venerdì 19 agosto 2016

La trappola del burkini

Com'era prevedibile, il divieto al burkini imposto sulle spiagge francesi ha fatto discutere e ha avuto ampia eco in Italia. Sotto questo aspetto ho trovato stupefacente la reazione di ambienti cattolici che potrebbero essere definiti senz'altro come "conservatori": una compatta levata di scudi in difesa di questo "costume da bagno" (sic!), con una veemenza che forse non si è vista nemmeno quando si è trattato di difendere uomini e donne cristiani licenziati e discriminati solo perché portavano al collo il Crocifisso.
Da un certo punto di vista questa posizione fa onore al cattolicesimo perché conferma che difendere la libertà religiosa - in senso cristiano - significa difendere la libertà di tutti. Mi sembra però che stavolta persino intellettuali e giornalisti del calibro di Costanza Miriano, Massimo Introvigne e Giuliano Guzzo abbiano clamorosamente mancato il punto della questione.
Può essere interessante un'esposizione sia pure molto sommaria delle critiche più diffuse a questo provvedimento:
  1. È un divieto ridicolo, i problemi sono altri (crisi economica, disoccupazione, terrorismo, ecc.);
  2. Il burkini è soltanto un costume da bagno, e sulla spiaggia ognuno è libero di vestirsi come vuole;
  3. Chi l'ha detto che le donne islamiche siano "costrette" a portare il velo o il burkini? Non portano il velo anche le suore, senza che nessuno trovi niente da ridire?
  4. Prima di condannare il burkini, pensate alle nudità esibite dalle donne occidentali sulle spiagge;
  5. Se si proibisce di portare il burkini alle donne musulmane, prima o poi proibiranno tutti i simboli religiosi, soprattutto quelli cristiani.
Non vale nemmeno la pena di discutere la critica n.1. è il classico espediente che si adotta quando si vuole eludere una questione. Discuterò per ultima la critica n.2 perché ha a che vedere direttamente con il nocciolo del nostro argomento.
Critica n.3: è certamente vero che molte donne islamiche portano il velo di loro spontanea volontà, ma non si può ignorare in nessun modo la fortissima pressione sociale e culturale che lo impone di fatto a tutte le musulmane (e non soltanto a quelle che hanno liberamente scelto di portarlo, come le suore). Per non parlare della costrizione a portare il velo anche alle occidentali nei paesi islamici. Coloro che difendono con foga il burkini sembrano aver passato un colpo di spugna sui gravissimi episodi di intimidazione, percosse e persino uccisioni di donne musulmane che hanno cercato di vestirsi all'occidentale. A parte il caso di Hina, io stesso sono stato testimone diretto delle botte e dei lividi inflitti a una mia alunna marocchina dal padre solo perché la ragazza si vestiva come le altre sue compagne. Il paragone con le suore, poi, è assurdo e improponibile anche per un'altra ragione: il velo islamico (come anche i veli portati dalle donne fin dalla più remota antichità) è segno del possesso dell'uomo sulla donna. Il velo delle suore è, al contrario, il segno dell'emancipazione femminile dal possesso maschile attraverso la verginità e la libera donazione di se stesse soltanto a Dio.
Critica n.4: mi ricorda certi alunni che quando vengono rimproverati si mettono a protestare: "Professore, ma non sono solo io!". Anche questo è un modo abbastanza infantile per eludere il problema, ma il punto merita di essere discusso più a fondo. Io non sono certamente un sostenitore del nudismo, ma non si può tacere che la nostra civiltà ha un rapporto più positivo delle altre con il corpo e con la bellezza che esso esprime. è giusto parlare di mercificazione e banalizzazione del corpo, specialmente di quello femminile, ma non si può dimenticare nemmeno quanto disse Papa Giovanni Paolo II proprio nella Cappella Sistina a proposito della "teologia del corpo". Il corpo umano è dono di Dio, e prima del peccato originale era bellezza primigenia, coronamento della Creazione. Non si deve abusare ma nemmeno nascondere con una morbosa suscettibilità che forse nasconde desideri inconfessati.
Critica n.5: è forse la più infondata di tutte. I simboli religiosi di qualsiasi tipo sono già formalmente proibiti nelle scuole francesi (e solo i musulmani si fanno un punto d'onore di ignorare e sfidare questo divieto, mentre i cristiani obbediscono docilmente). In Inghilterra la situazione è anche peggiore perché la pressione anticristiana (e solo anticristiana, ci tengo a specificare) mette al bando la Croce mentre accetta senza protestare il velo islamico o il turbante dei Sikh. Il divieto al burkini non aggiunge nulla alla persecuzione strisciante di cui già soffrono i cristiani in Europa.
Arriviamo infine al nocciolo della questione con la critica n.2. Affermare che il burkini sia un semplice "costume da bagno" significa prima di tutto contraddirsi con la critica n.5, e in secondo luogo ignorare di proposito la mentalità da cui proviene. Partiamo da una considerazione del tutto laica. Nessun modo di vestire, in nessun caso, è una questione puramente privata. Con il nostro modo di vestire comunichiamo i nostri gusti, il nostro stato d'animo, il nostro status sociale, e naturalmente anche la nostra cultura di appartenenza, che ne siamo consapevoli o no. Ma nel caso dei musulmani c'è un'altra osservazione da fare: nella cultura islamica non esistono spazi neutri in nessun ambito del vivere, nessun comportamento è moralmente indifferente ma ogni manifestazione umana (e a maggior ragione il modo di vestirsi) è direttamente riconducibile a Dio. Da questo punto di vista il burkini non è semplicemente "un altro modo di vestire" ma un atto deliberato di disprezzo e di rifiuto della nostra civiltà. Non è soltanto chiudere il corpo femminile in un involucro ma anche chiudersi dentro un ghetto culturale.
Sottovalutare questo aspetto di sfida porta a sottovalutare anche l'invadenza con cui i musulmani non solo osservano le proprie usanze (e questo potrebbe essere anche accettabile) bensì le impongono agli altri ogniqualvolta si sentono abbastanza forti per farlo, o non incontrano una risoluta opposizione. Nelle mense scolastiche del Nord gli alunni non musulmani non possono più mangiare salumi: sono stati eliminati "per non offendere i musulmani" (e qui la parola offendere sottintende il rischio di violente ritorsioni). Nelle piscine tedesche si va verso orari o giorni separati per uomini e per donne perché cosi` vogliono i musulmani (altrimenti "si offendono"...). A Rimini una spiaggia è stata riservata in esclusiva alle donne musulmane e chiusa a tutti gli altri. Più di una volta, in Inghilterra, i conducenti pakistani di taxi e autobus hanno rifiutato di prendere a bordo ciechi accompagnati dai cani perché per l'Islam i cani sono animali "impuri". Le docenti cristiane delle public schools acquistate dai musulmani hanno dovuto indossare il velo o essere licenziate. E si potrebbe continuare con innumerevoli altri esempi.
Di fronte a tutto questo, possiamo davvero ridicolizzare o minimizzare la questione del burkini? Personalmente trovo del tutto giustificato il provvedimento preso dal governo francese, tanto più coraggioso alla luce delle aggressioni, delle sofferenze e dei lutti che l'Islam ha già inflitto a quella nazione e che probabilmente ancora le infliggerà. Davvero non capisco come possano sottovalutare il problema dei cattolici a tutta prova che fino al giorno prima lanciavano alte grida d'allarme sull'invasione islamica e sul tramonto della nostra civiltà.

Giovanni Romano