, ma conoscerà mai la crescita? Potrà mai portare a un compimento umano? Si potrà mai veramente sorridere al partner, dopo essersi trattati in quel modo? Sarà forse un sorriso di complicità, di gioia non so. Anche i più laici tra gli psicologi affermano che pratiche del genere finiscono per spostare il desiderio dalla persona al corpo, e dal corpo all'oggetto. Alla fine, della persona non resta più niente. Resta la cosa, resta solo l'ossessione di procurarsi un piacere a tutti i costi con dosi sempre più massicce di sesso estremo, come per la droga.

E' giusto, allora, cercare di rendere socialmente accettabile una pratica così distruttiva? Facciamo ben più chiasso per le sigarette, i diritti degli animali, l'obesità e le balene, ma non ci accorgiamo, o non vogliamo accorgerci, di quanto si stia cercando di soffocare l'umano in noi.

Giovanni Romano

domenica 11 settembre 2011

L'Arcivescovo e le lampadine a basso consumo

Le scuole – purtroppo – stanno per riaprire, ed è il momento degli auguri più o meno di prammatica. Presidenti, sindacalisti, ministri, autorità sono estremamente prodighi di esortazioni, tanto non costa niente e non saranno loro a dover tirare la carretta. A questo coro si è unito il messaggio dell'Arcivescovo di una diocesi abbastanza importante, ma preferisco tacere il nome dell'uno e dell'altra per carità di patria, o forse per semplice carità cristiana.

Il messaggio, infatti, comincia col citare opportunamente l'affermazione più significativa del documento pastorale della CEI “Educare alla vita buona del Vangelo”:

“Un’autentica educazione deve essere in grado di parlare di significato e di felicità delle persone. Il messaggio cristiano pone l’accento sulla forza e sulla pienezza di gioia (cfr. Gv 17,13).

Si notino l'importanza e l'incisività delle parole “significato” e “felicità” che sfidano la nostra società “sazia e disperata”. Ma subito dopo l'Arcivescovo introduce un discorso un po' più sfumato, un po' più astratto:

Ebbene, l’augurio che rivolgo al mondo della Scuola è che diventi sempre più palestra del sapere e del volere. Il “sapere” di una vita buona e il “volere” della virtù che forma una personalità capace di contribuire al bene comune che deve essere al fondamento di una autentica società aperta alla trascendenza.

Di Cristo non si parla, quasi si avesse timore di menzionarlo in rapporto a una realtà quale quella della scuola e dell'educazione. Ma questo è ancora niente. Immediatamente dopo viene un'incredibile virata a 180°, un salto logico sconcertante dove tutte le attese di significato e di felicità fanno miseramente naufragio davanti al conformismo “politicamente corretto”:

Desidero mettermi in sintonia con la proposta dell’Onu di dedicare il 2012 “all’energia sostenibile”. Si tratta di un’indicazione molto utile da valorizzare sul piano educativo in vista di un’ecologia umana, di cui oggi si ha tanto bisogno, e in cui possa avere spazio anche la dimensione trascendente dell’uomo.

Che ci sia bisogno di un'ecologia umana nessuno dubita, ma davvero pretendiamo che il cuore dei ragazzi si metta a palpitare per una lampadina a basso consumo? Se c'è una cosa che i ragazzi vogliono è sentirsi coinvolti in cose grandi, in un'avventura che gli riempia la vita. La loro insofferenza in classe, la noia e il bullismo di cui danno prova tante volte, nascono dalla povertà delle nostre proposte educative, dalla nostra pusillanimità nel proporgli un orizzonte grande e generoso dove impegnare le loro forze e diventare davvero adulti. Paradossalmente, ce l'hanno con noi perché non gli chiediamo abbastanza, li lasciamo vegetare in un'eterna adolescenza senza mai renderli responsabili di niente.

Questo avviene anche perché i cattolici stessi sembrano aver perso stima e fiducia nella loro fede, annacquandola nei “valori comuni”. La dimensione trascendente dell'uomo non è una categoria residuale, ma l'inizio di ogni vera “ecologia umana”. Altrimenti avremo solo le “istruzioni per l'uso”, discorsi corretti e puliti che non hanno la forza di muovere nessuno. Stupisce, poi, il riferimento alla burocrazia laicista dell'ONU, che più di una volta ha attaccato duramente la Chiesa, ha promosso l'aborto e la sterilizzazione di massa, sta cercando di distruggere la famiglia in nome di fantomatici “nuovi diritti”. Torna alla mente la mordace osservazione del Cardinale Biffi: “Oggi nella Chiesa parlare di Cristo diventa spesso il pretesto per parlare di qualcos'altro”.

Anziché preoccuparsi tanto di risparmiare energia, noi cattolici dovremmo preoccuparci di impiegare tutte le energie spirituali di cui disponiamo per ricordare al mondo qual'è la vera “fonte di energia”: “Deus, rerum tenax vigor”: Dio, tenace vigore degli esseri.

Giovanni Romano

mercoledì 7 settembre 2011

TG2: manipolato il discorso del Card. Bagnasco

Il TG2 delle ore 13 di domenica 4 settembre scorso si è reso colpevole di una grave manipolazione delle parole che il Card. Bagnasco ha pronunciato alla Summer School della fondazione Magna Charta e dell'associazione Italia protagonista. Sono state riportate alcune frasi della sua “lectio magistralis”, ma in maniera gravemente mutilata e fuorviante. Il servizio del TG2 ha trasmesso queste parole del Cardinale:

Qualcuno, oggi, vorrebbe che la Chiesa tacesse perché ogni sua parola viene giudicata come un’ingerenza nelle questioni pubbliche e politiche. Vorrebbe che rimanesse in sacrestia. La preghiera – si pensa - in fondo non fa male a nessuno e la carità fa bene a tutti. Francamente, mi sembra che si usino due pesi e due misure.

Detto così, il discorso suona un po' strano. L'ultimo periodo pare scollegato rispetto a quelli che lo precedono. E infatti, leggendo il testo scritto dell'intervento, mi sono accorto della sconcertante manipolazione operata dal Telegiornale, che ha brutalmente tagliato le frasi più significative e “scomode” del passaggio. Le riporto in neretto:

Qualcuno, oggi, vorrebbe che la Chiesa tacesse perché ogni sua parola viene giudicata come un’ingerenza nelle questioni pubbliche e politiche. Vorrebbe che rimanesse in sacrestia. La preghiera – si pensa - in fondo non fa male a nessuno e la carità fa bene a tutti. In altri termini, si vorrebbe negare la dimensione pubblica della fede concedendole la sfera del privato. E’ singolare , però, che a tutti si riconosca come sacra la libertà di coscienza, mentre dai cattolici si pretenda che prescindano dalla fede che forma la loro coscienza. I Pastori, poi, si vorrebbe che tacessero salvo che dicano cose gradite alla cultura che appare dominante perché ha potere di parola; in caso diverso, spesso si grida all’ingerenza. Francamente, mi sembra che si usino due pesi e due misure.

È stato un episodio gravissimo, non si è esitato ma manipolare l'audio e il video con un taglio arbitrario che ha completamente stravolto il discorso del Cardinale. Cosa possiamo aspettarci noi cattolici da un servizio “pubblico” degno dei peggiori aspetti di 1984?

Giovanni Romano

Obesi sani e magri malati


Era più sano un obeso come San Tommaso D'Aquino che si occupava dell'immortalità dell'anima piuttosto che della propria linea.

È più sano Giuliano Ferrara che difende i bambini abortiti piuttosto che le balene, i gatti e la foresta amazzonica.

Meglio avere l'adipe nella pancia che nel cervello.

Giovanni Romano

Spiacenti, non è un avvocato di Berlusconi...

“Se questa riforma dell'ordinamento non sopravviene rapidamente il nuovo processo è destinato a fallire. Un sistema accusatorio parte dal presupposto di un pubblico ministero che raccoglie e coordina gli elementi della prova da raggiungersi nel corso del dibattimento, dove egli rappresenta una parte in causa. Gli occorrono, quindi, esperienze, competenze, capacità, preparazione anche tecnica per perseguire l'obbiettivo. E nel dibattimento non deve avere nessun tipo di parentela col giudice e non essere, come invece oggi è, una specie di para-giudice. Il giudice, in questo quadro, si staglia come figura neutrale, non coinvolta, al di sopra delle parti. Contraddice tutto ciò il fatto che, avendo formazioni e carriere unificate, con destinazioni e ruoli intercambiabili, giudici e pm siano, in realtà, indistinguibili gli uni dagli altri. Chi, come me, richiede che siano, invece, due figure strutturalmente differenziate nelle competenze e nella carriera, viene bollato come nemico dell'indipendenza del magistrato, un nostalgico della discrezionalità dell'azione penale, desideroso di porre il pm sotto controllo dell'Esecutivo. È veramente singolare che si voglia confondere la differenziazione dei ruolo e la specializzazione del pm con questioni istituzionali totalmente distinte”.

Giovanni Falcone
“Ma contro Cosa Nostra occorrono superuomini”, intervista di Mario Pirani, Repubblica, 3 ottobre 1991

mercoledì 27 luglio 2011

Battiato il moralista accigliato

“Portano occhiali eccessivi, montature allusive, sembrano professoresse di certi film pornografici che a un tratto, senza preavviso, si rivelano” (Franco Battiato parlando delle ministre italiane, su “OGGI” 27 luglio 2011).


Un moralista si tradisce sempre quando descrive un po' troppo intimamente, un po' troppo da vicino il vizio che intende condannare. Come poteva essergli venuto in mente il paragone coi film pornografici, se molto probabilmente non li avesse visti lui stesso? Quanto a me, il massimo del paragone che la Gelmini mi ha suscitato è Arisa.

Una frase tanto meschina (vorrei vedere se avrebbe avuto il coraggio di dire altrettanto di eventuali ministre della sinistra!) condanna non tanto il suo bersaglio quanto l'ipocrisia pruriginosa di chi l'ha pronunciata.

Giovanni Romano

martedì 26 luglio 2011

NORVEGIA: Quando la secolarizzazione non è una risposta

Devo ammetterlo. Il mio post precedente poteva suonare troppo apocalittico. Di fronte a una tragedia così immane, persino nella secolarizzatissima Norvegia nessuno ha recriminato contro il cristianesimo. Al contrario, in tanti si sono raccolti spontaneamente in preghiera nelle chiese, o quantomeno sono rimasti in silenzio.

Quando la realtà schiaccia in quel modo, quando si capisce che il Male è ineliminabile, non importa quanto sia organizzata la società o siano perfetti i servizi sociali, la risposta non può essere la “lucidità” o la “ragione”, che di fronte a tanti morti suonano come macabre barzellette. La risposta è innanzitutto un grido, un “perché?” lanciato a Uno che possa ascoltare, che possa rispondere. Un Qualcuno che in Norvegia non ha più volto da molto tempo (gliel'hanno tolto il rigido protestantesimo prima, il consumismo poi), ma che resta in fondo al cuore come bisogno, come domanda, come riconoscimento che non ci salviamo da soli.

La gente che si è raccolta in preghiera ha dimostrato che il male e la morte non sono obiezione a Dio, ma che al contrario risvegliano la sete di verità, di giustizia, di un significato ultimo. Qualsiasi cosa possa succedere in futuro, per quanti tentativi si faranno per soffocare ed eludere queste domande, i norvegesi hanno messo a nudo il loro cuore, e con la loro preghiera hanno smentito in pieno sia i deliri omicidi di Breivik sia le furberie interessate di chi vuole associare il cristianesimo alla violenza e alla strage.

Giovanni Romano

domenica 24 luglio 2011

Il fondamentalista politicamente corretto

La doppia strage norvegese stata percepita dai media e dall'opinione pubblica in modo esattamente contrario a quella di Madrid. A Madrid si pensò sulle prime a un attentato dell'ETA e solo in seguito venne allo scoperto la matrice islamica (1). A Oslo si è pensato subito a un attentato jihadista, per poi scoprire, con orrore anche maggiore, che la matrice è domestica, nata all'interno di una destra estrema e delirante che agisce con modalità simili a quelle che si erano viste negli USA con l'attentato di Timothy McVeigh agli uffici dell'FBI di Oklahoma City. Errore comprensibile, perché Al Quaeda ci ha abituati (se è umanamente possibile abituarsi) ad attentati particolarmente clamorosi, efferati, con decine o centinaia di vittime, e il suo modus operandi evidentemente ha fatto scuola. Sul Web, inoltre, non sono mancate insensate rivendicazioni da parte di musulmani esaltati almeno quanto Beirik.

Orrore e sgomento a parte, quello che mi ha dato fastidio nella vicenda è stato sentir ripetere fino alla nausea l'aggettivo “cristiano” associato al nome dell'attentatore. Mai è stato associato con altrettanta nettezza l'aggettivo “islamico” agli attentatori dei vari gruppi jihadisti. Si parla in modo anodino di “terrorismo internazionale”, o di “presunti attentatori islamici”, di “terrorismo di matrice jihadista”, e naturalmente ci si affannava a spiegare che l'islam in realtà “è-una-religione-di-pace” e banalità del genere. Nemmeno gli ecologisti in quanto tali sono mai stati associati all'omicidio di Pym Fortuyn.

Intendiamoci: qui non intendo incolpare né islamici né ecologisti per un crimine cui sono del tutto estranei. Intendo invece mettere sotto accusa i media per l'atteggiamento usato contro i cristiani. Sembrava proprio che laici e laicisti stessero aspettando questo momento da molto tempo. Eccoli, i cristiani che tramano nell'ombra! Eccoli, i lupi travestiti da agnelli! Eccoli, gli oscurantisti pronti a colpire! Poco importa che la Norvegia sia uno dei paesi più secolarizzati al mondo. Poco importa se il cristianesimo protestante lascia libero chiunque di piegare le Scritture a proprio uso e consum (lo chiamano “libero esame”, se ben ricordo). Poco importa che Beirik sul suo sito si dichiarasse interessato all'esoterismo e alla massoneria, roba che col cristianesimo non ha nulla a che vedere. Il colpevole, e che colpevole!, si è servito da solo su un piatto d'argento. Ignorante, violento, marginale, appassionato di armi da fuoco, islamofobo dichiarato (anche se tra le sue vittime non risulta che ci siano dei musulmani, almeno che io sappia). Cosa potrebbe desiderare di più il “politically correct”? Un colpevole “naturaliter” di destra, uscito pari pari dalle pagine del Mein Kampf!

Cosa accadrà, adesso? A parte le domande inquietanti sulla solitudine e la violenza che covano all'interno di società come quelle scandinave dove ci si è illusi di eliminare ogni imprevisto, temo che nel lungo periodo. saranno i cristiani a dover sopportare le conseguenze peggiori. Già un cristiano certo della propria fede viene correntemente accusato di “comportarsi come se avesse la verità in tasca”; da ora in poi sarà possibile anche ricattarlo come potenziale assassino. Possibile che a nessuno, men che mai al primo ministro norvegese, sia venuto in mente che chi ha agito in questo modo lo ha fatto contro tutti gli insegnamenti del cristianesimo? A tal punto si è diventati ignoranti – volutamente ignoranti – sui contenuti della fede cristiana? Siamo così superficiali che ci accontentiamo di etichette? Ci hanno abituati a ragionare così un paio di secoli d'ideologie e di “lumi”. E per i laici sarà molto più facile, da ora in poi, spingere sui temi etici ed emarginare ancor più i cristiani (quelli che con Beirik non c'entrano nulla) in nome della “tolleranza”.

Di fronte a un'atmosfera che si farà sicuramente più pesante, cosa dovremo fare noi cristiani? Nient'altro che essere noi stessi, senza farci né ricattare né intimidire. Prima di tutto, pregare, nella consapevolezza che l'ultima parola nella storia non appartiene all'uomo. Mai rinunciare alla gioia e alla bellezza che l'incontro col cristianesimo porta nella vita. Mai esitare ad alzare la voce quando saranno calpestati i diritti della vita e della persona. In modo pacato ma fermo, lasciando ai loro avversari il pregiudizio e la malafede. E mai dimenticarsi di pregare per loro, perché una ferita all'umano così grande come la strage di Oslo si può affrontare solo con la misericordia.

Giovanni Romano

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(1) Non senza che questo provocasse il crollo dei consensi al governo Aznar, la rivolta dell'opinione pubblica spagnola e l'imprevista vittoria di Zapatero. A questo proposito, il quotidiano El Mundo pubblicò un dossier molto informato in cui sosteneva che Aznar fu deliberatamente ingannato dai servizi segreti, in cui era forte la presenza dei socialisti.

domenica 3 luglio 2011

GB: Sempre più in pericolo la libertà religiosa

Una avvocatessa cristiana vede “l'inizio di una tirannia” nelle dichiarazioni del Commissario alle Pari Opportunità


LONDRA, 1 Luglio 2011 / 05:59 (CNA) – La dirigente del Christian Legal Centre del Regno Unito vede incombere la persecuzione dei cristiani nella vita pubblica dietro le recenti controverse dichiarazioni da parte del Commissario alle Pari Opportunità e ai Diritti Umani Trevor Phillips.


Andrea Minichiello Williams, che dirige l'ufficio legale, ha riferito dalla CNA che Phillips le è anche apparso “ingenuo”, affermando che “non sembra vivere nella stessa Inghilterra in cui vivo io”.

La Williams non è stata la sola a chiedersi da dove Phillips abbia preso alcune delle idee che ha espresso in un'intervista del 19 giugno scorso con il quotidiano The Telegraph. Il Commissario alle Pari Opportunità ha dichiarato che gli immigrati musulmani si stavano integrando nella società inglese meglio di qualunque popolazione cristiana [L'attentato di Londra è stato opera di musulmani "perfettamente integrati", N.d.T.] , e che le pratiche di adozione cattoliche erano più discriminatorie dei tribunali basati sulla Sha'aria.


Phillips ha aggiunto anche che i cristiani tendessero a immaginare che sia in atto una discriminazione contro di loro quando in effetti non ve n'è alcuna. E ha specificato che i credenti non devono aspettarsi eccezioni rispetto all'Equality Act del 2010, con il suo linguaggio controverso sull'orientamento sessuale, una volta “usciti dalla chiesa o dalla moschea”.


La Williams, il cui ufficio cura la difesa dei diritti dei cristiani britannici nella sfera pubblica, ha dichiarato che le radici cristiane del suo paese l'avevano reso in passato “una terra di grande libertà” dov'era rispettata “la libertà di coscienza”.


Abbiamo visto sradicare tutto questo in base al programma delle Pari Opportunità, che è la politica seguita da Trevor Phillips”, ha detto in un'intervista del 30 giugno. “Il secolarismo, secondo questo programma, non è neutrale. Punisce chi dissente”.


La Williams ha dichiarato che il sistema delle Pari Opportunità, iniziato con il primo ministro Tony Blair e proseguito con il suo successore Gordon Brown, “suona come un'utopia – ma di fatto conduce agli inizi di una tirannia”.


Se si entra nella sfera pubblica, o in un impiego pubblico, si deve parlare e agire secondo il programma delle Pari Opportunità. Se non si agisce in quel modo, se non si è d'accordo, si viene puniti. Si perde il lavoro. Si viene indagati. Si corre il rischio di essere accusati di diffondere odio. Questa è la realtà che stiamo vivendo nel Regno Unito”.


La critica più plateale di Phillips al cristianesimo tradizionale nell'intervista a The Telegraph è arrivata quando si è toccato il punto dell'immigrazione di popolazioni provenienti dall'Africa e dai Caraibi.


Il Commissario ha ammesso che c'è “un chiasso dell'altro mondo sulla Chiesa che viene perseguitata”, ma ha detto che il vero problema per “le chiese convenzionali” è l'influsso di “gente che... crede in una religione dei tempi andati, il che secondo me è incompatibile con una società moderna, multietnica e multiculturale”.


La Williams ha ribattuto che questa idea di “incompatibilità” viene da una caricatura del cristianesimo, non dal Vangelo di Cristo in sé. “Tutto quello che viene da Lui”, ha detto, “porta al riconoscimento della dignità innata di ogni essere umano”.


Proprio perché il cristianesimo non è coercitivo - a differenza del secolarismo, e a differenza dell'islam – conduce alla vera tolleranza”.


Nella lunga intervista al Telegraph, Phillips ha detto che i credenti in quanto individui possono aspettarsi che la sua Commissione difenda il loro diritto di celebrare il culto e di credere in quello che vogliono. Ha detto che è “parte integrante del patto fondativo di una democrazia liberale” che gli individui non vengano penalizzati o trattati in maniera discriminatoria” a motivo “di essere anglicano, musulmano o metodista o ebreo” [I cattolici non vengono menzionati, N.d.T.].


Ma la Williams ha accusato la Commissione di non osservare nemmeno questa limitata interpretazione della libertà religiosa.


Quel che Mr. Phillips dovrebbe fare”, ha detto, “è venire a trascorrere una giornata al Christian
Legal Centre, dare una scorsa ai casi, e vedere la discriminazione che c'è in giro”.


Nel caso di Shirley Chaplin, ad esempio – l'infermiera a cui è stato detto di togliere la croce che portava al collo dopo averla indossata per 38 anni di servizio al pronto soccorso – sono state fatte eccezioni per i musulmani, con il loro lungo e fluente hjiab e una grossa spilla”.


Nel South London Council si permette ai musulmani di pregare cinque volte al giorno, ma ai cristiani non si permette di tenere calendari cristiani sulle loro scrivanie. Questa è la realtà in cui viviamo”.


Ha anche messo in rilievo il caso di Eunice e Owen Johns, una anziana coppia pentecostale che sono stati rifiutati come genitori affidatari – nonostante la loro vasta esperienza – perché disapprovavano l'omosessualità. “La Commissione Pari Opportunità è intervenuta in quel caso. Ed è intervenuta contro i cristiani”, ha fatto notare la Williams.


Sono intervenuti in molti altri casi di rilievo. Non sono mai intervenuti, mai, contro i musulmani. Sono intervenuti solo in casi che coinvolgevano i cristiani per mettersi contro di loro. Questa non è uguaglianza. Questa è disuguaglianza”.


C'è un servilismo generale verso l'islam, e al contrario il cristianesimo viene soppresso”, ha osservato la Williams.


L'idea di fare posto alla Sha'aria, di accettarla – e poi di dire che le agenzie di adozione cattoliche, le quali credono che un bambino abbia bisogno di una madre e di un padre sposati, debbano essere chiuse – sta devastando la nostra società”.


La Williams ha detto che il perseguimento aggressivo del secolarismo da parte dell'Inghilterra sta creando un “vuoto” che i musulmani radicali potrebbero cercare di sfruttare. “L'islam radicale ha un programma preciso in questa nazione, e sta lavorando sodo”, ha puntualizzato.


Ma molti cristiani britannici mancano di difendere la verità biblica in questo contesto. “In molti modi, la Chiesa ha da rimproverare se stessa per la situazione in cui ci troviamo. Quel che dobbiamo fare è trovare la nostra voce. Altrimenti, avremo un'oppressione e una soppressione sempre maggiore”.


La Williams ha osservato che la Cristianità “è sopravvissuta storicamente ad attacchi molto peggiori di quelli di Trevor Phillips”. Ma ha ammesso che le prospettive appaiono “molto cupe” al momento.


Abbiamo attualmente un governo che sta discutendo se estendere le unioni civili agli edifici di culto”, ha osservato. “Dicevano che non l'avrebbero mai fatto”.


La Williams e altri cristiani inglesi vogliono una autentica libertà religiosa per sé e per gli altri. Ma capiscono che il conflitto con il secolarismo è parte del costo della sequela.


Gesù ha sofferto un falso processo, era odiato dal mondo, fu messo in croce”, ha ricordato”. “Ma
c'è stata la Sua resurrezione, e la speranza deriva da questo”.


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Giovanni Romano

martedì 14 giugno 2011

I cattolici che non fanno paura al potere

Voglio subito sgombrare il campo da un equivoco, a costo di deludere e irritare alcuni amici che – già lo so - mi leggeranno. Sono andato a votare i referendum, e ne ho votati tre su quattro. Ho rifiutato di votare solo quello sul legittimo impedimento perché l'intento fazioso e persecutorio era troppo sguaiatamente evidente (non “la-legge-è-uguale-per-tutti”, bensì “la forca è uguale per tutti”).





Ma ho votato tre SI per motivi che poco o nulla hanno a che vedere con l'accanimento sconcertante, ai limiti del fanatismo, con cui tanti, troppi ambienti cattolici forse, incluse non di rado le gerarchie, hanno promosso in particolare il referendum sull'acqua, e che mi ha procurato un senso di disagio sempre più forte man mano che si avvicinava la data delle consultazioni.




Cominciamo però dal quesito più semplice e meno controverso, quello sull'energia atomica. Qui non ho avuto dubbi. Fukushima mi ha fatto completamente ricredere sulla sicurezza delle centrali nucleari e sulla credibilità dei governi quando sono in ballo interessi economici di fronte ai quali il valore della vita umana si riduce a zero. Fukushima è la prova provata dell'impossibilità di prevedere ogni possibile incidente e di farvi fronte. Ma soprattutto è la prova provata di una disinformazione deliberata e allucinante. Per giorni si è cercato di minimizzare la gravità di quello che era accaduto, anche a rischio di lasciare che la popolazione venisse contaminata in maniera sempre più grave, e si è stati costretti ad ammettere la verità solo quando i danni erano diventati troppo evidenti, con la centrale sventrata come quella di Chernobyl.




Fukushima mi ha trasformato in un nuclearista pentito, e nessun discorso potrà più persuadermi del contrario. A coloro che continuano a sostenere la causa del nucleare faccio una proposta: benissimo, costruiamo pure le centrali anche in Italia, ma con l'obbligo per voi e per le vostre famiglie di andare a vivere entro un raggio massimo di 30 km da una centrale o da un sito di stoccaggio di combustibile nucleare. Vi offriamo anche la casa gratis se volete; se l'energia nucleare è così sicura come sostenete, non penso che qualcuno di voi farebbe obiezione.





Veniamo però ai referendum più scottanti, quelli sui quali i cattolici – o almeno una parte consistente, dirò poi quale – si sono esposti più vocalmente, anche se l'opinione pubblica laica non sembra essersene accorta più di tanto. Mi prenderò la libertà di citare ampiamente l'eccellente articolo di Stefano Fontana dal sito Labussolaquotidiana.it (“I cattolici hanno vinto i cattolici hanno perso”) ma prima di tutto devo dare ragione dei miei due SI.





Ho votato SI perché condivido la concezione cattolica della proprietà privata come responsabilità sociale, non solo come mero accumulo. Dai sostenitori del NO o dell'astensione ci è stato detto e ripetuto che non si trattava di “privatizzare” l'acqua ma semplicemente di affidarne la gestione ai privati in modo da rendere più efficiente il servizio, limitare gli sprechi e favorire la distribuzione. Ma è un argomento solo giuridico-formale, che non tiene conto del fatto che la gestione dell'acqua passerebbe in pratica da un monopolio pubblico a uno privato. Una vera privatizzazione avrebbe prodotto effetti positivi solo in regime di concorrenza, cosa impraticabile nel caso degli acquedotti. E i monopoli privati si sono sempre rivelati più esosi nei confronti dell'utenza, più riluttanti a investire per modernizzare gli impianti, più trascurati sotto l'aspetto della sicurezza. Non dimentichiamo che fu l'ENEL, non le compagnie elettriche private, a portare la corrente a 220V in tutta Italia: prima al Sud la corrente era di soli 125V. E fu una compagnia elettrica privata a provocare il disastro del Vajont, scaricandone poi ogni conseguenza sulle spalle della collettività.




Se avessero vinto il NO o l'astensione, avremmo assistito probabilmente all'ennesima stangata sulle tariffe e le bollette senza alcun vantaggio apprezzabile, per giunta con la scusa della “lotta agli sprechi”, o avremmo assistito al solito gioco del “privatizzare i profitti e socializzare le perdite”. E questo, per le finanze massacrate di moltissime famiglie, è veramente troppo. Si è detto anche che con questo voto i cittadini hanno confermato l'andazzo dell'inefficienza e dello spreco, perché i comuni non hanno soldi per provvedere alle riparazioni e alla manutenzione. Ma allora i soldi delle nostre (esose) tasse dove vanno a finire? L'esito di questo referendum non può in nessun modo essere invocato come alibi dagli enti locali e dai servizi pubblici, se mai il contrario: è un severo richiamo alle loro responsabilità.





Queste laicissime considerazioni mi hanno persuaso a votare SI. Ma con disagio, lo ripeto, e ora vengo al punto. Tanto mondo cattolico ha fatto del referendum sull'acqua una inopportuna ed enfatica crociata tra il Bene e il Male, sull'onda della scomunica dossettiana contro Berlusconi e chi la pensa come lui (1).




Come fa notare giustamente Fontana, “si è notata una mobilitazione particolare del mondo cattolico, probabilmente superiore a quella contro il divorzio e l'aborto. (…) Non ci sono dati certi a questo proposito, ma tutti abbiamo assistito alle catene di sms, ai pronunciamenti delle associazioni, prima tra tutte l’Azione cattolica, ai volantinaggi davanti alle chiese, alle dichiarazioni di vescovi e uffici stampa delle diocesi, all’impegno propagandistico degli ordini religiosi, alle dichiarazioni di moltissimi teologi moralisti”. Attenzione a una particolarità che emerge da queste parole: tra i cattolici si è trattato in gran parte di una mobilitazione clericale (quella parte del mondo cattolico cui accennavo prima), per molti versi speculare e opposta a una mobilitazione ben più popolare e massiccia, quella sì nata veramente dal basso: la mobilitazione per il Family Day che partì in massima parte dai laici, dalle famiglie stesse, e che una parte purtroppo non trascurabile del clero seguì o con indifferenza o addirittura con fastidio.





Non è mancato nemmeno il classico terzomondismo d'accatto, segno dell'incapacità di guardare la questione in termini di realismo e non di utopia. Ancora Fontana: Una diocesi ha detto: 'Andare a votare è un gesto per la vita, per la vita di tanti che ancora nel mondo non hanno il diritto più elementare, quello dell’acqua'. Cosa c’entri il referendum in Italia con la mancanza di acqua in Africa non ci è dato di sapere. Se analizziamo la gran parte dei settimanali diocesani troviamo questo livello di ragionamento. Ma quando si sbandierano ragioni di questo genere si cade nel moralismo inefficace e servizievole. Si crede di aver contribuito a far andare avanti la storia ed invece ci si è accodati ad altri.





Ho messo in neretto queste parole perché mi sembra che centrino perfettamente il nocciolo della questione. I fedeli sono stati gravemente ammoniti a recarsi alle urne perché “il voto è dovere civico”. Ci siamo già dimenticati che fu proprio l'astensione dei cattolici a far saltare il referendum sulla legge 40? I cattolici erano eversivi allora, o era eversivo e inumano il tentativo di affondare una legge già ingiusta di per sé, per sostituirla con un'anarchia molto peggiore? Direi dunque che per un cattolico il dovere del voto viene dopo un doveroso discernimento sulle questioni oggetto del voto stesso, dunque non può mai essere uno scontato automatismo. In questa occasione, invece, troppi cattolici hanno fatto la figura dei volenterosi barellieri della storia.





Ieri il sito della Tiscali sbandierava la foto di due suore che entravano sollecitamente in un seggio, certificato elettorale e rosario in mano. Molti cartelloni per il SI avevano una scritta a caratteri cubitali: “METTICI SOPRA UNA CROCE”. Quando ho visto queste cose non ho potuto fare a meno di sorridere amaramente. Ma come, ci si ricorda della Croce solo quando fa comodo per votare, mentre si fa di tutto per toglierla dai luoghi dove la gente vive? Ci si ricorda che esistono le suore solo quando vanno a votare allineate e coperte dove vuole l'estrema sinistra? C'è stato uno, uno solo dei cattolici che sono arrivati a “digiunare per l'acqua” in Piazza San Pietro che abbia protestato contro l'europride, che inquina le acque dei rapporti umani molto più radicalmente di qualsiasi referendum? Il potere mediatico laicista ha forse paura di cattolici così omologati, il cui “profetismo” (termine più che mai abusato in questo caso) si è “appiattito sul rubinetto” secondo l'efficace espressione di Fontana?




A giusto titolo l'autore osserva che da parte cattolica si è trascurato il principio della sussidiarietà a favore dell'attuale gestione statalista, anche se non ha spiegato in che modo si sarebbe potuto provvedere in questo senso. Risparmio al lettore le citazioni bibliche stravolte oltre i limiti del grottesco pur di trovare argomenti “evangelici” per appoggiare la campagna referendaria. Gli risparmio anche i fraintendimenti (voluti?) della Dottrina Sociale della Chiesa. Chi vuole può andare a leggerli nell'articolo citato. Una affermazione di Fontana suona paradossale, apparentemente come uno spauracchio agitato per rivalsa: “Credevo di votare per l'acqua, ho votato per il divorzio breve”, ma considerando l'appiattimento sui “valori comuni”, la quasi sacralizzazione di un argomento che poteva e doveva essere affrontato con criteri razionali, l'inconsistenza o i troppi distinguo sui valori non negoziabili, non è poi tanto peregrina. Mi trova invece completamente d'accordo la preoccupata chiusa dell'articolo: Si dovrebbe analizzare a fondo, nel prossimo futuro, l’atteggiamento mentale e operativo dei cattolici in occasione di questo referendum, ben oltre le poche riflessioni condotte in queste righe. Credo che ne emergerebbero significative incertezze culturali e i segni di alcune crepe considerevoli nel tessuto ecclesiale”.





Posso confermarlo. Ho votato SI, ma che di certi compagni di strada avrei fatto volentieri a meno. E probabilmente, come l'asino di Buridano, finirò per buscarle da tutte e due le parti.





Giovanni Romano




(1) Vedi il libro di G. BAGET BOZZO e PIER PAOLO SALERI “Giuseppe Dossetti – La costituzione come ideologia politica”, Ares, Milano 2009.