mercoledì 8 giugno 2016

La strage di Debre Libanos: una precisazione dolorosa ma necessaria




Il 18 maggio scorso il quotidiano La Stampa pubblicava un articolo dirompente su una delle peggiori atrocità mai compiute dalle forze armate italiane: la strage di Debre Libanos, un monastero copto fondato in Etiopia nel XIII secolo dal santo Teclè Haimanòt, principale centro religioso del paese.

In quella che è stata definita “la più grande strage di religiosi cristiani mai avvenuta in Africa”, le truppe italiane al comando del Maresciallo Rodolfo Graziani compirono una spietata rappresaglia contro il clero e i fedeli copti, accusati senza prove di avere organizzato l'attentato del 19 febbraio 1937 ad Addis Adeba  in cui Graziani era rimasto gravemente ferito e sette persone erano morte. Il generale Maletti ricevette l'ordine di circondare l'area del monastero di Debre Libanos il 18 maggio successivo, in occasione della festa di San Michele che richiamava pellegrini da tutta l'Etiopia. Ai pellegrini fu permesso di entrare ma non di uscire. Con il passare dei giorni il monastero si trasformò in una trappola mortale nel momento in cui i soldati lanciarono l'attacco sulla folla e sui monaci indifesi. Secondo testimonianze oculari il numero delle vittime fu di circa duemila, di cui almeno la metà monaci, sacerdoti e diaconi. Alcuni soldati italiani, presi dal rimorso per quanto erano stati costretti a fare, donarono ai superstiti del monastero gli ombrelli bianchi coi quali si erano riparati dal sole nei giorni precedenti.

Basterebbe questo episodio da “armadio della vergogna”, trasmesso in docufilm da TV2000 il 21 maggio scorso, a sfatare una volta per tutte il mito degli “Italiani-brava-gente”. Ancora più vergognoso è il silenzio totale che ha accompagnato queste rivelazioni che avrebbero dovuto provocare un esame di coscienza e una revisione della nostra storia. Nel modo in cui è stata data la notizia, tuttavia, c'è un particolare che stona e che dovrebbe far riflettere: l'enfasi con cui si è messo in rilievo che a compiere la strage “non furono le milizie islamiste” e che il numero dei morti fatti dagli italiani superava quello della strage compiuta dagli ottomani in quello stesso luogo nel luglio del 1531. 

Tanta premura nel difendere l'islam mi sembra alquanto fuori luogo. Bisogna infatti notare almeno tre elementi:

  • le vittime del 1937 furono massacrate dopo un attentato perché sospettate di essere terroristi e ribelli, ma non in odium fidei. Quella di Graziani fu una strage che prese le mosse da motivi abbietti di vendetta personale e di puro terrore, ma non fu diretta contro i copti in quanto cristiani;
  • alcuni – pochissimi – soldati italiani dimostrarono rimorso per quanto avevano fatto, e a nessuno passò per la mente di giustificare la loro azione con motivi religiosi;
  • infine, a costo di apparire cinici, il numero delle vittime della strage ottomana del 1531 non dovrebbe essere considerato soltanto in senso assoluto ma anche relativamente alla probabile popolazione etiope dell'epoca.


In conclusione, se nessun italiano può né deve sentirsi scusato per una strage tanto infame, a maggior ragione nessuno può sentirsi autorizzato a tracciare paralleli arbitrari e fuorvianti tra quella che fu una rappresaglia militare - per quanto aberrante- e le stragi di cristiani perpetrare a sangue freddo e senza alcun rimorso dalle armate ottomane e dai terroristi islamici.

Giovanni Romano