venerdì 30 gennaio 2009

Quello che il caso Williamson è riuscito a nascondere

Due anni fa, l’incontro con una farmacista ebrea mi ha guarito una volta e per sempre da ogni tentazione di revisionismo e di negazionismo. Parlando di suo padre, unico superstite della sua famiglia completamente sterminata (a proposito: come vi sentireste voi, se il vostro albero genealogico fosse stato tagliato di netto?) mi disse che nel ghetto dove lui viveva erano state assassinate sessantamila persone.

Fu quella cifra ad agghiacciarmi. Sei milioni è un numero troppo grande, non lo si può afferrare con l’immaginazione. Ma sessantamila sì, sessantamila sono una città di media grandezza (come quella dove la maggior parte di noi vive) con la gente che cammina per strada, i parenti, i figli, la moglie, i vicini, tutti. Sessantamila...

E c’è pure chi si permette di negare tutto questo, come il vescovo (?) Williamson. Confesso che questa vicenda mi ha messo profondamente a disagio. Non mi pronuncio sull’opportunità di riammettere i levebriani, è una cosa che lascio alla prudenza e al profondo giudizio del Papa, ma non trovo giusto separare le dichiarazioni di Williamson dal suo ruolo di vescovo. Se ha mentito, e peggio ancora sapendo di mentire, possiamo accettarlo in qualità di pastore della Chiesa? Se un vescovo mente su cose tanto gravi, su che altro sarà capace di mentire? Anche ammettendo che la stampa internazionale è laicista e manipolata (e lo è), anche ammettendo che è facilissimo organizzare il linciaggio mediatico di un prelato cattolico (ne abbiamo visto esempi particolarmente indegni), tuttavia nemmeno i media più prevenuti avrebbero potuto fare nulla se certe dichiarazioni non ci fossero effettivamente state (e infatti agli altri tre vescovi non è stata mossa nessuna accusa).

Questo caso è tanto più antipatico e inopportuno perché il clamore mediatico delle accuse a Williamson, proprio in coincidenza con il giorno della memoria, è riuscito a nascondere per l’ennesima volta un fenomeno molto più vasto e inquietante: la ripresa dell’antisemitismo in Europa ha coinciso con l’invasione dei musulmani, che non solo hanno importato il loro proprio antisemitismo (le aggressioni agli ebrei in Francia sono cominciate molto prima dell’offensiva israeliana a Gaza e delle dichiarazioni di Williamson), ma hanno anche incoraggiato gli antisemiti di casa nostra. Ma di questo nessuno parla, per l’omertà e la paura che l’islam diffonde intorno a sé. Molto più facile, e molto meno pericoloso, prendersela con un bersaglio tanto ghiotto quanto facile come mons. Williamson. Questo, ovviamente, senza voler diminuire né scusare in nessun modo le sue pesanti responsabilità.

Giovanni Romano

domenica 25 gennaio 2009

Otto risposte alla mentalità abortista

Dal sito Catholicnewsagency traduco questo bellissimo articolo.


Otto risposte alla mentalità abortista

di Jennifer Fulwiller

Una volta dissi che ero disposta a morire pur di mantenere l’aborto legale e facilmente accessibile, e lo dicevo davvero. Ero un’abortista veemente, come lo era la maggioranza delle donne negli ambienti che frequentavo. Credevamo che l’aborto fosse un diritto cruciale delle donne e non immaginavamo nemmeno come qualcuno potesse opporsi. Eravamo il prodotto di una cultura nella quale la sessualità umana era stata recisa dalla sua connessione intrinseca con la creazione della vita umana. Alla nostra generazione non era stato insegnato nei corsi di educazione sessuale delle scuole pubbliche che il sesso crea bambini, ma che il sesso senza protezione crea bambini. Ci veniva assicurato che la creazione di nuove vite umane era incidentale rispetto all’attività sessuale, qualcosa che era non solo opzionale ma completamente controllabile. Di fatto, i bambini venivano considerati radicalmente agli antipodi del sesso.

Nella mia vita di giovane adulta conobbi molte donne che avevano avuto aborti, e in ciascun caso gli atteggiamenti riguardo la gravidanza erano alla fine sempre gli stessi: “Non me l’aspettavo proprio!”. La società le aveva rassicurate che il sesso non aveva conseguenze capaci di stravolgere la vita, e le loro gravidanze non pianificate arrivavano come sgradite sorprese. In preda al panico per colpa di questa mentalità, loro - e quelle di noi che le appoggiavano - erano facile preda del messaggio abortista che i loro bambini non erano niente di più che un ammasso di “tessuto”, che l’aborto era solo “interruzione della gravidanza” e non la soppressione di una vita umana.

Dopo una conversione religiosa che mi condusse alla Chiesa Cattolica, cominciai a ripensare le mie posizioni abortiste. In particolare, l’insegnamento della Chiesa sulla sessualità umana riplasmò la mia visione del mondo in modo così radicale che, per la prima volta, fui in grado di guardare con sincerità a quel che l’aborto è veramente. L’insegnamento della Chiesa che il sesso contiene intrinsecamente la possibilità di creare nuova vita umana annullò la pressione che la mentalità contraccettiva mi aveva messo addosso, tanto da avermi fatto vedere i bambini come nemici. Una volta che vidi l’aborto per quello che era, potevo a stento credere che io avessi mai sostenuto una simile procedura. E’ una prova del potere della mentalità contraccettiva il fatto che per così tanti anni io riuscii a ignorare la realtà delle mie convinzioni.

Qui di seguito elenco otto affermazioni in cui credevo quando ero favorevole all’aborto, insieme a suggerimenti sul modo in cui si può rispondere a quelli che hanno opinioni del genere. E ricordate: la maggior parte di coloro che sono favorevoli all’aborto hanno bisogno di ripensare la sessualità umana prima che possano entrare nella mentalità giusta per “ascoltare” veramente gli argomenti contro l’aborto.

1. “Il sesso è finalizzato principalmente al piacere”.

Questa profonda incomprensione circa la natura della sessualità umana è una delle principali forze trainanti dietro il moderno movimento abortista. Quando le donne accettano la “verità” che il sesso ha solo il significato che loro vogliono dargli, che non sia un atto intrinsecamente sacro e tremendamente poderoso, stanno preparando un disastro. E’ come dire che le pistole cariche possono essere usate come giocattoli fintantoché si mettono colpi a salve nel caricatore. Banalizzare un atto così significativo a un livello tanto fondamentale è un invito al disastro.

In particolare, la convinzione che il potenziale che il sesso ha di creare la vita sia controllabile e opzionale fa sentire le donne scosse e intrappolate quando una nuova vita viene inaspettatamente creata - e le fa essere estremamente vulnerabili alle menzogne che vogliono disumanizzare la nuova vita dentro il loro grembo.

Uno studio del 2004 ha mostrato che la grande maggioranza delle donne che hanno avuto aborti ha dichiarato di averlo fatto o perché avere un bambino avrebbe radicalmente cambiato le loro vite o perché pensavano di non potersene permettere uno. Nella nostra società, queste non sono considerate ragioni per non avere rapporti sessuali; sono ragioni per non avere un bambino. Quando si pensa alla frattura eclatante tra i concetti di attività sessuale e quello della creazione di nuova vita, è facile vedere come questa impostazione alimenti la mentalità abortista.

Fino a quando la gente pensa che sia perfettamente accettabile intraprendere rapporti sessuali anche quando credono che un bambino gli rovinerebbe la vita, avrà il sopravvento la tentazione di disumanizzare e scartare ogni nuova vita. Per poter sostenere una cultura di accoglienza della vita dobbiamo aiutare le donne a vedere che non è la nuova vita che le intrappola, ma la menzogna che il sesso si possa separare dal suo potenziale creatore di vita prima di tutto.

2. “La contraccezione previene l’aborto”.

Secondo il Guttmacher Institute, ente di tendenza abortista, solo l’8% delle donne che hanno avuto aborti non ha mai usato la contraccezione, e più della metà stavano usando metodi contraccettivi quando hanno concepito le gravidanze che hanno cercato di abortire. E’ la diffusa accettazione della contraccezione che permette alle società di illudersi che il sesso sia un affare da poco; quando le donne intraprendono rapporti sessuali con quella mentalità, sono totalmente impreparate ad affrontare delle responsabilità enormi che cambiano definitivamente la vita come la gravidanza, il parto e i bambini. Ragioni sia statistiche che pratiche ci mostrano che la contraccezione non è una cura per l’aborto, ma una causa.

3. “Non è un bambino”.

E’ cruciale comprendere che i vostri amici e i membri delle vostre famiglie favorevoli all’aborto non sono a favore dell’uccisione di bambini - nessuno mai sosterrebbe una cosa così terribile. La nostra cultura ha rassicurato i sostenitori dell’aborto che il battito del cuore che si ferma durante un l’aborto appartiene soltanto a un feto, un organismo subumano. La terminologia è cruciale per la mentalità abortista. Parole disumanizzanti come “feto” o “ammasso di cellule” o “massa di tessuto” fanno sì che ci si convinca che l’aborto non è la soppressione di una vita umana.

Incoraggiate i sostenitori dell’aborto a considerare che anche il più piccolo zigote risponde alla definizione biologica di un essere vivente, contiene un codice genetico unico che non è mai esistito prima e non esisterà mai più, che ottiene la metà del suo materiale genetico da ciascuno dei suoi genitori. Al momento del concepimento, viene creata una straordinaria semi-replica della madre e del padre. Incoraggiateli anche a guardare le foto di bambini nel grembo disponibili sui siti come www.priestsforlife.org - o forse anche i risultati degli aborti in vari stadi di gravidanza - aiutateli a dare un volto a quei “feti” che vengono uccisi negli aborti.

4. “Le donne dovrebbero essere in grado di scegliere”.

La mentalità secondo cui “le donne dovrebbero essere in grado di scegliere” dà per scontato che le uniche donne di cui dovremmo preoccuparci sono quelle già nate. Una buona risposta a questo argomento è: “Quali donne?”. Quelle nel grembo, o quelle gravide?

Ancora una volta è una questione di terminologia. Non permettete che il bambino non nato resti invisibile in nelle discussioni sull’aborto. Ogniqualvolta i diritti o le scelte delle persone affiorano in relazione all’aborto, assicuratevi di chiedere se quegli stessi principi si applichino anche a coloro che non sono ancora nati.

5. La libera scelta dell’aborto favorisce la donna”.

Uno studio neozelandese sulle donne che hanno avuto un aborto pubblicato nel Journal of Child Psychiatry and Psichology ha mostrato che” le donne che hanno avuto un aborto avevano in seguito tassi elevati di problemi di salute mentale, inclusa la depressione (un aumento del 46%), l’ansietà, comportamenti suicidi e patologie nell’uso dei medicinali”. Oltre alla depressione e all’ansietà che tormentano molte donne per decenni dopo il loro aborto, persino i sostenitori dell’aborto non possono negare che l’aborto è una procedura violenta che incide duramente sul corpo di una donna.

E questo richiama ancora una volta la domanda: “Quali donne?”. Quelle nate o quelle non nate? Infatti, in molte parti del mondo, l’aborto è usato in primo luogo per uccidere le bambine indesiderate. Una posizione veramente favorevole alle donne le aiuterebbe a evitare il trauma dell’aborto prima di tutto, e rispetterebbe tutte le donne - incluse quelle che sono ancora nel grembo della madre.

6. “Dovremmo fare in modo che ogni bambino sia un bambino voluto”.

I difensori dell’aborto invocano spesso le sofferenze dei bambini che vivono in mezzo alla povertà, ai maltrattamenti o all’abbandono per sostenere che l’aborto è importante per limitare il numero dei bambini che nascono in queste situazioni difficili. Ma questo è ancora un altro argomento secondo il quale i bambini nel grembo materno vengono trattati come se non esistessero. E’ importante ribadire che quando è concepita una nuova vita, un bambino è già stato introdotto nell’ambiente. Il modo di rendere ogni bambino un bambino voluto non è uccidere i bambini che non vogliamo, ma mettere in rilievo l’importanza del fatto che le coppie evitino l’attività sessuale se sono in una situazione così disperata da non poter accogliere degnamente una uova vita.

7. “Alcune persone non sono pronte per fare i genitori”.

Il mito del sesso senza conseguenze irretisce molte coppie a intraprendere rapporti sessuali. Tali coppie diventano allora vulnerabili alla tentazione di vedere l’aborto come la soluzione delle loro indesiderate gravidanze.

Questa mentalità, naturalmente - ancora una volta - tratta la nuova vita come se fosse puramente teorica. Quando una coppia concepisce un bambino, sono diventati genitori che lo volessero o no: l’aborto non cambia tutto questo.

8. “Chi è contro l’aborto s’interessa solo ai non nati”.

Nel dibattito sull’aborto, la retorica del movimento per la vita si concentra spesso sul valore dei non nati semplicemente perché il disaccordo principale è se i bambini appena concepiti abbiano diritti o no. Ma il movimento per la vita è attivo anche nell’aiuto alle donne in crisi durante la gravidanza. I cattolici sono tra i più attivi oppositori dell’aborto, e coi suoi ospedali, orfanotrofi, case protette per la maternità e altri programmi di sostegno, la Chiesa Cattolica è il più grande fornitore di servizi sociali non governativi del mondo.

Se questo non bastasse, oggi ci sono oltre 2.300 centri di assistenza alle maternità in crisi negli Stati Uniti, la maggior parte dei quali offre ogni servizio, dall’alloggio all’occorrente per i bambini all’aiuto per il collocamento alle madri che devono affrontare situazioni difficili in gravidanza. Di fatto, nel paese ci sono più centri di aiuto alla maternità in crisi che cliniche abortiste. Gli argomenti secondo i quali gli antiabortisti prendono meno a cuore le madri rispetto ai bambini non nati si possono facilmente confutare guardando a quante strutture disponibili alle donne in stato di gravidanza siano gestite da organizzazioni di aiuto alla vita.

L’incomprensione profonda della sessualità umana che pervade la nostra cultura ha gettato le basi non solo delle mie opinioni abortiste ma anche del movimento abortista nel suo complesso.

La mia conversione sulla questione è un esempio di quel che deve accadere nella nostra cultura nel suo complesso per poter invertire la mentalità in senso favorevole alla vita. Se la nostra società tornerà a rispettare i non nati, dobbiamo in primo luogo rispettare e comprendere fino in fondo la natura dell’atto che crea in primo luogo queste vite non ancora nate. Fino a quando sarà recisa la connessione tra l’attività sessuale e il suo potenziale generatore di vita, prevarrà la tentazione di togliere valore alla vita umana.

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Jennifer Fulwiler è l’autrice di www.ConversionDiary.com , dove scrive sulle sue esperienze di cattolica dopo una vita di ateismo.


(c) Catholicnewsagency.com

Traduzione di Giovanni Romano

venerdì 23 gennaio 2009

Cosa fare quando passa una fiaccolata pro-eutanasia

Ai lettori di questo blog (quali?) e alle famiglie cattoliche suggerisco quanto segue, se passa una fiaccolata pro-eutanasia, soprattutto se zelantemente ripresa dai media di stato:

  • Chiudere le finestre e abbassare le saracinesche lungo il percorso del corteo;
  • Se si è in strada, allontanarsi, e se questo non è possibile restare con le spalle voltate;
  • Soprattutto, ASSOLUTO SILENZIO. Chi fa propaganda per la morte deve essere accolto da un silenzio e da un vuoto di morte. Lo stesso vuoto e la stessa disperazione che l'eutanasia introduce nei rapporti umani.
Giovanni Romano

Qualche legittimo dubbio sui "Fratelli separati"...

Mentre in Italia si sta celebrando con grande entusiasmo parrocchiale la settimana di preghiera per l'unità dei cristiani, e molti preti rimproverano i fedeli cattolici per non essere abbastanza "aperti"...

...leggete un po' cosa sta accadendo in Spagna. Ora non ho tempo per approfondire, ho solo tradotto l'articolo, ma spero di tornare quanto prima su questo post.

In Spagna gli evangelici appoggiano il piano dei socialisti
per dissolvere il cattolicesimo

MADRID, 21 gennaio 2009 - Il segretario esecutivo della federazione delle Entità Evangeliche [sic!] spagnole, Mariano Blazquez Burgo, ha chiesto al governo di approvare una legge sulla "neutralità" e la "laicità" dello stato, al fine di stabilire una comune eguaglianza tra tutte le chiese che esistono nel paese.

"Chiediamo due leggi: una sulle entità religiose e l'altra sulla neutralità e la laicità, una parola che non mi fa paura", ha dichiarato Blazquez ai giornalisti durante la celebrazione del 130esimo anniversario della chiesa evangelica della città di Gijon.

Secondo il quotidiano "La Nueva Espagna", gli evangelici vogliono che lo stato "sia neutrale riguardo a tutte le fedi religiose promuovendo la laicità, e con uno statuto di eguaglianza tra tutte le chiese stabilite in Spagna".

"Non privilegi per le chiese, ma uno statuto comune per tutte le entità religiose che sia chiaro e giusto nei diritti e negli obblighi", ha ribadito Blazquez, aggiungendo che durante la Guerra Civile spagnola gli evangelici "mostrarono simpatia per la Repubblica, dichiarando che stava liberando spiritualmente la nostra nazione".

Da quando è entrato in carica, il governo del presidente Jose Luis Rodriguez Zapatero ha posto tra le sue priorità la rimozione di qualunque espressione religiosa dalla vita pubblica e l'imposizione del proprio modello di formazione morale agli studenti attraverso l'educazione alla cittadinanza, che migliaia di genitori hanno rifiutato a causa del suo carattere secolarista e ideologico.

Copyright (c) CNA
(http://www.catholicnewsagency.com)

martedì 20 gennaio 2009

Perché ho deciso di chiudere la mia email Google

Dal sito americano Catholic News Agency ho appreso che Google in America ha deciso di schierarsi con quelli che in California stanno combattendo per annullare la cosiddetta "Proposition 8", vale a dire la proibizione del matrimonio gay. La Proposition 8 fu approvata a larghissima maggioranza da un referendum popolare, ma ora l'esito del referendum è sotto attacco da numerose e ben finanziate associazioni, tra cui la famigerata ACLU (American Civil Liberties Union, la stessa che conta su Obama per eliminare l'obiezione di coscienza dei medici che rifiutano di praticare aborti o manipolazioni genetiche).

Non mi stupisce affatto che un sito tanto politicamente corretto come Google si sia schierato contro la volontà popolare. Per questo ho deciso di abbandonare la sua homepage (ho già scelto Clusty) e abbandonerò anche la mia email. Lo faccio per non contribuire al numero di contatti di Google. Un gesto da niente, Google non se ne accorgerà mai, ma come dice l'abusato e un po' melenso slogan: "Se-tante-persone-senza-importanza-facessero-tanti-gesti-senza-importanza-il-mondo-cambierebbe". Io sono una di quelle persone-senza-importanza, ma me non interessa cambiare il mondo come forse s'illude l'osannatissimo Mr Obama. A me anzi interessa conservarlo con l'uomo e la donna che possono sposarsi, con l'affetto e i bambini che possono nascere, coi vecchi che possono morire in pace, e coi medici che curano i malati anziché ammazzarli.

Giovanni Romano

domenica 18 gennaio 2009

Un segno di Croce, e un applauso imprevisto


I miei genitori guardano ogni sera "Affari Tuoi", e all'ora di cena capita anche me di vederlo quasi sempre. Due o tre giorni fa il concorrente (o meglio vittima sacrificale, in cerca del suo quarto d'ora di celebrità) era un campano dall'aria mite, un po' triste, e dalla foltissima capigliatura. A renderlo quasi unico tra tutti i concorrenti che nel corso degli anni sono sfilati in questa trasmissione è il suo lavoro: becchino in un piccolo cimitero comunale.

Devo ringraziare Max Giusti perché ha nuovamente sdoganato questa parola, che l'ipocrisia "politically correct" è quasi riuscita a far sparire. E' vero che per tutta la trasmissione, e sin da quando era arrivato, ha ricoperto il pover'uomo di sfottò, ma mille volte meglio ridere goliardicamente della morte che somministrarla "per pietà", possibilmente in una clinica asettica e con premurosi volontari pronti alla bisogna. come si vuol fare per Eluana.

A un certo punto, però, è accaduto qualcosa d'imprevisto, per un istante il meccanismo ben oliato del quiz ha mostrato un lampo di autenticità. Non la lettera ormai di prammatica con la relativa effusione di buoni sentimenti, ma lo spiraglio aperto su una vita normale, sulla giornata normale di un uomo normale, di quelli che certamente non interessano a "Repubblica" o all'"Espresso".

Quando Max Giusti ha chiesto al becchino come svolgesse il suo lavoro, l'altro è rimasto un attimo interdetto, poi ha risposto con naturalezza: "Quando arrivo la mattina, prima di cominciare mi faccio un segno di Croce".

Immediatamente dal pubblico è scrosciato un applauso spontaneo, quasi liberatorio. Come se ci fossimo tutti riconosciuti in quell'uomo semplice e buono che non si è vergognato della fede e della pietas cristiana. Forse è stata la risposta migliore alla stupida e arrogante campagna dei "bus atei". Forse è stata la risposta migliore a tutti gli attacchi più o meno subdoli alle espressioni pubbliche della fede cristiana, a tutti quelli, anche all'interno della Chiesa, che si accigliano quando i cattolici non si vergognano di dire a Chi appartengono.

Quell'uomo ha avuto il suo quarto d'ora di celebrità, e prima o poi sarà dimenticato. Ma io spero di non dimenticarlo mai, anzi lo voglio ringraziare perché ha espresso una fede che troppi oggi vogliono vedere svilita e censurata.

Giovanni Romano

sabato 17 gennaio 2009

Forse Dio non esiste, ma gli imbecilli certamente si


Se fossi stato il Diavolo, mi sarei arrabbiato moltissimo per l'iniziativa dell'UAAR di far pubblicità all'ateismo attraverso gli autobus.

Ma come hanno fatto a non capire che per estirpare Dio dal cuore dell'uomo l'indifferenza vale più di mille attacchi frontali? Osservava molto acutamente C. S. Lewis in quel capolavoro che sono Le lettere di Berlicche: "La strada per l'inferno è quella soffice, in dolce pendio, senza sassi sul percorso, senza brusche svolte, e soprattutto senza indicazioni".

Quegli autobus invece, col loro brusco richiamo a Dio, costringono la gente a prendere posizione, a ricordarsi di quello che credeva di avere dimenticato da tanto tempo, o che forse aveva dimenticato davvero. Una campagna del genere potrebbe funzionare nei paesi dove non esiste più un popolo cristiano e in cui le coscienze sono state totalmente narcotizzate, come in Inghilterra o in Spagna, ma in Italia per fortuna ancora non si è arrivati a questo punto.

E inoltre, la seconda parte dello slogan: "Goditi la vita", in tempi di durissima crisi economica suona come una beffa dei sazi e dei gaudenti contro gli affamati, offende quanto il cinismo indifferente della famosa battuta attribuita alla regina Maria Antonietta prima della Rivoluzione: "Non hanno pane? Mangino brioches!". Qualcuno mi venga a dimostrare che togliendo Dio di mezzo i poveri staranno meglio!

E a proposito di mangiare: credo che Laggiù il Diavolo starà preparando degli spiedi particolarmente grossi e appuntiti per quegli sciocchi suoi servitori che gli hanno creato questo pasticcio. Già gli appartengono perché atei, ma li divorerà con tanta più rabbia perché sono venuti a rompergli le uova nel paniere con la loro campagna chiassosa e plateale.

Giovanni Romano