venerdì 31 dicembre 2010

Giuliana Sgrena: assordante silenzio sui cristiani?

Ieri sera mi è capitato di ascoltare la parte conclusiva di un'intervista a Giuliana Sgrena nella trasmissione "Farenheit" di Radio3. L'autrice presentava il suo ultimo libro, "Il ritorno". L'argomento, ovviamente, è il ritorno della giornalista a Baghdad a cinque anni dal suo rapimento, con le sue impressioni, i suoi giudizi, le sue valutazioni sulla situazione attuale.

Ho ascoltato solo l'ultima parte, lo ripeto, e quindi non so cosa avesse detto prima. Fatto sta che l'ho sentita parlare molto sull'oppressione delle minoranze (i curdi, gli sciiti, i caldei, i persiani), ma non ha speso nemmeno una sillaba sugli attacchi e le persecuzioni contro i cristiani iracheni.

Se il libro parla solo di Baghdad può darsi che la situazione sia migliore che a Mosul, e nel nord dell'Iraq, ma questo assordante silenzio non mi è piaciuto per nulla.

Giovanni Romano

giovedì 16 dicembre 2010

Ma una bancarella di pesce vale così tanto?


Ieri il TG1 ha trasmesso un servizio su un avvenimento apparentemente marginale ma che rivela una mentalità. A Chioggia i venditori al tradizionale mercato del pesce fresco sono in subbuglio perché un cinese avrebbe rilevato la bancarella di uno di loro.

La cosa ha destato molto scalpore e preoccupazione in un ambiente tradizionalmente chiuso e diffidente verso i forestieri, dove il mestiere si tramanda per generazioni e dove tutti si conoscono per soprannome. Razzismo? Forse, ma prima di pronunciare frettolose condanne varrebbe la pena di prendere in considerazione alcune domande "scomode".

Corre voce infatti che il cinese abbia pagato la bancarella ben quattro volte il suo valore. Non c'è mezzo di verificare questa notizia. Può darsi che sia stato necessario per superare la radicata diffidenza di cui sopra, ma questa ipotesi non quadra con la situazione di crisi economica -e dunque di bisogno- in cui versano molti dei pescivendoli della città. Chi è in ristrettezze vende anche per un pezzo di pane, non a quattro volte tanto. Come mai tanto interesse, tanta generosità?

La risposta, purtroppo, potrebbe essere trovata in alcune tattiche d'infiltrazione nel mercato che sono state applicate con successo dai cinesi ovunque sono andati, principalmente a Roma e a Milano, dove alcuni quartieri sono ormai diventati delle vere e proprie enclaves. All'inizio presso i commercianti si presentano delle persone molto gentili e offrono molto, ma veramente molto, per rilevare l'attività. Tutti soldi buoni e a pronta cassa, qualche volta anche troppo pronta perché queste persone gentili portano con sé valigette piene di denaro contante. Se il commerciante è disposto effettivamente a vendere, l'affare si conclude nel migliore dei modi e tutti sono contenti. Se invece si dimostra non interessato o troppo attaccato al suo negozio, dopo un po' di tempo cominciano a succedergli cose alquanto antipatiche, sul genere di incidenti, danneggiamenti, furti e compagnia bella. Allora, mangiata la foglia, quando si riprensentano le persone gentili il commerciante è molto più disponibile, anzi a volte ha addirittura fretta di vendere e andare via.

Ed ecco le tre domande scomode che pone la vicenda di Chioggia:

  1. Da dove ha preso tanti soldi il compratore?
  2. Perché è così interessato alla bancarella fino al punto di pagarla ben al di sopra del suo valore?
  3. Cosa succederà ai prezzi quando il mercato del pesce sarà interamente controllato dai cinesi?
Chiamatemi razzista se volete, ma non rinuncio a porre queste domande.

Giovanni Romano

P.S.: Quanto alla domanda n.1 c'è forse una risposta. Il compratore non è solo. Dietro di lui c'è il clan familiare dove ognuno mette una quota per rilevare l'attività, così che poi tutti i componenti troveranno un lavoro. Mentre per la nostra mentalità follemente irresponsabile la famiglia è ormai diventata un peso e un fastidio, per i cinesi -giustamente- è una grande risorsa. C'è da meravigliarsi che stiano prendendo il sopravvento?

mercoledì 24 novembre 2010

Limousine


Domenica scorsa è passata sotto casa mia una limousine mostruosamente lunga come il modello della foto. Era dipinta di bianco e rosa e sembrava un confetto gigantesco, pareva le mancasse solo un fiocco legato sopra. Un capolavoro kitsch. La precedeva un veicolo pubblicitario anch'esso bianco e rosa dov'era scritto il nome dell'agenzia che la noleggiava per matrimoni.
Non ho potuto fare a meno di sorridere amaramente. Le macchine per la festa nuziale diventano sempre più lunghe proprio quando i matrimoni diventano sempre più corti o stanno scomparendo del tutto.
Ma si ostenta di più, temo, appunto perché il matrimonio sta perdendo d'importanza. Più viene meno la convinzione che sia una cosa capitale e definitiva, più si cercano lo sfarzo e l'ostentazione, ormai oltre i limiti della pacchianeria più volgare.
Prendiamo ad esempio un altro degli aspetti attraverso cui si è banalizzato il rito delle nozze, i fotografi. In quel giorno gli sposi sono praticamente degli ostaggi in mano loro, vengono costretti ad assumere le pose più strane, a volte persino buffonesche, sbatacchiati da uno sfondo all'altro e da un tavolo all'altro (quest'ultima è una fatica spiacevole ma necessaria, noblesse oblige!). Quanto tempo resta per pensare a quello che si sta facendo, a vivere un giorno che non tornerà mai più e che dovrebbe segnare un punto di svolta nella vita?
Non parliamo poi di quello che succede in chiesa. Si riprende di tutto, anche le inquadrature più banali e insignificanti, con primi piani esasperati degni di una telenovela di terz'ordine, ma non resta niente di essenziale. Se mi fossi sposato, avrei chiesto esplicitamente che nel filmato del matrimonio fosse registrata per intero l'omelia del sacerdote, che viene sempre saltata. Questo per ricordarmi sempre delle ragioni di quel giorno, dei passi che era stato necessario fare per arrivare a quel momento, degli obblighi e delle gioie che ci avrebbero attesi. Sempre sperando che il sacerdote fosse all'altezza, ma anche la peggiore delle omelie è comunque meglio della melensaggine di certe inquadrature.
Preferirei di gran lunga vedere macchine più corte e matrimoni più lunghi.
Giovanni Romano

domenica 31 ottobre 2010

Piccolo innocuo antidoto per Halloween...


Lo ammetto, gli anni scorsi avevo preso Halloween molto più sul ridere, ma mi sto ricredendo mano a mano che ho visto quanto stia dilagando una mentalità impregnata di morte. Non credo però che il rimedio sia scagliarsi a testa bassa contro questa "festa" (chiamiamola così: che cosa ci sia da festeggiare negli scheletri, nelle tombe e nei fantasmi proprio non lo so).

Personalmente ho trovato un piccolo rimedio, o meglio mi è capitato di trovarlo senza pensarci. Avevo notato che da molti anni ormai non ci si fanno più gli auguri di Buon Onomastico per la Festa di Ognissanti. E allora ieri, prima che la scuola chiudesse per un paio di giorni, ho augurato Buon Onomastico a tutti i colleghi che ho incontrato e alle classi dove sono stato presente.

Ho visto negli occhi di tutti un breve lampo di meraviglia, ma nessuno, dico nessuno, si è mostrato scontento o si è offeso. I più anzi mi hanno ricambiato di cuore l'augurio, quasi con gratitudine perché qualcuno si è ricordato di loro e gli ha fatto capire che erano importanti, e che la loro presenza era una cosa buona.


A quale punto di deserto spirituale siamo arrivati, ho riflettuto, se nessuno ormai si aspetta più niente? O meglio, siamo noi cristiani ad aver dimenticato che il cristianesimo è innanzitutto positività, non moralismo. Un augurio vale più di mille prediche, perché ci sono molti più cuori addormentati che cuori cattivi. E c'è bisogno di risvegliarli.
Giovanni Romano

venerdì 29 ottobre 2010

Il relativismo è scuola di indifferenza verso la vita umana: la "lectio magistralis" dell'Arcivescovo di Denver






Dal sito Catholicnewsagency.com propongo questa riflessione impietosa e coraggiosamente controcorrente dell'Arcivescovo di Denver durante un seminario di studi tenuto in Canada. Certe esperienze d'oltreoceano meritano di essere conosciute anche qui perché la situazione è ormai identica. Buona lettura.



Oggi i giovani hanno perso “il vocabolario morale”,
dice l'arcivescovo Chaput



VICTORIA, Canada, 16 ottobre 2010 / 06:08 (CNA/EWTN News) – Parlando a una conferenza nella Columbia Britannica, l'arcivescovo di Denver Charles Caput ha affermato che i cattolici oggi hanno mancato di trasmettere la fede alla prossima generazione, il che ha avuto come risultato che i giovani hanno perso il loro “vocabolario morale”.

Il prelato di Denver ha pronunciato le sue osservazioni il 15 ottobre durante il seminario “La fede nello spazio pubblico” sponsorizzato dalla Diocesi di Victoria, aprendo il suo discorso con un riferimento al famoso racconto breve di Shirley Jackson “La lotteria”.

Il racconto della Jackson – ambientata nell'America rurale degli anni '40 – racconta la storia di una piccola città che si riunisce ogni anno per implorare una forza senza nome affinché conceda alla gente un buon raccolto di granturco. Ogni anno gli abitanti della cittadina estraggono un pezzo di carta da una scatola di legno per vedere chi sarà scelto per un sacrificio umano. Una giovane madre finisce per estrarre il funesto biglietto nero e viene lapidata dalla comunità come parte del rituale annuale.

Riflettendo sul brano della Jackson, l'arcivescovo Chaput ha citato l'analisi della professoressa Kay Haugaard sul modo in cui nei decenni scorsi i giovani universitari avrebbero reagito con passione al racconto, coinvolgendosi in intensi dibattiti e discussioni in classe.

“Lei ha detto che nei primi anni '70 gli studenti che leggevano il racconto esprimevano shock e indignazione”, ha puntualizzato l'arcivescovo Chaput. “Il racconto provocava dibattiti veementi su argomenti di grande importanza: il significato del sacrificio e la tradizione, i pericoli del pensiero conformista e la cieca obbedienza al capo, le esigenze della coscienza e le conseguenze della vigliaccheria”.

“Ma a partire dalla metà degli anni '90, tuttavia, le reazioni hanno cominciato a cambiare”, ha proseguito l'arcivescovo.

“La Haugaard ha descritto una discussione in classe che – per me – è stata più inquietante dello stesso racconto. Gli studenti non avevano nulla da dire se non che la storia li annoiava. Così la Haugaard gli chiese cosa pensassero sugli abitanti del villaggio che sacrificavano ritualmente uno dei loro per il bene del raccolto”.

“Uno studente, che parlava in tono molto razionale, ha sostenuto che molte culture hanno tradizioni di sacrificio umano”, ha proseguito l'arcivescovo. “Un altro ha detto che la lapidazione potrebbe essere stata parte di 'una religione stabilita da molto tempo' e quindi accettabile e comprensibile”.

Un'altra studentessa ha sollevato l'idea della “sensibilità multiculturale”, dicendo di aver appreso a scuola che “se fa parte della cultura di una persona, ci è stato insegnato che non dobbiamo giudicare”.

“Mi è tornata in mente l'esperienza della Haugaard con 'La lotteria' mentre mi preparavo per questa breve conversazione”, ha spiegato il prelato.

“La nostra cultura ci catechizza ogni giorno. Funziona come acqua che cade goccia a goccia su una pietra, erode le sensibilità morali e religiose, e lascia un buco dove solevano esserci le loro convinzioni”

“L'esperienza della Haugaard”, ha aggiunto, “ci insegna che ci è voluta meno di una generazione perché questa catechesi producesse un gruppo di giovani adulti che non sono più in grado di prendere una posizione morale contro l'assassinio rituale di una giovane donna. Non perché fossero codardi, ma perché hanno perso il loro vocabolario morale”.

“I cristiani nel mio paese e nel vostro – e in tutto l'Occidente, in generale – hanno compiuto un lavoro immenso per trasmettere la nostra fede ai nostri figli e alla cultura in generale”, ha osservato l'arcivescovo Chaput.

“Invece di cambiare la cultura intorno a noi, noi cristiani abbiamo lasciato di farci cambiare dalla cultura. Abbiamo fatto un compromesso troppo al ribasso. Non vedevamo l'ora di assimilarci e di adattarci. E nel processo siamo stati sbianchettati e assorbiti dalla cultura alla quale eravamo stati mandati per santificarla”.

“C'è bisogno che lo riconosciamo ad alta voce, e c'è bisogno che corriamo ai ripari”, ha affermato. “Per troppi di noi, il cristianesimo non è una relazione filiale con il Dio vivente, ma un'abitudine e un'eredità acquisita. Siamo diventati tiepidi nella nostra fede, e ingenui nei confronti del mondo. Abbiamo perduto il nostro zelo evangelico, e abbiamo mancato di trasmettere la nostra fede alla prossima generazione”.

Rinnovare la catechesi cattolica allora, ha aggiunto l'arcivescovo Chaput, “ha poco a che fare con le tecniche, o le teorie, o i programmi, o le risorse. La questione centrale è se noi crediamo davvero o no. La catechesi non è una professione. E' una dimensione di sequela. Se siamo cristiani, siamo chiamati tutti a essere maestri e missionari”.

Tuttavia, ha osservato il prelato di Denver, “Non possiamo condividere ciò che non possediamo. Se gli insegnamenti della Chiesa ci imbarazzano, o se siamo in disaccordo, o se abbiamo deciso che sono troppo difficili per essere vissuti, o troppo ardui da spiegare, allora ci siamo già sconfitti da soli”.

“Abbiamo bisogno di credere davvero in quel che sosteniamo di credere”, ha ribadito. “Bisogna che smettiamo di chiamarci 'cattolici' se non stiamo con la Chiesa nei suoi insegnamenti - nessuno escluso”.

Nelle sue osservazioni conclusive, l'arcivescovo Chaput ha aggiunto che “Se siamo realmente cattolici, o quanto meno se vogliamo esserlo, allora c'è bisogno che agiamo da cattolici con zelo e obbedienza, e il fuoco di Cristo nei nostri cuori”.

“Dio ci ha dato la fede per condividerla. E per questo ci vuole coraggio. Ci vuole una deliberata demolizione della nostra vanità. Quando lo facciamo, la Chiesa è forte. Quando non lo facciamo, diventa debole. Tutto qui”.

Copyright © CNA

Unauthorized transation by
Giovanni Romano

giovedì 28 ottobre 2010

L'ombrellaio, un mestiere irrazionale


Con l'arrivo della cattiva stagione si tirano fuori gli ombrelli, e prima o poi si presenta la necessità di ripararli. Qualche folata di vento che lascia una stecca deformata, il puntale che si piega, un fermo della tela che si stacca, ed ecco che l'ombrello diventa quasi inutilizzabile se non interviene una riparazione.

Il problema è trovare dove ripararli. Gli ombrellai sono praticamente spariti, e solo rarissimamente, non più di una volta all'anno, passa dalle mie parti un ambulante in macchina, che chiama i clienti col megafono. Ma come fa uno che abita al quinto o al settimo piano a precipitarsi in strada nei trenta secondi scarsi che quello resta ad aspettare? Non può certo mettersi a inseguirlo! Va a finire invariabilmente così: l'ambulante passa oltre perché non dà a nessuno il tempo di rispondere, e torna sempre meno perché crede che nessuno abbia bisogno di lui. Un circolo vizioso che ha fatto sparire un mestiere.

Quali possono essere le cause? Probabilmente la nostra abitudine allo spreco e gli affitti troppo alti dei locali che hanno costretto gli ombrellai a diventare girovaghi. Ci potrebbero essere dei rimedi? Forse uno o due: l'ambulante potrebbe usare il megafono per dare un numero di cellulare dove raggiungerlo, o meglio ancora potrebbe lasciare dei volantini con le indicazioni su come contattarlo.

Perché mi occupo di un problema in apparenza tanto marginale? Perché l'ombrello, almeno per me, è un oggetto che ci appartiene più profondamente di molti altri. Quando piove lo sentiamo protettivo più di un impermeabile o di un cappuccio. Ci appartiene anche perché, volenti o nolenti, dobbiamo averne cura e siamo costretti a non dimenticarlo. Il suo aspetto e il suo stile sono un messaggio anche nei confronti degli altri, comunicano a distanza quello che siamo. Quando si guasta o lo dobbiamo buttare, credo che nessuno lo faccia con l'indifferenza con cui si butta via uno stuzzicadenti.

Non dobbiamo infine dimenticare che con la crisi diventa più conveniente ripare che buttare. Del beneficio ambientale, e del cambiamento positivo di mentalità che viene dal rifiutare l'usa-e-getta, non è nemmeno il caso di parlare tanto la cosa è evidente.

Giovanni Romano

Una modesta proposta ai baristi...

Sinceramente non so come facciano i baristi a vivere tutto il giorno con la musica a tutto volume. Forse bisognerebbe condurre degli studi di psicologia e di medicina del lavoro per esaminare le conseguenze di un'esposizione tanto prolungata e incontrollata.

Quello che so è che a me, entro certi limiti, piacciono i posti animati e pieni di vita. Si fanno tante lodi del silenzio ma, nella mia vita almeno, il silenzio ha significato solo il vuoto, il deserto affettivo o l'abbandono delle persone alle quali ho voluto bene.

Ma una cosa è l'animazione spontanea di una compagnia, un'altra è il chiacchiericcio interminabile della radio o peggio ancora della TV. Per questo proporrei a qualche barista coraggioso di istituire dei locali "radio/TV-free" dove dovrebbe esserci posto solo per le voci umane, o al massimo per la musica dal vivo. Locali del genere dovrebbero già essere presenti soprattutto al Nord. Chissà cosa succederebbe se ci liberassimo dalla paura nevrotica non del silenzio, ma di ascoltarci come veramente siamo.

Giovanni Romano

sabato 11 settembre 2010

BBC: Dai cattolici adulti ai cattolici per soli adulti...


Dal sito http://www.catholicnewsagency.com/

Il Cardinale O' Brien accusa la BBC di cercare di “umiliare” il Papa, e dice che è tempo di nominare un direttore per le trasmissioni religiose

LONDRA, 6 settembre 2010 / 09:02 am (CNA/EWTN News) – Il cardinale Keith O' Brien, la massima autorità cattolica in Scozia, ha accusato domenica la BBC di essere contaminata da “una mentalità radicalmente secolarista e socialmente libertina”. Poi il prelato ha aggiunto che l'ente pubblico diretto da Mark Thompson, un cattolico 52enne educato dai gesuiti, dovrebbe nominare immediatamente un direttore per le trasmissioni religiose.

Il Cardinale O' Brien, che è arcivescovo di St. Andrews e di Edimburgo, ha accusato anche la BBC di tramare un “colpo gobbo” ai danni del Vaticano in un documentario sugli abusi sessuali dei sacerdoti in occasione della visita di Papa Benedetto XVI in Gran Bretagna.

“Questa settimana il direttore generale della BBC ha ammesso che l'ente ha mostrato 'pesanti pregiudizi' [bias] nella copertura politica per tutti gli anni '80, riconoscendo l'esistenza di una parzialità [bias] politica istituzionale”, ha detto il Cardinale.

“La nostra dettagliata ricerca sulla copertura giornalistica della BBC sul cristianesimo e in generale e sul cattolicesimo in particolare, assieme a un'analisi sistematica di quanto ha pubblicato la Chiesa cattolica, ha rivelato una costante parzialità istituzionale anticristiana”, ha aggiunto.

Come prova, il Cardinale O' Brien indicato il declino del 15 per cento della programmazione religiosa nel corso degli ultimi vent'anni. Inoltre, ha aggiunto, fonti interne alla BBC hanno ammesso in privato che nell'emittente esiste una intolleranza culturale contro il cristianesimo.

“Alcuni capiservizio hanno ammesso alla Chiesa cattolica che una mentalità radicalmente secolarista e socialmente libertina pervade le loro redazioni. Questo macchia tristemente il modo in cui la BBC dà notizia delle questioni religiose, particolarmente nelle questioni che riguardano la fede cristiana”.

L'arcivescovo di Edimburgo ha espresso la sua preoccupazione che la BBC userà un documentario che sarà trasmesso prossimamente, intitolato “Benedetto – Processo a un Papa” (1) per “umiliare il Pontefice in coincidenza con la sua visita in Gran Bretagna”. Il programma è stato creato da Mark Dowd, un ex frate domenicano omosessuale, e andrà in onda il 15 settembre [La visita del Papa comincerà il 16 settembre, N.d.T.].

Il Cardinale si è unito al recente appello della Chiesa d'Inghilterra affinché la BBC nomini un direttore all'informazione religiosa per affrontare il problema del declino e della parzialità dell'informazione religiosa.

La BBC ha immediatamente respinto le critiche del Cardinale O' Brien sul suo modo di fare informazione religiosa. Una portavoce ha detto al Telegraph che “il dipartimento cronaca e affari interni della BBC ha un corrispondente religioso a tempo pieno”.

Infatti, l'anno scorso la BBC ha nominato il sig. Aaqil Ahmed come capo delle trasmissioni religiose, il primo musulmano a raggiungere quella posizione.

Nondimeno Roger Bolton, che presenta la trasmissione “Feedback” di Radio 4, ha detto agli inizi di quest'anno in una cerimonia di premiazione a Londra che la prospettiva religiosa è stata spesso “assente in modo sconcertante” sia nelle trasmissioni che dietro le quinte delle discussioni di redazione.

“La BBC Television, a differenza della BBC Radio, sembra essere nelle mani dei secolaristi e degli scettici, che considerano la copertura delle notizie religiose come un obbligo alquanto seccante da minimizzare il più possibile anziché un'area ricca e promettente da esplorare”, ha detto Bolton.

Ha notato inoltre che Aaqil Ahmed aveva uno stato di servizio di prim'ordine a Canale 4, ma che alla BBC il suo “campo da gioco” era “più simile a un cortile da pallamano che a uno stadio di calcio”.

Bolton ha aggiunto che la BBC News dovrebbe nominare un direttore delle trasmissioni religiose con anzianità e di prestigio paragonabili al caposervizio agli affari economici Robert Peston, così da apparire in prima fila nei suoi bollettini radio e TV.

“La BBC News ha bisogno di un direttore delle trasmissioni religiose in grado di apparire sui media per interpretare i più recenti sviluppi religiosi in patria e all'estero, ma ancor più per introdurre un punto di vista religioso su una vasta gamma di questioni come gli affari esteri e i dilemmi medici dove questa prospettiva è tanto spesso assente, e in modo così sconcertante”, ha dichiarato Bolton.

Copyright © CNA
http://www.catholicnewsagency.com/

Unautorized translation by
Giovanni Romano

(1) Il titolo originale è volutamente ambiguo: “Benedict - The Trials of a Pope”. In inglese, “Trial” può significare tanto “processo” quanto “prova, tribolazione”. Non c'è dubbio però a quale dei due significati faccia riferimento la BBC. [N.d.T.]

domenica 5 settembre 2010

Presentazione del libro "Un Anno alla finestra" di Gianfranco Amato


Sabato 4 settembre ho presentato alla libreria "La Maria del Porto" di Trani il libto dell'avv. Gianfranco Amato "Un anno alla finestra". Ecco la foto della serata, arricchirò quanto prima il post coi miei commenti. Questo è il mio discorso di presentazione:




Buonasera a tutti. E' per me un grande onore, e anche – lo confesso – un'emozione non da poco prendere la parola in questa sala che ha ospitato autori, scienziati, docenti universitari, artisti di rilievo nazionale e internazionale. Devo ringraziare particolarmente la disponibilità cordiale e senza riserve della Signora Rosanna Gaeta, che Voi tutti conoscete, e che stasera ci permette di affrontare un dibattito di scottante e controversa attualità. Ma prima d'introdurre brevemente il libro consentitemi d'introdurre l'autore, al quale mi lega un profondo rapporto di amicizia e di stima da molti anni. Se questo andrà a discapito dell'obiettività della presentazione lo lascerò giudicare a voi, anche se penso che questo ambiente pacatamente laico fornirà un pubblico informato per dibattere le tesi che verranno illustrate.

Ho conosciuto l'Avvocato Gianfranco Amato negli anni '90 quando insegnavo Diritto ed Economia in provincia di Grosseto, ed è per me non solo un grande amico ma anche un esempio di dinamismo, determinazione, coerenza cattolica e rigore intellettuale, L'Avvocato Amato è nato a Varese nel 1961 e si è laureato in Giurisprudenza presso l'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Collabora con “Avvenire”, “IlSussidiario.net”, “L'Occidentale” e altre testate giornalistiche. E' presidente dell'associazione “Scienza & Vita” di Grosseto, di cui è stato socio fondatore. E' membro e consulente legale dell'organizzazione britannica CORE (Comment on Reproductive Ethics) con sede a Londra, per conto della quale collabora in diverse azioni legali su tematiche bioetiche. E' rappresentante per l'Italia dell'organizzazione Advocates International.

Di fronte a una persona così impegnata, il titolo del libro può suonare paradossale. Chi s'impegna in tante attività e si espone a tante controversie fa tutto tranne che stare alla finestra! Ma questa espressione non ha nulla a che vedere col disimpegno, come chiarisce lo stesso Autore nell'introduzione: “L'idea della finestra (...) si ricollega, in realtà, a una felice immagine utilizzata da Mons. Luigi Giussani: 'La libertà non è l'attività che l'uomo svolge prendendo se stesso come misura di tutte le cose, come spazio in cui essere padrone, ma una finestra spalancata su una realtà che non ha mai finito di essere inquisita, in cui l'occhio penetra sempre più'. La finestra è la ragione che, illuminata dall'intelligenza della Fede e libera dalla schiavitù del preconcetto ideologico, riesce a guardare, osservare, valutare, interpretare e giudicare la realtà”.

Questo non è un libro scritto per lasciare alla finestra chi lo legge. E' la raccolta degli editoriali scritti dal Dott. Amato nell'arco di un anno, dal marzo del 2009 al marzo del 2010, su temi quali l'aborto, l'eutanasia, le manipolazioni genetiche, l'avanzata dell'omosessualismo, la sempre crescente discriminazione dei cristiani in Europa e la parallela preponderanza dell'islam, la “creatività” di certe sentenze che aggirano le leggi a difesa della vita umana o impongono una cultura laicista, più che laica. Senza dimenticare l'Italia, cui sono dedicati alcuni drammatici articoli sul caso Englaro o sull'uso politico della giustizia, il punto di osservazione privilegiato è l'Inghilterra, che in questo momento si può definire, secondo l'espressione di Papa Giovanni Paolo II, “l'epicentro geopolitico della cultura della morte”. Attraverso l'analisi puntuale e documentata di quello che avviene laggiù, l'Avvocato Amato mostra impietosamente i limiti e le aberrazioni di una cultura dove è ammesso qualsiasi punto di vista tranne quello cristiano, dove la common law e la sovranità dello stato vengono progressivamente erose dal diffondersi dei tribunali islamici, dove ci si sbarazza dei feti come rifiuti ospedalieri ma si minaccia di morte chi ha fatto del male a una gatta, dove si organizzano grandi campagne mediatiche per salvare le balene ma si fa aperta propaganda per imporre l'aborto di massa ai paesi del Terzo Mondo perché i bambini “aggravano l'effetto serra”. Può succedere anche qui, anzi si vuole deliberatamente che succeda anche qui.

A me, devo dire la verità, questo libro ha richiamato alla mente, su scala ovviamente molto diversa, le Lettere persiane di Montesquieu. Come il filosofo illuminista francese aveva messo a nudo le assurdità, le iniquità e le contraddizioni dell'ancien régime attraverso gli occhi di un estraneo, che si presumeva libero da pregiudizi, così il Dott. Amato ci mostra la realtà con uno sguardo che probabilmente siamo ormai disabituati a usare, lo sguardo di un credente, cioè di chi ormai viene considerato un estraneo da una certa mentalità laicista. Non per niente già il poeta T. S. Eliot aveva parlato della Chiesa come della “Straniera” e non per niente già dagli anni '40 George Orwell aveva dato per scontato che molte persone, sentendo la parola “Dio”, provavano “un senso di raggelato disgusto”. A tal punto la fede è stata scissa dalla ragione

Lo sguardo dell'Autore ci costringe a prendere atto di ciò che forse non vorremmo vedere, come ad esempio i disagi e le difficoltà impreviste – e molto spesso taciute – che comporta la società “multiculturale”; ci rivela i costi umani di tanti nuovi “diritti umani”, come ad esempio il disagio dei bambini che si trovano a essere adottati da coppie omosessuali o che vivono il trauma del divorzio dei propri genitori; il cinismo, la solitudine e i gravi pericoli che si nascondono dietro l'espressione “morte dignitosa”; ci rivela l'impoverirsi progressivo dei rapporti umani dove per legge si cominciano a cancellare le parole “padre” e “madre”, perché con la fecondazione artificiale e il matrimonio omosessuale non hanno più significato; ci rivela lo svuotamento del tempo dov'è cancellato il Natale. Se qualcuno di voi pensa che io stia esagerando, in primo luogo ascolti l'Autore, e poi prenda nota di due fatti. Primo, dai nostri telegiornali sono silenziosamente scomparse le parole “marito” e “moglie” sostituite sistematicamente da “compagno” e “compagna”, quasi che un impegno di vita come il matrimonio non avesse più rilievo. Secondo, questa sera alle 22,30 a Bisceglie Magdi Cristiano Allam presenterà il suo libro “Grazie Gesù” nel quadro dell'iniziativa “Libri nel borgo antico”. Il GR Puglia di ieri alle 12,00 ha dato notizia della presentazione di tutti gli altri libri ma di questo ha taciuto. Sono episodi che dovrebbero farci riflettere e sui quali vi prego di riflettere.

Vi ho dato un elenco molto sommario degli argomenti e degli spunti che il libro contiene, l'Autore li svilupperà a fondo. Ma non posso esimermi dal porgli io stesso alcune domande. Cosa è successo alla nostra coscienza? Il cristianesimo, specialmente se ha incidenza a livello pubblico, è diventato semplicemente un'imposizione o un'anticaglia di cui sbarazzarsi? E' solo un ostacolo sul percorso di una società relativista e “multiculturale”? Quali dimensioni della persona va a toccare l'appartenenza cristiana, tanto da mettere profondamente a disagio chi non l'accetta? Se andrà perso il cristianesimo, cosa succederà all'uomo? E se si ammette invece la dignità culturale di una posizione religiosa, a quale livello si può dialogare con i laici?

Buon ascolto.
Giovanni Romano

lunedì 30 agosto 2010

Una gatta nel cassonetto, gli embrioni nel WC e altri orrori

Non sono mai molto preciso nelle mie citazioni, ma senz'altro ricorderete che due o tre giorni fa il TG2, ormai specializzato nell'animalismo politically correct, ha riportato una storia tanto stupida quanto sconcertante avvenuta – manco a dirsi – in Inghilterra.

Una donna ha buttato la gatta dei vicini nel cassonetto dell'immondizia. Ripresa dalle telecamere di sorveglianza, il video ha fatto il giro del mondo su Youtube e contro di lei si è sollevato un vero uragano di rabbia e di odio. Alla donna sono arrivate numerosissime proteste e gravi minacce di morte, tanto che gli stessi proprietari della gatta hanno dovuto lanciare un pubblico appello alla calma.

Questa vicenda lascia esterrefatti, e per molte ragioni. La prima, ovviamente, è l'assoluta sventatezza della colpevole, che ha dichiarato di aver agito "solo per scherzo". Già questa stupidità è il sintomo inquietante di una diseducazione al rispetto e alle conseguenze delle proprie azioni. Ma ancora più inquietanti sono gli altri particolari che la vicenda ha messo in luce.

Il primo sono le telecamere di sorveglianza. L'avvertimento di Orwell è caduto completamente nel vuoto, e proprio nel suo paese natale. L'Inghilterra oggi è di gran lunga il paese più spiato al mondo, il che non ha impedito gli attentati di Londra. Cosa ci facevano delle telecamere puntate persino sulla spazzatura? Forse c'era accanto qualche banca o qualche ufficio di pubblico interesse, ma può darsi che il loro compito fosse proprio quello di sorvegliare chi buttava i rifiuti, magari per multare chi non si atteneva ai sacri canoni della raccolta differenziata. E già questa intrusione è abbastanza antipatica.

Ma molto più grave è stata la reazione violentissima, ben oltre i limiti dell'isteria, contro la donna. Un paese come l'Inghilterra ha completamente stravolto le categorie dell'umano. Qualche anno fa, nessuno reagì quando un medico dichiarò di essersi sbarazzato di alcuni embrioni umani buttandoli nel WC, mentre migliaia hanno reagito come un sol uomo – anzi come una sola bestia – quando è stata la vita di un animale a trovarsi in pericolo. Leggi severissime tolgono la libertà di sollevare anche la miminma critica al comportamento omosessuale, ma gli obesi sono diventati i nuovi paria, trattati con metodi che definire discriminatori e terroristici è poco. Si spendono somme enormi per salvare le balene e si incoraggiano attivamente gli aborti nei paesi del Terzo Mondo. Non parliamo poi delle discriminazioni contro i cristiani di cui ho dato e darò ampio conto in questo blog.

Cosa ci fa capire tutto questo? Prima di tutto, che il sentimentalismo è l'altra faccia della crudeltà. Io amo molto i gatti e la stupidità di quella donna indigna anche me, ma le avrei rifilato un bel calcio nel sedere e non se ne sarebbe parlato più. Arrivare alle minacce di morte per una gatta "puzza" di scarico di coscienza nei confronti di ingiustizie e di delitti ben più gravi contro i quali non si ha il coraggio di protestare.

In secondo luogo, anche nella società apparentemente più "tollerante" e "illuminata" circola una quantità di rabbia, di odio, di voglia di discriminare, che aspetta solo l'occasione opportuna per manifestarsi, e cerca solo un soggetto che sembra indifeso e debole. Mai come nel caso dell'Inghilterra si è visto che l'odio e la discriminazione non scompaiono, ma cambiano solo bersaglio. Non è stata una lezione di civiltà quella che è emersa dall'episodio della gatta, se mai il contrario. La donna ha buttato nel cassonetto la dignità dell'uomo, e quelli che l'hanno minacciata hanno gettato via la loro intelligenza.

Giovanni Romano

venerdì 27 agosto 2010

La fabbrica dei furbi

La rubrica “Costume & Società” di RAI 2 ha mostrato i risultati di una ricerca canadese in base alla quale i bambini che dicono le bugie sarebbero più intelligenti di quelli abitualmente più sinceri. Questo perché inventare bugie costringe la mente a uno sforzo maggiore e a lavorare di più rispetto che attenersi “banalmente” alla verità.

La premessa ovvia è ammettere che sì, effettivamente i bambini sono dei gran bugiardi, e non solo loro. Tutti siamo stati bambini, tutti abbiamo imparato a mentire a mamma e papà per difenderci dalle punizioni, per vergogna o semplicemente per capriccio. E questa abitudine alla bugia, a quanto pare innata secondo quella stessa ricerca (che non si rende conto di aver dato in questo modo una grossa conferma al peccato originale), ce la porteremo fino alla tomba, fino all'estrema vecchiaia di chi ci arriverà. Da questo punto di vista, è inutile scandalizzarsi più di tanto. La ricerca non è contestabile a questo livello, ma nelle conclusioni che ha preteso di trarre.

La prima obiezione è relativa al milieu. “Dimmi dove fai ricerca e ti dirò chi sei”. Lo studio proviene da un ambiente assolutamente a-morale quale quello dell'empirismo anglosassone, per il quale le categorie di bene e di male, di vero e di falso non hanno né consistenza, né significato né legittimità. L'unica categoria ammessa, seguendo Popper, è quella della falsificabilità. Ma dietro questo criterio si nasconde il dogma ben più granitico del'efficacia. I bambini bugiardi “funzionano” meglio di quelli sinceri perché, evidentemente, raggiungono più facilmente i loro scopi rispetto agli altri.

C'è proprio da crederci, perché il più delle volte, per non dire tutte le volte, chi mente ha già uno scopo rispetto a chi si limita a constatare la realtà così com'è. La bugia non è tanto uno sforzo creativo quanto manipolativo dell'altro. E anche il concetto di “creatività” sbandierato con tanta soddisfazione sia dai ricercatori canadesi che dagli ingenui genitori intervistati merita di essere sottoposto a una severa critica. Cosa c'è, infatti, dietro questa “creatività”? Tramite la bugia o s'inventa qualcosa che non esiste, oppure si nega qualcosa che esiste. In entrambi i casi non si crea nulla di veramente nuovo. La bugia non arricchisce il mondo perché alla fine dei conti non ha aggiunto nulla al mondo, se mai ha nascosto qualcosa che si poteva o si doveva scoprire. Nella migliore delle ipotesi, ha fatto solo perdere tempo. Valeva la pena d'impiegare tanta intelligenza per approdare al niente?

Anche il concetto di “intelligenza” come lo intendono i ricercatori merita di essere discusso. Che cos'è un'intelligenza che non arretra di fronte al falso? Qui ovviamente non faccio una predica ai bambini ma a chi vuole dissuadere dal correggerli. Nel racconto di E. A. Poe La lettera rubata c'è un commento illuminante a questo proposito. Commentando l'acutissima intelligenza del ministro D., che ha tenuto in scacco per mesi tutta la polizia di Parigi con uno stratagemma tanto semplice quanto geniale, l'investigatore Dupin nota che “Egli è il vero monstrum horrendum, l'uomo di genio senza principi”. Un'intelligenza del genere può diventare un'arma pericolosissima contro gli altri, o semplicemente uno strumento sofisticato per giustificare il proprio cinismo o la propria vigliaccheria. Stiamo attenti a lodare chi è soltanto intelligente.

Giovanni Romano

mercoledì 28 luglio 2010

Quando la "scienza" è solo cieca sufficienza...

Qualche giorno fa ascoltavo su Radio 3 un'intervista con la dott.ssa Elena Cattaneo, che senza contraddittorio alcuno parlava della "libertà di ricerca", dove con questo termine s'intendeva, ovviamente, la sperimentazione occisiva sugli embrioni. Concludeva poi con un appello ai giovani ricercatori "perché abbiano il coraggio di dissentire e di pensare con la propria testa". Quando penso con che livore e con che disprezzo si era scagliata contro i giovani ricercatori che avevano dissentito DA LEI perché le avevano semplicemente chiesto se l'embrione fosse vita umana o no, ho capito che si trattava solo di vuota retorica al servizio di un'ambizione autoreferenziale.
Giovanni Romano

giovedì 22 luglio 2010

Corato: Pista ciclabile o riserva indiana?


Come tutto il Sud, la Puglia è sempre stata in ritardo per quanto riguarda la cultura della bicicletta. Basti pensare a che fine ha fatto il velodromo di Monteroni (LE), una vera e propria cattedrale nel deserto, ormai in totale abbandono perché sul territorio mancava una rete di società sportive che volessero o potessero utilizzarlo. Si parlò addirittura di costruirne un altro a Corato, la mia città. Sarebbe stato un inutile doppione che avrebbe fatto la stessa fine di Monteroni, e uno spreco scandaloso di denaro pubblico, solo perché a quell'epoca Corato aveva un consigliere nazionale nella Federazione Ciclismo del CONI Il solo fatto di discuterne fece perdere tempo prezioso per realizzare impianti sportivi più realisti e più adeguati alle nostre necessità.

Corato, in realtà, si presta bene alla bicicletta. Pur essendo pianeggiante e quindi adatto a un uso della bici come mezzo di trasporto e non solo da passeggio, da noi questa mentalità ancora non esiste. Si prende l'auto anche per fare poche centinaia di metri (e poi ci lamentiamo per la crescente obesità!. Parecchi anni fa si videro molti giovani e ragazze in bicicletta durante l'estate, ma non fu altro che una moda.

Un'apparente inversione di tendenza potrebbe essere la pista ciclabile realizzata ai primi di luglio dall'amministrazione comunale lungo tutto il doppio anello dell'Estramurale e del Corso, nonché su alcune vie principali che li collegano. Eccone un esempio nella fotografia in alto.

A Corato si è scelta una pista ciclabile “soft”, non come a Trani dove è stata pesantemente “blindata” con massicci muretti in cemento, e anche gli itinerari sono più razionali, perché non sono finalizzati esclusivamente alle passeggiate, al fitness o al panorama, bensì mettono in grado i ciclisti di raggiungere effettivamente gran parte della città.

Tuttavia le proteste non sono mancate, soprattutto da parte dei negozianti che si affacciano dal lato pista, e che da un giorno all'altro si sono visti diminuire la clientela perché le macchine non possono più parcheggiare di fronte a loro. Già a qualche giorno dopo l'inaugurazione della pista le invasioni da parte di macchine in sosta sono state numerosissime, specialmente nelle vicinanze dei supermercati. La scelta di realizzare la pista ciclabile, poi, non sarà stata dettata da reale interesse per le due ruote, ma più probabilmente dalla necessità di non perdere i finanziamenti per la realizzazione dell'opera.

Il problema vero è: opere del genere promuovono realmente l'uso della bicicletta come mezzo di trasporto quotidiano? Forse sì, perché nei trasporti è l'offerta del servizio che spesso crea la domanda: più treni pendolari ci sono, ad esempio, e più gente prenderà il treno e lascerà a casa l'auto (per questo i tagli alle FS sono assurdi). Analogamente, si sono cominciate a vedere più biciclette che si avventurano lungo la pista ciclabile non appena è stata creata. Tuttavia il progetto ha dei difetti, e forse un errore d'impostazione fondamentale.

Il primo difetto è la mancanza di protezione che mette in pericolo i ciclisti. Il secondo è che la pista ciclabile è a doppio senso di circolazione su strade a senso unico, così che spesso i ciclisti si trovano a pedalare in controsenso rispetto al traffico, e non è facile per loro passare da una parte all'altra della carreggiata, soprattutto sull'Estramurale, La questione di fondo, però, è chiedersi se sia opportuno relegare il traffico ciclistico entro una “riserva indiana” di piste piuttosto strette e non molto sicure. Probabilmente questo è necessario come obiettivo di breve periodo, data la totale ineducazione degli automobilisti, ma l'obiettivo di lungo periodo dovrebbe essere quello d'incoraggiare la gente a usare di meno l'automobile e a spostarsi di più in bici lungo le strade normali, che con meno veicoli diventerebbero comode come le autostrade, senza bisogno di alcuna modifica. E' un'utopia, lo so. Probabilmente auto e bici non possono convivere e dovremo accontentarci delle “riserve indiane”. Ma io continuo a sperare che questa pista ciclabile, con tutti i suoi difetti, almeno cominci a diffondere la mentalità di un uso normale e quotidiano della bici. E se questo succederà, una volta tanto non saranno stati soldi sprecati.

Giovanni Romano

lunedì 31 maggio 2010

Manovra - Le occasioni perdute

La manovra economica ha destato, comprensibilmente, le proteste dell'opposione e dei ceti interessati. Particolarmente penosa la figura del ministro Bondi, che dopo scontri particolarmente aspri con l'"intellighentsia" nostrana, tutta allineata e coperta a sinistra, si è ritrovato "esautorato" all'interno dello stesso governo. In questo modo ha fatto la figura della marionetta nel Pdl senza guadagnarsi la stima dell'opposione, se mai il contrario.

Da qualche parte bisognava pur tagliare, ma ancora una volta il governo ha ripetuto l'errore storico della Democrazia Cristiana: aver totalmente sottovalutato la cultura e averne lasciato il monopolio a un'opposizione sempre più conformista e prevedibile. Eppure c'erano talenti da valorizzare, studi da pubblicizzare, ricerche da compiere per strappare il nostro paese dalla cappa di piombo del politically correct. Figure coraggiose come quella del regista Martinelli ("Il mercante di pietre") sono lasciate completamente sole. Il film "Katyn" di un regista della statura di Wayda è stato proiettato solo in otto, dicesi otto sale in tutta Italia! E dalla mattina alla sera sentiamo la sinistra che strilla alla censura! Se non si è disposti a combattere a viso aperto queste mistificazioni investendo in un pensiero alternativo, è inutile stracciarsi le vesti per "Draquila"!

Dall'altra parte una brutta figura l'hanno fatta i magistrati. E' chiaro che la proposta governativa di un taglio agli stipendi è un provvedimento apertamente punitivo, anche se questo andrebbe a colpire le indennità dei parlamentari che sono legate appunto alle retribuzioni dei magistrati. Tuttavia mi è dispiaciuto vedere le toghe difendere tanto accanitamente i propri stipendi e non chiedere, come tante volte hanno fatto, che vengano assegnati più fondi e strutture agli uffici giudiziari, anche a costo d'investirvi i risparmi nelle proprie retribuzioni. Capisco che è un sacrificio duro, ma se l'avessero almeno chiesto sarebbero stati un grande esempio per il resto del paese.

Giovanni Romano

domenica 30 maggio 2010

La vita artificiale e la SS. Trinità

Oggi è la festa della SS. Trinità, e stranamente pensavo a cosa c'entra questa festa con la scoperta della cellula artificiale. Se l'uomo avesse davvero in pugno la creazione della vita (anche se si tratterebbe solo di "montare" elementi già esistenti, non di creare dal nulla, e questa non è una differenza di poco conto, come vedremo tra breve) allora Dio sarebbe superfluo perché avrebbe perso l'unica qualifica che Lo definisce realmente come tale: il creatore, la causa di tutto. Il sogno avvelenato di Prometeo sarebbe finalmente realizzato: scacciare gli dei e sedersi al loro posto.

Tuttavia c'è un altro aspetto che i positivisti a oltranza credo non prendano nemmeno in considerazione. L'uomo può programmare le creature che gli servono, ma può anche amarle? Si può amare un essere che non potrà dare nulla più di quanto gli è stato inserito, e dunque già noto? Se poi quella creatura serve per uno scopo e non è creata perché semplicemente esista, l'uomo-demiurgo non finirà per ritrovarsi prigioniero di un mondo dove non può accadere assolutamente più nulla?


E forse ho capito il valore straordinario della Trinità. Un Dio che fosse rigorosamente Uno, assolutamente solo, non potrebbe essere altro che un Dio di potere, e non amerebbe le sue creature. Al Dio cristiano invece non è bastato esistere per se stesso. In modo incommensurabilmente profondo ha voluto essere Più di Uno, ha voluto che lo scambio d'amore cominciasse da Sé. E solo così ha potuto creare liberamente delle creature che potessero amarLo.

Giovanni Romano

domenica 25 aprile 2010

Dopo lo scontro Fini-Berlusconi

Il motto di Berlusconi dovrebbe essere "meglio soli che male accompagnati". Meglio soli che con chi continuamente ti pugnala alle spalle, e a differenza di Mussolini ordisce e non ardisce (a dire il vero, ordiva un bel po' anche il Duce).

Il problema non è l'identità della corrente di Fini, che si è piegato nella maniera più vergognosa al "politically correct" e ai poteri forti (le intese con le banche e Montezemolo). Il problema è l'identità della grande maggioranza del PdL che in Fini non si riconosce.

Che cosa vuole essere un partito come il PdL? Vuole difendere la vita e la famiglia, a differenza di Fini e del suo cinico voltafaccia contro la legge 40, e delle sue "aperture" ad altre pseudofamiglie? Vuole essere un partito non ostile alla Chiesa, a differenza di Fini che l'accusò del tutto strumentalmente di silenzio sulla Shoah (proprio lui, figlio di un partito che la promosse!). Vuole essere un partito con gli occhi aperti su un'immigrazione-invasione che nemmeno si preoccupa di condividere il nostro modo di vivere e i nostri valori?

Ecco perché è perfettamente inutile che Fini e i suoi strillino all'"autocrazia" nel PdL quando la divergenza di opinioni è così profonda e radicale. Non si può convivere se si hanno idee che portano a conclusioni tanto diametralmente opposte.

Giovanni Romano

mercoledì 31 marzo 2010

La sommessa bellezza della democrazia reale

Sono andato a votare domenica pomeriggio, subito dopo pranzo. In quel momento era tutto incantevolmente tranquillo, sembrava già primavera inoltrata, con il sole dorato e le ombre nette, con gli uccellini che cinguettavano nel giardino della scuola dopo un duro inverno, e niente "amici" in agguato fuori dal seggio, che si ricordano di te solo quando si vota.

Nell'ingresso, due poliziotti e un vigile urbano seduti al tavolo, di fronte a un televisore che guardavano "Domenica In" mentre cantava la belloccia di turno, e chiacchieravano dei fatti loro. Nella mia sezione, il presidente e gli scrutatori tutti cortesi e disponibili. Votare, salutare tutti e uscire è stata una faccenda di cinque minuti. E poi di nuovo a casa.

Proprio niente di speciale, ma ho visto come dovrebbe essere veramente la democrazia, e come vorrei che fosse. Una faccenda semplice, quotidiana, senza retorica. Ci sarà democrazia in Italia non perché tanti ne parlano dai comizi o dai talk shows, ma fino a quando i poliziotti all'ingresso resteranno a guardare "Domenica In" e a chiacchierare dei fatti loro perché non c'è pericolo che succeda niente. Lo diceva in modo insuperabile Ernest Bevin : "La libertà è sapere che quando suonano alla porta di casa è il lattaio".

Giovanni Romano

lunedì 22 marzo 2010

Obama e la malafede della RAI

"Si può costruire un palazzo di cristallo sul cadavere di un bambino?"
FJODOR DOSTOJEVSKIJ

Alla fine Obama ce l'ha fatta. E' riuscito a ottenere la sua riforma sanitaria anche contro un'opinione pubblica non precisamente schierata a suo favore. Non voglio discutere qui se si tratti di una riforma giusta o meno, opportuna o meno. Quello che m'interessa è far notare la grossolana manipolazione operata dai TG RAI quando hanno riportato la notizia.

Al momento dell'ultimo voto, quando il progetto di legge è stato approvato, l'aula della Camera dei Rappresentanti si è spaccata in due. I democratici hanno applaudito, mentre dai repubblicani sono venute grida di "Baby killers! Baby killers!". I TG RAI hanno tradotto semplicemente con "Assassini!", ma quel che hanno gridato esattamente i repubblicani è: "Assassini di bambini!", in riferimento al finanziamento federale dell'aborto che questa legge introduce.

La RAI e i giornali "laici" non sono certo nuovi a questo tipo di censura. Ad esempio, quando si parla di una riuscita terapia a base di cellule staminali, si omette scrupolosamente di aggiungere che si tratta di cellule staminali adulte. Quelle embrionali non sono mai state trovate utili per nessuna cura, ma tant'è: tutto fa brodo pur di diffondere consapevolmente una mistificazione.

E poi mi vengono a dire che è Berlusconi a censurare le notizie.

Giovanni Romano

domenica 21 marzo 2010

"Ci fidiamo di Cota, non ci fidiamo dell'UDC". Piemonte: il nuovo manifesto di Alleanza Cattolica

Non sono piemontese e nemmeno leghista, ma qui è in gioco un conflitto di culture e di elementare coerenza cattolica, di cui l'UCD si è fatta beffe in modo spregevole. Particolarmente significativo il richiamo a non farsi incantare dalla sterile, legalistica "onestà" delle "brave persone" che finiscono per sostenere politiche aberranti e inumane.


Ci fidiamo di Cota, non ci fidiamo dell’UDC

Rafforzati da un contatto quotidiano con i candidati e con i piemontesi che hanno seguito con passione la campagna “Alleanza per Cota” di Alleanza Cattolica, ribadiamo con ancora maggiore convinzione l’invito ai cattolici a votare Roberto Cota:

– perché sui valori non negoziabili della vita, della famiglia, della scuola il suo programma è in sintonia con quanto ci sta a cuore come cattolici, mentre la Bresso è per la banalizzazione dell'aborto, per il matrimonio omosessuale, per tagliare i sostegni alle scuole non statali;

– perché il programma di Cota sull'immigrazione è moderato e ragionevole, mentre il Piano Bresso sugli immigrati non protegge dai clandestini, non tutela i piemontesi e prende dalle tasche dei contribuenti quattro milioni di euro all’anno per ambigui carrozzoni regionali;

– perché Cota ha costantemente dimostrato il suo sostegno ai valori non negoziabili in Regione, in Parlamento e in campagna elettorale, mentre la Bresso ancora nelle ultime settimane ha firmato per la vendita in farmacia della pillola del giorno dopo senza ricetta e si è dichiarata “assolutamente d’accordo” con il matrimonio fra due lesbiche “celebrato” a Torino dal sindaco Chiamparino.

Alcuni ci chiedono che cosa pensiamo della posizione dell’UDC. Per quanto nell'UDC ci siano certamente brave persone, pensiamo come cattolici di non potere in alcun modo sostenere l’UDC:

– perché chi fa la croce sull’UDC vota automaticamente il listino della Bresso, che comprende personaggi come Vincenzo Chieppa, segretario dei Comunisti Italiani che inneggia a Cuba e alla Corea del Nord, offre assistenza a chi stacca i crocefissi dalle aule scolastiche e sul suo sito offende il Papa e la Chiesa;

– perché chi fa la croce sull’UDC vota automaticamente la Bresso, le cui posizioni in materia di aborto, eutanasia, unioni omosessuali sono inaccettabili e sono al centro del suo programma;

– perché chi fa la croce sull’UDC sostiene una dirigenza dell’UDC che in Piemonte diffama il cattolico Cota accusandolo in modo assurdo di essere un adepto di “riti celtici del dio Po” e presentando in modo distorto le posizioni di Cota sull’immigrazione, che sono invece rispettose sia dei veri diritti degli immigrati regolari sia dell’identità cristiana delle nostre terre. Questa dirigenza afferma che la Bresso ha sottoscritto con l’UDC un impegno a difendere “la vita e la salute”, ma non spiega che per la Bresso quella dell’embrione o dei disabili come Eluana Englaro non è vita, e che la salute per lei comprende l’aborto. Racconta pure che grazie all’UDC la Bresso ha escluso dalla sua coalizione Rifondazione Comunista e Comunisti Italiani, che invece gli elettori troveranno regolarmente sulla scheda tra le liste coalizzate con la Bresso con tanto di falce e martello, in strana compagnia con lo scudo crociato dell’UDC, e del resto insieme anche alla lista Bonino-Pannella.

L’invito dunque non cambia: resistendo alle sirene dell’astensione, del voto alle “brave persone” che ignora i principi e i programmi, e ai falsi “patti” con la Bresso che hanno il solo scopo di creare confusione, per la vita, per la famiglia, per la libertà di educazione, per una politica realistica dell’immigrazione votiamo Roberto Cota.

Torino, 18 marzo 2009 Alleanza Cattolica Seguici su www.alleanzapercota.org

mercoledì 10 marzo 2010

Il Popolo Felice della Grande Brutopia

"C'è un paese dove avviare un'attività imprenditoriale è più complicato che nello Yemen, dove il rilascio di un permesso per costruire la sede di un esercizio commerciale è più oneroso che in Kazakistan, dove registrare una proprietà porta via più tempo che in India, dove pagare le tasse è più incasinato che in Burkina Faso, dove ottenere un credito è più difficile che nello Zambia, dove per far rispettare un contratto la giustizia ci mette più tempo che in Pakistan". (Fonte: Doing Business 2010, Banca Mondiale, citata da www.tempi.it).

E' la legalità, bellezza!

Giovanni Romano

lunedì 8 marzo 2010

YouTube, o la teledipendenza di ritorno

Premetto che quanto sto per scrivere vale solo per me. Ho saltato un mese intero di blog per ragioni di salute ma soprattutto perché ho scoperto YouTube, e ne sono rimasto completamente irretito. Praticamente è una TV con un miliardo di canali (ho scoperto l'acqua calda!), c'è veramente di tutto, e vi ho trovato alcuni generi di video che mi piacciono molto: le ferrovie (reali o modellistiche), i trasporti, i filmati storici (specialmente quelli della seconda guerra mondiale), i combattimenti arei reali o virtuali...

Più che un elenco dei miei interessi, però, credo sia interessante parlare dell'effetto che tutto questo ha avuto su di me. Passare molto tempo al computer, anche prima di Facebook e Youtube, mi ha in gran parte distolto dalla lettura, ed è un vero peccato perché il libro non ha virus (tranne a volte le idee che contiene), non ha bisogno di corrente tranne la luce di una lampada la sera, non fa rumore e non emette radiazioni, non ci costringe a pigiare tasti per andare avanti, si lascia assimilare con il nostro ritmo, entra a far parte di noi in modo molto più "dolce" e al tempo stesso più profondo rispetto all'immediatezza violenta dei suoni e delle immagini.

E allora perché abbandonare la lettura? Perché il computer è apparentemente più gratificante, ci dà una sensazione di potenza (sbagliato, perché siamo noi le sue periferiche), d'interattività reale o illusoria, ma in ogni caso immediata, con persone di tutto il mondo. Non dico che questo sia negativo in sé, ma rischia di diventare una vera e propria droga (anche qui scopro l'acqua calda). Col computer c'è sempre "qualcosa da fare", e questo, a ben pensarci, è il contrario della concentrazione.

Prima di conoscere Youtube, tuttavia, ritenevo che la perdita della lettura fosse compensata dalla maggiore "attività" di fronte allo schermo: scrivere articoli e lettere, curare il blog, tenere la contabilità, informarmi via Internet, giocare ecc. Guardavo dall'alto in basso i "teledipendenti" puramente passivi ancora attaccati a quell'aggeggio arcaico che è il televisore, che infatti non guardo quasi più da molto tempo.

Tutto questo, però, è cambiato con YouTube, e devo ammettere di essere tornato a una teledipendenza forse peggiore di quella televisiva. Guardare i filmati mi ha riportato alla passività. Basta fare qualche click, e tutto il resto si svolge davanti ai nostri occhi senza bisogno di nessun altro intervento. Si resta semplicemente a guardare, e anche l'interattività con altri utenti è molto ridotta, certamente minore rispetto a Facebook o e ai siti di social network. E anche se ho postato più di un video, non si può certo definire "interattività" il piacere narcisistico di controllare quante persone e quando, e da dove, hanno guardato i miei filmati.

La brevità dei filmati, inoltre, rende frammentaria l'esperienza visiva: non si raccontano più storie, si raccolgono solo impressioni. Questo non significa che alcuni filmati anche brevi siano molto belli, ma certamente la tendenza generale è questa. Una volta poi che si diventa più navigati, è peggio ancora, perché si salta da un video all'altro dopo nemmeno pochi secondi, tale e quale come lo zapping.

In terzo luogo, YouTube è un oceano di rimandi senza fine. Ogni filmato ne richiama come minimo altri dieci. E' facile dire che qui si guarda solo ciò che si vuole guardare, ma appunto questo è il problema, perché chiudersi nel cerchio dei propri interessi ne esclude tutti gli altri. E' come trovarsi nel Paese dei Balocchi: l'abbondanza è tale che alla fine viene a nausea, o meglio questo labirinto sterminato lascia addirittura un senso di sgomento e d'indefinibile tristezza. Ho trovato quello che cercavo, l'ho trovato molto più di quanto pensassi... ma questo accumulo di immagini su immagini, filmati su filmati, impressioni su impressioni era veramente quello che cercavo? Cliccare all'infinito. Ma per trovare cosa? Ne vale la pena? E il mio io, nel frattempo, dov'è andato a finire?

Ecco perché ritornare al blog, cioè a una fatica creativa, pur non togliendomi la pesantezza dello stare davanti al computer mi sembra un prodigio di creatività rispetto alla fruizione puramente passiva di YouTube.

Giovanni Romano

domenica 7 marzo 2010

L'inquietante saga delle corazzate classe "Queen Victoria"




"Ho visto riferire dai giornali di grandi battaglie dove non era avvenuto nulla,
e completo silenzio dove centinaia di uomini erano caduti"
GEORGE ORWELL, Homage to Catalonia

Secondo il sito http://tinyurl.com/y8me9nm Le corazzate inglesi della classe "Queen Victoria" erano le più potenti del mondo al momento dell'entrata in servizio nel 1915. Con un dislocamento a pieno carico di 35.502 t, 10 cannoni da 381 e 14 da 152, una velocità di 25 nodi, erano un formidabile avversario per qualunque marina, in primo luogo per quella tedesca. Delle quattro unità costruite (Queen Victoria, Nile, Trafalgar e Devastation), la Devastation andò perduta il 31 maggio del 1916 durante la Battaglia dello Jutland per esplosione nei depositi munizioni quando venne colpita dal tiro germanico.

Nel periodo delle due guerre, le tre navi superstiti furono sottoposte a grandi lavori di ammodernamento, e parteciparono alla seconda guerra mondiale proteggendo i convogli in navigazione verso la Russia nel Nord Atlantico. Fu in questa attività che la Nile venne affondata il 17 giugno del 1943 nel corso di un furioso combattimento contro la flotta tedesca uscita in massa dai porti norvegesi. Bersagliata dalle moderne navi da battaglia tedesche Odin e Moltke, subì danni così gravi che dovette ritirarsi ed essere affondata dal proprio equipaggio. L'intervento delle supernavi da battaglia britanniche Lion, Howe e Temeraire, comunque, risolse la situazione a favore degli inglesi e si concluse con un massacro della flotta tedesca. Tutte le navi da battaglia germaniche furono affondate: la Bismarck, la Odin, la Tirpitz, la Moltke e l'incrociatore da battaglia Scharnhorst.

La Queen Victoria e la Devastation, ormai obsolete, furono impiegate nell'appoggio allo sbarco in Normandia dove si rivelarono preziose con i loro 10 cannoni da 381. Dopo la guerra, furono messe in disarmo e radiate nel 1948.

A questo punto, gli esperti di storia militare avranno già sbarrato gli occhi e penseranno che io sia diventato pazzo o ubriaco. E avrebbero ragione, perché

NESSUNA CORAZZATA CLASSE "QUEEN VICTORIA" E' MAI ESISTITA

La Royal Navy non ha mai avuto nessuna nave che si chiamasse "Queen Victoria". I nomi delle altre sono stati effettivamente portati da altre unità, ma da nessuna corazzata britannica nella Seconda Guerra Mondiale. La battaglia dello Jutland è vera, così come sono veramente esistite le due corazzate tedesche Bismarck e Tirpitz e l'incrociatore da battaglia Scharnhorst, ma non la Odin né la Moltke. Inoltre, la Bismarck non combattè mai assieme alla gemella Tirpitz perché era stata affondata nel maggio del 1941. La Marina britannica aveva in progetto le supercorazzate classe Lion ma non vennero mai realizzate.

Il sito cui ho fatto riferimento è uno dei tanti specializzati in "Alternate History", vale a dire la ricostruzione di ipotetici scontri con navi più o meno di fantasia, oppure la partecipazione di navi di fantasia a battaglie realmente accadute. Fino a quando si ammette apertamente che si tratta di fantasie, non c'è niente di male. Il sito, del resto, è ricco di interessanti disegni su progetti effettivamente studiati dalle varie marine ma mai realizzati.

Il problema nasce quando si spaccia per verità storica quello che non è mai accaduto. Nella pagina che ho citato, non c'è una sola parola di avvertimento che si tratta di "alternate history". La foto della "Queen Victoria", ad esempio, è un falso, un'elaborazione grafica di un progetto mai realizzato, e così le foto delle altre unità, prima e dopo il loro "ammodernamento". Le vicende di queste navi-fantasma sono un mix di realtà e di pura fantasia, e non è possibile distinguere dove finisce la prima e dove comincia la seconda.

Questo m'inquieta particolarmente. Fino a oggi, e speriamo per molto tempo ancora, i ricercatori di professione, o semplicemente chi ha tempo e pazienza per verificare le fonti, possono ancora ricostruire gli avvenimenti relativamente recenti delle due guerre mondiali così come sono accaduti. Ma Internet favorisce molto la pigrizia mentale, e le tecniche di manipolazione grafica sono diventate così perfezionate che ormai è diventato impossibile distinguere il falso. E se per caso la documentazione originale andasse perduta, anche per semplice trascuratezza (un rischio tutt'altro che remoto) siti come quello diventaranno delle fonti storiche a tutti gli effetti.

Pensateci, quando vi vien da dire: "L'ho trovato su Internet"...

Giovanni Romano

venerdì 22 gennaio 2010

Una risposta ai sostenitori del "matrimonio" omosessuale

Ecco uno studio molto lungo e articolato - e nemmeno recentissimo, del 2003 - pubblicato dal sito www.catholicnewsagency.com .

Una risposta ai sostenitori del matrimonio omosessuale


Catherine Young e Paul Nathanson


RIVENDICAZIONE 1: Il matrimonio è un’istituzione progettata per alimentare l’amore tra due persone. Gli omosessuali possono amarsi l’un l’altro proprio come possono farlo gli eterosessuali. Dunque il matrimonio dovrebbe essere concesso anche agli omosessuali.


La seconda affermazione è vera, e la terza ne consegue logicamente. Poiché la prima affermazione è falsa, però, questa linea di ragionamento è priva di senso. Il matrimonio è una istituzione complessa. Alimentare la gratificazione emozionale di due adulti è solo una delle sue funzioni – e non la più importante da un punto di vista interculturale o da una prospettiva storica. (Potrebbe non essere un caso che essersi concentrati esclusivamente sulla gratificazione emozionale coincida con un alto tasso di divorzi).La questione non è se le persone omosessuali dovrebbero avere delle relazioni. L’unica questione è se questo debba avvenire nello specifico contesto del matrimonio.


RIVENDICAZONE 2: Non tutte le coppie eterosessuali hanno bambini, ma nessuno sostiene che i loro matrimoni siano inaccettabili.


In realtà, questo argomento è semplicistico. Alcune tradizioni religiose, ad esempio, hanno dato alle coppie senza figli la possibilità del divorzio o dell’annullamento del matrimonio. Inoltre, il matrimonio può funzionare in altri modi (uno di essi è il sostegno reciproco) e può esprimere ideali supplementari (il più ovvio è l’amore). Di conseguenza, queste tradizioni non impongono di separarsi alle coppie senza figli. Al contrario, esse sostengono il peculiare ideale del matrimonio senza punire coloro che non riescono a conseguirlo. Questi ultimi sono le eccezioni. Questa istituzione, tuttavia, è sempre stata intesa in primo luogo per servire alle necessità dei figli. Essa fornisce un ambiente ideale per i genitori e i figli. Non tutti gli individui, né tutte le coppie riescono a raggiungere questo ideale, naturalmente, ma nondimeno esso rimane valido – eccetto, ovviamente, nelle società che si stanno sfasciando.


RIVENDICAZIONE 3: Alcune coppie omosessuali hanno figli e quindi hanno bisogno del matrimoni per fornire loro un contesto appropriato.


Questo argomento ribalta il precedente perché accetta la premessa che il matrimonio sia realmente il contesto ideale per i figli. Il problema è che il matrimonio omosessuale fornirebbe questo contesto solo di nome. Il nostro punto qui non è sostenere che le coppie omosessuali siano meno capaci di amare i figli rispetto ad altre coppie; non ne sono né più né meno capaci. Inoltre, il nostro punto qui non è che le coppie omosessuali insegnerebbero ad esserlo anche ai figli; il semplice fatto di essere omosessuale, dal nostro punto di vista, non è problematico in nessun caso. Il punto è che ai figli occorre qualcosa di più che l’amore dai loro genitori, siano essi omo o eterosessuali. Una cosa di cui certamente hanno bisogno è almeno un genitore di ciascun sesso. (Diciamo “almeno” uno, perché una famiglia estesa – con zie, zii, e nonni – è molto più vicina all’ideale che non la famiglia nucleare isolata). Questo è perché i sessi non sono intercambiabili.


Lungo gli scorsi quarant’anni, è stato un luogo comune affermare o che la mascolinità e la femminilità non siano nient’altro che “strutturazioni sociali” che possono essere “decostruite” per adattarsi ai tempi che cambiano e ai gusti individuali, o che chiunque sia “androgino” a livello innato. Ambedue le teorie ignorano il fatto ovvio che il corpo maschile è diverso da quello femminile, e che vanno soggetti a esperienze differenti (la più ovvia è che solo le donne possono essere ingravidate e allattare). Anche se sono molto più simili che dissimili, ciascun sesso è diverso dall’altro. I ragazzi non possono imparare a essere uomini fino in fondo nemmeno dalla madre (o dalla coppia di madri) più amorevole, da sola. E le ragazze non possono imparare a essere donne fino in fondo nemmeno dal padre (o dalla coppia di padri) più amorevole, da solo. Questo apprendimento avviene giorno per giorno e spesso attraverso l’esempio nel contesto più ampio dell’intimità della vita familiare. Inoltre, il bisogno di un padre è particolarmente acuto nei ragazzi. Come le ragazze, si debbono separare dalle loro madri. Ma a differenza delle ragazze, tuttavia, devono anche spostare il centro della loro identità da un sesso all’altro. Vi sono studi psicologici e sociologici che provano questo argomento.


I problemi in discussione qui si applicano non solo alle coppie omosessuali ma in primo luogo, e principalmente ai genitori eterosessuali single. Si, ci sono sempre stati genitori single a causa di morte, divorzio o abbandono. Ma queste erano le eccezioni. Ora che il divorzio è diventato così comune, il fenomeno è cambiato. La genitorialità single – di solito da parte delle madri e spesso per scelta – è diventato uno “stile di vita”. Il messaggio ai padri e ai loro bambini è che gli uomini non hanno alcuna funzione distinta, necessaria e pubblicamente riconosciuta nella vita familiare. E i risultati dei figli senza padre su scala molto estesa, come descritti dagli psicologi e dai sociologi, non sono esattamente incoraggianti.


Alcuni sostenitori dei genitori sia single che omosessuali argomentano che i problemi appena menzionati possono essere risolti portando a casa amici o parenti per servire da “modelli di ruolo”. Ma questi visitatori provvisori possono forse rimpiazzare adeguatamente la presenza durevole di adulti sia dello stesso sesso che del sesso opposto all’interno di una famiglia? I sostenitori della genitorialità single od omosessuale possono dimostrarlo a malapena. Altri sostengono che gli uomini visti in televisione o al cinema, anche le popstars, possono funzionare come “modelli di ruolo”. Certo che possono. Ma questi sono modelli di ruolo salutari? Pochi, pochissimi uomini nella cultura popolare sarebbero mai così d’aiuto sotto questo aspetto come il defunto Mr. Rogers. Dobbiamo davvero rassegnarci ai cloni di Homer Simpson, diciamo, o Michael Jackson – o di chiunque altro si trovi a rappresentare il macho più alla moda del momento? Il benessere dei bambini è solo un pensiero secondario per i sostenitori del matrimonio omosessuale e della genitorialità single, non qualcosa che ha la priorità sui propri interessi.


Alcuni omosessuali sono diventati genitori mentre erano ancora coinvolti in relazioni eterosessuali. Altri lo fanno nel contesto delle relazioni omosessuali. Le coppie lesbiche, ad esempio, ricorrono spesso alle banche dello sperma e all’inseminazione artificiale. Le nuove tecnologie riproduttive possono sembrare molto attraenti alle coppie omosessuali che vogliono bambini ma non desiderano una relazione nemmeno simbolica con il sesso opposto. Legalizzare il matrimonio omosessuale farebbe certamente aumentare l’interesse nelle nuove tecnologie e porterebbe probabilmente a domande per accedere ad esse per poter uguagliare la possibilità di avere bambini. Ma queste tecnologie presentano un gran numero di problemi morali, la maggior parte dei quali sono rimasti senza soluzione (vedi argomento 20).


Al cuore di questa rivendicazione, però, c’è l’argomento che i figli delle coppie omosessuali soffrono per i pregiudizi inerenti al loro stato. Ah, finalmente un riferimento ai bambini! Ma se questi bambini soffrono per i pregiudizi, è quasi certamente perché i loro genitori sono omosessuali e non perché non sono sposati. Dovremmo eliminare i pregiudizi verso le persone omosessuali, in tutti i modi, ma legalizzare il matrimonio omosessuale otterrebbe molto difficilmente lo scopo. Non in un momento nel quale la macchia dell’”illegittimità” è del tutto scomparsa.


Questa rivendicazione del matrimonio omosessuale non può essere ulteriormente sostenuta. Nel corso degli scorsi quarant’anni, i genitori single, specialmente le madri single, sono state glorificate nei talk shows e in innumerevoli film per la TV come vittime che, secondo il gergo della politica identitaria, nondimeno diventano “sopravvissute”. Non c’è più niente d’insolito, molto meno illecito, a proposito di bambini che hanno un genitore solo. E ora, dato il fatto che molte persone omosessuali hanno figli da precedenti relazioni eterosessuali, non c’è assolutamente nulla d’insolito a proposito dei bambini che hanno due padri o due madri. Qualunque altro problema possano avere i figli dei genitori omosessuali – e ne hanno certamente, e grossi – questo non è sicuramente uno di essi. Cambiare la definizione del matrimonio per lenire il dolore di avere genitori non sposati, in breve, sarebbe come usare una bomba atomica per uccidere una mosca.


RIVENDICAZIONE 4: Il matrimonio e la famiglia stanno cambiando comunque, allora perché non permettere questo cambiamento?


Be’ per cambiare, le istituzione cambiano. Se cambino sempre in modo benefico è tutta un’altra questione. A meno di non adottare la mentalità promossa da innumerevoli spot pubblicitari – secondo cui ogni prodotto “è nuovo e migliore” – dobbiamo almeno immaginare la possibilità che alcuni cambiamenti potrebbero essere per il peggio. Non esiste un nesso logico, in breve, tra “nuovo” e “migliore” da una parte, e “cambiato” e “migliore” dall’altra. Il matrimonio è cambiato per il peggio sotto alcuni aspetti (non tutti), crediamo, nel corso degli scorsi quarant’anni. Non per opera delle persone omosessuali, naturalmente, ma a causa degli eterosessuali.


E se poi le istituzioni cambino del tutto è un’altra questione ancora. Alcune caratteristiche del matrimonio non sono cambiate; sono universali e dunque, presumibilmente, tanto necessarie quanto benefiche. Il matrimonio è sempre stato una questione di importanza comunitaria, per esempio, qualcosa che soddisfa più dei bisogni individuali. Queste cose sono così pervasive e così durevoli che potrebbero ben essere dovute alla natura stessa. E noi ci giochiamo a nostro rischio e pericolo.


RIVENDICAZIONE 5: Il matrimonio e la famiglia sono già cambiati, così perché non riconoscere la realtà?


Questa cinica variante della rivendicazione 4 è usata da coloro che trovano imprudente discutere se questi cambiamenti siano benefici o dannosi. Quel che importa, ritengono, è che questi cambiamenti siano già avvenuti. In quel caso, sarebbe certo politicamente sensato adeguarsi di conseguenza. Forse è così, ma avrebbe senso dal punto di vista morale?


Inoltre, è questo il momento appropriato per ridefinire il matrimonio? Quando il matrimonio non sta solo cambiando, ma si sta disintegrando sotto il peso del sentimentalismo e dell’irresponsabilità tra le persone eterosessuali? E i bambini sono quelli più a rischio. Le loro necessità non sono quasi mai prese sul serio nel dibattito sul matrimonio omosessuale: sono diventati spettatori nel dibattito sui diritti degli adulti.


RIVENDICAZIONE 7: Data la sovrappopolazione globale, perché qualcuno dovrebbe preoccuparsi del bisogno di qualcuno di avere più bambini, in ogni caso?


Anche se alcuni paesi sono realmente sovrappopolati, altri non lo sono. Come la maggior parte dei paesi occidentali, per esempio, il Canada ha una popolazione che invecchia rapidamente. Sia il tasso delle nascite che quello delle morti stanno rapidamente decrescendo. Questo avrà gravi conseguenze demografiche ed economiche per le generazioni future. Sostenere che l’immigrazione risolverà il problema – gli immigrati, presumibilmente, continueranno ad fare molti figli senza richiedere alcun incoraggiamento da parte del nostro governo – è implicare che gli immigrati dovrebbero essere sfruttati come animali da riproduzione. Inoltre, quanti immigrati tollererebbero mai o persino accetterebbero di venire in una società che non riesce a sostenere il loro ideale di matrimonio, che è sempre basato sul legame a lungo termine di uomo e donna per fornire l’ambiente ideale in cui allevare i figli?


E sebbene molte persone nei paesi più popolosi non si rendano conto dei segnali d’allarme demografici, la maggior parte di coloro che appartengono a comunità minoritarie sono molto consapevoli di essere demograficamente minacciati.


RIVENDICAZIONE 8: Il matrimonio dovrebbe cambiare, che sia già avvenuto oppure no, perché le istituzioni patriarcali sono cattive.


Questa rivendicazione è sia insidiosa che manifestamente ideologica. Questo è perché usa la retorica della riforma legale (permettere alle persone omosessuali di entrare nelle istituzioni di maggioranza come il matrimonio) per mascherare lo scopo sottaciuto della rivoluzione sociale (creare una società radicalmente nuova distruggendo istituzioni come il matrimonio). Si possono sempre trovare buoni argomenti per riformare qualunque istituzione in un modo o nell’altro. E la nostra ha riformato il matrimonio molte volte, la più recente per migliorare la posizione delle mogli. Ma c’è una grossa differenza tra le riforme e la rivoluzione. La rivendicazione in discussione qui è che l’eterosessualità renda patriarcale il matrimonio, e “patriarcale” è un gergo ideologico per dire “cattivo” (non è paranoia la nostra: questo argomento è stato avanzato da alcune femministe molto influenti). Per risolvere il problema, la base eterosessuale del matrimonio dev’essere distrutta. Legalizzare il matrimonio omosessuale potrebbe raggiungere lo scopo cambiando irreversibilmente la definizione del matrimonio e le sue funzioni. Il risultato sarebbe chiamato ancora matrimonio, ma sarebbe di fatto un’altra istituzione.


RIVENDICAZIONE 9: Il matrimonio omosessuale ha dei precedenti storici e antropologici.


In realtà, non ha un solo precedente come norma di qualunque società. Alcune società hanno permesso eccezioni alla regola, sì. E alcuni potenti capi e re hanno sfidato tutte le norme. Ma la norma nuziale è sempre stata eterosessuale per qualunque società. Vale la pena di notare a questo punto che qualunque società avrebbe potuto usare la cultura per mitigare la tendenza verso l’eterosessualità. Qualunque società avrebbe potuto incoraggiare il matrimonio omosessuale e continuare a riprodursi; le donne avrebbero sempre potuto trovare il modo di procurarsi il seme, ad esempio, e gli uomini avrebbero sempre potuto rapire i bambini. Ma questo approccio non è mai stato adottato come norma.


La ricerca sulla storia e l’antropologia del matrimonio omosessuale, finora, è stata fatta principalmente con lo scopo di dimostrare delle tesi precostituite: sostenere il matrimonio omosessuale trovando dei precedenti storici. Alla luce dei criteri accademici, questo materiale rivela molte pecche di sostanza e di metodo. Alcuni precedenti sono ambigui, perché sono solo analogie rispetto al matrimonio. Ci vien detto che l'amore omosessuale è come l'amore sponsale; un rituale d'iniziazione al legame tra due guerrieri dello stesso sesso viene paragonato al matrimonio, e così via. Altri precedenti vengono citati fuori contesto. E' vero, ad esempio, che alcune società amerindiane permettevano che degli uomini sposassero altri uomini. Ma, a giudicare dalle informazioni che sono arrivate fino a noi, queste società si assicuravano che questo fosse permesso solo a pochi uomini o che i loro mariti avessero già sposato delle donne e generato bambini così che la sopravvivenza demografica non fosse messa in pericolo. Quanto a Nerone, l'imperatore romano, è vero che sposò un uomo, ma in un contesto morale – un'aristocrazia degenerata nel quale l'omicidio era moneta corrente e persino un cavallo poteva essere nominato senatore – che pochi oggi troverebbero edificante. C'è davvero bisogno di prendere esempi morali da lui? Inoltre molti precedenti sono irrilevanti, perché si riferiscono solo a relazioni omosessuali, non al matrimonio omosessuale: le prime non sono uguali al secondo, e in ogni caso ora non sono messe in discussione. A volte, ancora, le prove sono indirette. A volte gli argomenti vengono ricavati dal silenzio delle fonti. A volte, argomenti importanti vengono persino ignorati (come il bando al matrimonio omosessuale nelle società che l'avevano prima approvato).


Anche se ci fossero precedenti storici e antropologici, tuttavia, questi sarebbero del tutto irrilevanti da un punto di vista morale. Solo perché qualcosa è stato fatto in qualche altra società durante qualche altra epoca non significa, dopotutto, che si dovrebbe fare nella nella nostra società e nella nostra epoca. Un ovvio esempio dovrebbe essere chiarirci le cose. La schiavitù è stata praticata in molte società. Dovremmo dunque considerare di reintrodurre quell'istituzione? Sarebbe un'incongruenza morale, per non dir altro.


RIVENDICAZIONE 10: Mettere al bando il matrimonio omosessuale è come mettere al bando il matrimonio interrazziale.


In realtà non è così. Quest'argomento è basato sull'analogia riduttiva tra l'eterosessualità e il razzismo. La maggioranza oggi sarebbe d'accordo sul fatto che lo stato non dovrebbe avere alcun diritto d'impedire il matrimonio interrazziale, e alcuni ora sostengono per la stessa ragione che non dovrebbe avere alcun diritto d'impedire il matrimonio omosessuale. Sia il razzismo che l'eterosessualità sono forme di pregiudizio. Entrambi sono dovuti a una combinazione d'ignoranza e di malevolenza. Entrambi sono malvagi. Ma quest'analogia è seriamente viziata, perché dà per scontato che tutti coloro che si oppongono al matrimonio omosessuale, come tutti coloro che si oppongono al matrimonio interrazziale, siano dei fanatici intolleranti. Alcuni sì, ma altri no.


Il matrimonio tra persone di razze diverse fu innegabilmente messo al bando a causa del razzismo. Ma questo era solo un esempio di un fenomeno più grande. Ci riferiamo all'endogamia, il matrimonio solo con quelli che fanno parte della comunità. E l'endogamia non è sempre causata dal razzismo. A volte, ad esempio, è causata dalla religione – ossia dal bisogno di perpetuare una cultura religiosa. Queste società mettono al bando il matrimonio interreligioso ma di solito accettano il matrimonio dei convertiti, senza badare alla loro origine razziale o etnica.


In ogni caso, l'endogamia è una variabile culturale. Molte società, dopotutto, praticano l'esogamia, il matrimonio solo con coloro che non fanno parte della comunità. L'endogamia non può essere considerata una caratteristica universale del matrimonio e non dovrebbe dunque essere richiesta per legge in una società plurale. D'altro canto, il matrimonio tra gli uomini e le donne è realmente una caratteristica universale, sia dal punto di vista storico che antropologico. E per una buona ragione: mettere insieme gli uomini e le donne per motivi sia pratici che simbolici. Nonostante il pregiudizio di alcune persone, in breve, ci può essere una ragione moralmente legittima per mantenere l'eterosessualità del matrimonio.


Inoltre, quanti sostenitori del matrimonio omosessuale sosterrebbero anche il matrimonio poligamo? Alcuni sì, senza dubbio, ma non molti. Sebbene noi non siamo sostenitori della poligamia, non ci vediamo niente d'intrinsecamente sbagliato, perché si potrebbero portare valide ragioni a suo favore seguendo precisamente la logica del matrimonio omosessuale (vedi rivendicazione 17). Sarebbe disonesto per i sostenitori del secondo banalizzare la questione per motivi di opportunità politica.


RIVENDICAZIONE 11: Gli argomenti a favore del matrimonio omosessuale sono più “toccanti” di quelli contrari.


Questo argomento è stato avanzato il 5-9 novembre 2001 dalla Corte Suprema di Giustizia dell'Ontario nel caso Halpen et al. Vs Canada (A.G.) et al. e la Metropolitan Community Church di Toronto Vs Canada (A.G.) et al. Il giudice Robert A. Blair mantenne in vigore la legittimità del matrimonio omosessuale anche dopo aver ammesso che erano stati portati buoni argomenti a suo sfavore. Per lui, l'emozione fu più importante della ragione ai fini di una decisione legale; quel che sentiamo è più importante di come ragioniamo. “La testimonianza portata da questi convenuti”, scrisse, “non riflette la stessa carica emotiva personale di quella degli attori”. Questo non può certo sorprendere nell'epoca di Oprah Winfrey.


RIVENDICAZIONE 12: Il matrimonio omosessuale è necessario per l'autostima di una minoranza.


Data quella mentalità, è facile capire la forza motrice dietro la rivendicazione del matrimonio omosessuale: l'idea che delle persone abbiano qualche diritto morale (e di conseguenza dovrebbero avere qualche diritto legale) al riconoscimento statale della loro identità personale. Questo è il nocciolo della questione a motivo delle sue conseguenze sulla democrazia. Ogni democrazia, per definizione, consiste tanto di una maggioranza che di una o più minoranze. Sostenere che la vita è insopportabile solo in virtù del far parte della minoranza, in questo caso espressa dall'esclusione degli omosessuali dal matrimonio, significa minare le fondamenta stesse della democrazia, specialmente nei paesi dai quali ci si aspetta che celebrino le molte minoranze e promuovano la “diversità” culturale. Un'analogia dovrebbe chiarire il punto.


Gli ebrei hanno vissuto come comunità minoritarie per molto tempo e sono riusciti a preservare la loro autostima collettiva, spesso nonostante pregiudizi e persecuzioni molto più violente e pervasive di qualunque cosa gli omosessuali debbano sopportare in Canada. Come hanno fatto? La risposta è che l'autostima si origina sia all'interno dell'individuo che della comunità. In altre parole l'autostima, come i diritti umani, non può essere né conferita né negata dallo stato. Gli ebrei si aspettavano che lo stato fornisse loro una difesa dalle violenze antisemite, sì, ma non una terapia psicologica e nemmeno simbolica come vittime facenti parte di una minoranza. E' vero che non ogni singolo ebreo è riuscito a sviluppare una salutare identità ebraica, un problema che le comunità ebraiche hanno sempre affrontato prendendosi la responsabilità di promuovere le proprie risorse intellettuali, morali e spirituali. Inoltre, gli ebrei che hanno realmente problemi d'identità sono di solito quelli più pienamente accettati dalla società nel suo insieme, non quelli che restano ai margini. Inoltre il Canada è uno stato secolare, ma gli ebrei vivono abbastanza bene anche in qualche stato ufficialmente cristiano come l'Inghilterra.


Ancora, quest'argomento scarica sofisticamente il problema dell'autostima inadeguata su un altro gruppo: i single. Se il matrimonio fosse così vitale per l'autostima, dopotutto, chiunque non potesse o non volesse sposarsi sarebbe più isolato che mai e, per seguire l'argomento a favore del matrimonio omosessuale, sarebbe più esposto che mai al disprezzo di sé.


RIVENDICAZIONE 13: Chiunque si opponga al matrimonio omosessuale è omofobo.


Quest'argomento non è né più né meno che terrorismo verbale. Con il temine “omofobo” s'intende il pregiudizio e l'ostilità, sebbene la parola in realtà denoti la radice nevrotica di una fobia. L'implicazione è che solo persone malvagie o distorte possano essere in disaccordo con una rivendicazione avanzata dagli omosessuali (non importa che nemmeno tutti gli omosessuali siano d'accordo sul matrimonio omocolore).


Inoltre, questo è un argomento ad hominem. E' facile banalizzare gli argomenti attaccando l'integrità personale di quelli che li sostengono. In questo modo non c'è bisogno di affrontare l'argomento stesso.


RIVENDICAZIONE 14: Si potrebbero fare delle eccezioni per le comunità religiose che disapprovano il matrimonio omosessuale, o le comunità religiose potrebbero semplicemente aggiungere i loro riti a quelli dello stato.


In realtà, entrambe le possibilità sono di dubbio valore. Nell'uno e nell'altro caso, dopotutto, l'argomento a favore del matrimonio omosessuale si basa sul concetto dei diritti umani, e respinge quella che i sostenitori considerano essere una discriminazione immeritata. In quel contesto, tuttavia, le esenzioni non avrebbero alcun senso morale, a parte il significato legale (il Canada sostiene il diritto alla libertà religiosa ma sostiene, in più, altri diritti umani; il conflitto sarebbe molto probabile). Le esenzioni potrebbero essere un espediente politico per un certo periodo di tempo, certo, ma per quanto tempo le comunità religiose potrebbero sostenere l'accusa di violare i diritti umani rifiutandosi di solennizzare i matrimoni omosessuali? E quell'accusa sarebbe mossa inevitabilmente. Se il matrimonio omosessuale fosse un diritto umano, come potrebbe essere giustificato qualunque gruppo religioso se lo negasse? I sostenitori del matrimonio omosessuale richiamano l'analogia dell'ordinazione femminile. Finora, lo stato non ha costretto nessuna comunità religiosa a ordinare delle donne, così perché aspettarsi che costringa a celebrare nozze omosessuali? Ma ci sono dei segni che la libertà religiosa sia fragile in Canada quando entra in competizione con altre libertà che si presumono più importanti. In ogni caso, è probabile che le comunità religiose vengano sempre più marginalizzate di quanto già non lo siano in una società via via più secolare.


RIVENDICAZIONE 15: Per sostenere “un'etica di cura e di responsabilità” dobbiamo includere le persone omosessuali in ogni istituzione.


Ogni sistema etico è per definizione “un sistema di cura e di responsabilità”. Nessuna comunità ha mai consapevolmente adottato “un'etica d'incuria e d'irresponsabilità”. La rivendicazione in discussione è che noi lo facciamo precisamente quando rifiutiamo di far sposare le coppie omosessuali. Il che potrebbe essere vero se non ci fossero altri interessi in gioco. In quel caso, non ci potrebbe essere scusante morale per negare alle persone omosessuali qualcosa che si dà ad altre persone. Ma sono in gioco altri interessi, inclusi non soltanto quelli dei bambini e quelli della società nel suo complesso ma anche quelli di molte comunità religiose.


Quarant’anni fa, le leggi sul divorzio vennero cambiate per aiutare coloro che erano rimasti intrappolati in matrimoni gravemente disastrati. Il divorzio, riteniamo, è ora comune quanto il matrimonio stesso. Peggio ancora, abbiamo rimpiazzato un problema con molti altri. Non soltanto abbiamo gravemente indebolito il matrimonio ma anche, come risultato, abbiamo grandemente accresciuto il numero dei divorzi, il numero delle famiglie monoparentali, e il numero dei figli dipendenti dai servizi sociali. E questa sarebbe “cura e responsabilità”?


Il fatto è che non abbiamo nessun modo di comprendere quel che potrebbe avvenire in seguito a una legalizzazione del matrimonio omosessuale rispetto a quella che avevamo quando abbiamo facilitato il divorzio. Per scoprirlo, dovremmo condurre un esperimento di massa su parecchie generazioni a venire (vedi rivendicazione 20). Questo comporterebbe il “prendersi cura” in modo puramente sentimentale, ma certamente non comporterebbe alcun senso di responsabilità morale.


RIVENDICAZIONE 16: Le norme di qualunque tipo sono in se stesse discriminatorie.


Questo argomento è alquanto più sottile degli altri. La maggior parte della gente nelle società democratiche attribuisce un grande valore all'uguaglianza, e a ragione. La discriminazione può schiacciare l'uguaglianza. Dunque, si ritiene, la discriminazione è un male in sé. La verità, tuttavia, è più complessa.


Consideriamo la parola “discriminazione”. E' quasi sempre usata nella vita pubblica con il significato pesantemente negativo di discriminazione malevola e pregiudizievole contro questo o quel gruppo. Ci sono alcune significative eccezioni, tuttavia, come quando ci si riferisce a chi “sa distinguere” nel campo dell'arte. In quel caso, la parola connota discernimento, raffinatezza, o intelligenza. E con buona ragione. In ogni caso, come abbiamo già osservato, non ci potrebbe essere cultura senza la possibilità di fare distinzioni. In altre parole, non potremmo esistere come esseri umani senza stabilire priorità collettive, scelte, preferenze. Non possiamo avere tutto o fare tutto, né collettivamente né individualmente. Dobbiamo scegliere alcune possibilità a causa del loro valore reale o percepito dalla società o almeno dalla maggioranza, il che significa che noi, intenzionalmente o meno, dobbiamo non-scegliere altre possibilità (anche se ne possiamo tollerare alcune come possibilità legittime per le minoranze).


In un certo senso, una discriminazione di questo tipo è ingiusta. Interferisce con il nostro obbligo morale verso la perfetta uguaglianza. Ma la condizione umana non permette una perfetta uguaglianza, il che spiega perché tante tradizioni religiose sostengono che l'ideale della perfezione può esistere solo in qualche regno al di là del tempo e dello spazio -ossia nel Giardino dell'Eden, nell'Era Messianica, nel Mondo Futuro, nel Regno di Dio, nella Gerusalemme Celeste, nella Terra Pura, nella Vaikuntha, o qualunque altro luogo le persone religiose hanno chiamato paradiso. Sfortunatamente, molte delle ideologie politiche emerse nel diciannovesimo e nel ventesimo secolo hanno sostenuto che, al contrario, la perfezione può essere raggiunta qui e ora. Nel tentativo di mettere in atto le loro utopie ideologiche con la forza o quanto meno con la forza della legge, ahimé, spesso hanno finito per creare ripugnanti distopie. Non gli mancava necessariamente una nobile visione ma una comprensione basilare della natura umana e dei limiti imposti dalla finitudine umana (un problema reso più difficile dalla convinzione che il fine giustifichi i mezzi).


Se la discriminazione nel caso del matrimonio è un male, come crediamo, allora è certamente il male minore. Nel lungo periodo, le persone omosessuali hanno da guadagnare tanto quanto quelle eterosessuali dal rafforzamento del matrimonio come è definito oggi. Se la società è nei guai, dopotutto, è nei guai per tutti – sia etero che omosessuali.


RIVENDICAZIONE 17: Quasi tutti credono nell'uguaglianza, Come può essere che ai cittadini omosessuali siano negati gli stessi diritti degli altri?


Questo è l'argomento più sofisticato di tutti, perché nessuno può mettere in discussione il valore dell'uguaglianza o il fatto che venga negata alle persone omosessuali in relazione al matrimonio.


Perché l'uguaglianza sia qualcosa di più che un pio sogno a occhi aperti o un ideale utopico, bisogna dare spazio in certa misura al fatto che la natura in sé non sa nulla di uguaglianza. L'uguaglianza è un lodevole ideale umano, certo, ma nessun ideale può essere raggiunto completamente o perfettamente. Di fatto, ogni codice morale e legale, deve essere basato in parte sul bisogno universale di convivere con l'ambiguità e il paradosso. O, per metterla in un altro modo, questi codici devono bilanciare i bisogni conflittuali degli individui e delle comunità con quelli della società nel suo complesso.


Come ho detto, tutte le culture hanno dovuto riconosce la disuguaglianza biologica, o l'asimmetria tra i sessi. L'uguaglianza, dunque, dev'essere creata dalla cultura. Se la cultura definisce l'uguaglianza in termini d'identità, allora il modo più ovvio di crearla sarebbe, in effetti, eliminare l'asimmetria biologica. Con le nuove tecnologie riproduttive, sia esistenti che future, questo si potrebbe realmente ottenere. Non solo le cellule ovulari possono essere utilizzate per creare ulteriori cellule ovulari nei topi, ma anche le cellule spermatiche possono essere usate per creare cellule ovulari. Usata negli umani, questa tecnologia “appannerebbe la linea biologica tra padri e madri”.


La partenogenesi (fecondare un uovo senza lo sperma) eliminerebbe del tutto gli uomini, ovviando così al bisogno di uguaglianza in primo luogo. L'avvento di tecniche extrauterine o anche di ventri artificiali, d'altro canto, potrebbe eliminare il bisogno di gestazione femminile. Messa in questi termini, la prospettiva appare meno attraente di quanto molte persone hanno immaginato; o eliminare un sesso per creare uguaglianza o eliminare le caratteristiche distintive di un sesso per correggere l'ineguaglianza biologica dell'altro. Per decenni, il Feminist International Network of Resistance to Reproductive and Genetic Engineering ha fatto opera di mobilitazione contro lo sviluppo di un ventre artificiale e la legislazione sulle surrogazioni (che darebbe agli uomini un certo controllo sulla riproduzione) ma per mantenere l'inseminazione artificiale (che dà alla donna il controllo sulla riproduzione).


Se dovessimo sostenere che l'uguaglianza non permette eccezioni, inoltre, saremmo moralmente e legalmente obbligati a opporci alle leggi in vigore contro la poligamia, Ma considerate l'analogia più da vicino, il che non è poi tanto strampalato come potrebbe sembrare a prima vista. La poligamia – che di solito prende la forma di poliginia (molte mogli) ma a volte la forma di poliandria (molti mariti) – è stata comune sia storicamente sia attraverso culture diverse. La maggior parte delle società poligamiche hanno trovato il modo di mitigare gli ovvi problemi. Hanno ristretto il numero dei coniugi, hanno ristretto questa istituzione a coloro che possono permettersi più di una famiglia, specificato l'ammontare di attenzione che si deve dare a ciascun coniuge, e così via. Non è per nulla strampalato, dunque, sostenere che la rivendicazione di un matrimonio poligamo conseguirebbe direttamente dalla rivendicazione del matrimonio omosessuale, specialmente in vista del fatto che alcuni musulmani e mormoni sarebbero d'accordo. Ma la nostra società sarebbe in grado di fornire altrettante strutture protettive come altre società nei confronti delle famiglie poligame? Data la sua predilezione per la libertà individuale e la sua insofferenza per le limitazioni del matrimonio come lo conosciamo ora, questo sembra molto improbabile.


RIVENDICAZIONE 18: Vincere la lotta per il matrimonio omosessuale è importante per la causa della liberazione gay.


Forse si, forse no, Ogni vittoria accresce il morale di un gruppo, è vero, ma questa vittoria potrebbe essere problematica almeno sotto due aspetti.


Tanto per cominciare, non tutti gli omosessuali vogliono sposarsi, anche se la maggior parte vorrebbe l'opportunità di scegliere. Ma alcuni omosessuali, come alcune femministe, vedono il matrimonio in sé come un'istituzione patriarcale oppressiva e non vogliono averci niente a che fare. Nella migliore delle ipotesi, dicono, limiterebbe gli omosessuali incoraggiandone il conformismo esteriore a degli standard estranei. Nella peggiore, scoraggerebbe gli omosessuali dall'esplorare ed esprimere i loro distinti modelli di comportamento sessuale e dal vivere insieme senza l'impiccio di obblighi di legge.


RIVENDICAZIONE 19: Che ne è della decisione della maggioranza nei paesi democratici?


Secondo i sondaggi, la maggioranza dei canadesi approva il matrimonio omosessuale, o lo approverà nel prossimo futuro. E' solo una questione di tempo, così perché non risparmiare denaro per le cause legali e chiudere la faccenda una volta per tutte? Le democrazie hanno sempre avuto maggioranze e minoranze, è vero. E se la maggoranza fosse d'accordo a legalizzare il matrimonio omosessuale, allora si dovrebbe prendere seriamente atto di questo. Ma contare le teste non ha assolutamente niente a che fare con quello che è giusto e quello che è sbagliato, con la saggezza o con la follia. (E ricordatevi che c'è una ragione per la quale abbiamo democrazie rappresentative anziché democrazie dirette; a differenza degli antichi greci, noi eleggiamo dei leaders che sono incaricati con il compito ponderare più attentamente che non la massa della gente i complessi problemi che influenzano l'indirizzo politico generale, e presumibilmente sono dotati delle capacità di farlo). Dopotutto, come la storia mostra chiaramente, le maggioranze possono fare scelte stupide o anche sinistre (varrebbe la pena di pensarci sopra se le persone approvino o meno il matrimonio omosessuale). Ma anche le minoranze possono fare scelte stupide o sinistre, specialmente in quest'epoca dove si fa politica per partito preso. La democrazia si basa sull'assioma che le minoranze si organizzino politicamente nel loro proprio interesse, certamente, ma non sull'assioma che trascurino gli interessi della società nel suo complesso.


Di solito, le norme culturali vengono associate alle maggioranze. Abbiamo appena sostenuto che la maggioranza potrebbe o meno essere moralmente giustificata. In questo caso, riteniamo, è giustificata (nel rifiutare il matrimonio omosessuale, N.d.T.). Non è soltanto un capriccio passeggero della maggioranza. E' basato su secoli innumerevoli di esperienza umana in tutto il mondo. A volte, la legislazione sul matrimonio dovrebbe essere riformata. Ma in collegamento alle sue caratteristiche variabili, non a quelle universali.


RIVENDICAZIONE 20: Ma gli omosessuali sono una piccola minoranza. Permettere loro di sposarsi non sarebbe nient'altro che una lieve alterazione al sistema esistente e accrescerebbe persino il consenso all'istituzione. Perché tanto chiasso?


Quest'argomento è capzioso, per non dir altro. Se l'alterazione fosse così lieve, dopotutto, perché (alcune) coppie omosessuali insisterebbero tanto per accedere al matrimonio? Vale la pena di fare questa domanda, perché le coppie omosessuali in Canada hanno già molti dei benefici conferiti dal matrimonio e altri se ne potrebbero aggiungere. Con tutta evidenza, solo la parola “matrimonio” è in gioco.


Né noi né i nostri avversari possono predire ora con precisione quali sarebbero queste conseguenze o quando comincerebbero a manifestarsi. E questo è il nostro punto. Perché precipitarsi in una cosa che non conosciamo? Con più tempo a disposizione, potremmo almeno poter prendere una decisione informata. Tenendo a mente questo, consideriamo cosa potrebbe cambiare in realtà come risultato dell'aver ridefinito il matrimonio in modo da includere le coppie omosessuali.


La gente non protesterebbe nelle piazze, possiamo esserne sicure, se il matrimonio omosessuale fosse legalizzato. Nell'immediato futuro, non tutti noterebbero nemmeno i risultati. Le comunità religiose sarebbero le prime grandi perdenti, perché la libertà religiosa diventerebbe sempre più difficile da difendere. Anche se all'inizio si facessero delle eccezioni in modo che le comunità religiose non sarebbero costrette a celebrare nozze omosessuali, queste eccezioni sarebbero prima o poi messe sotto accusa in tribunale. E quest'ultimo, alla fin dei conti, dovrebbe scegliere tra due diritti in competizione tra loro: libertà di religione contro uguaglianza. Possiamo solo immaginare quale dei due ha più probabilità di prevaricare sull'altro (vedi rivendicazione 14).


Ma le conseguenze più rimarchevoli non apparirebbero da subito. La maggioranza di queste, anzi, ammonterebbe sulle prime a niente di più che alla continuazione di tendenze già presenti. Ma nel lungo periodo, dopo parecchie generazioni, porterebbero a un tipo di società radicalmente diverso. Molti rivoluzionari omosessuali e femministe dei nostri giorni ne sarebbero contenti, non c'è dubbio, ma molti progressisti – quelli che hanno in mente nient'altro che il tradizionale concetto di uguaglianza – non lo sarebbero affatto. Questi ultimi farebbero bene, dunque, a riflettere in particolare su parecchie tendenze attuali. Lasciate a se stesse e in sinergia una con l'altra, queste tendenze, riteniamo, contribuirebbero direttamente alla frammentazione graduale della società indebolendo: (a) i legami tra l'individuo e la comunità; (b) i legami tra genitori e figli; (c) i legami tra natura e cultura; (d) i legami tra uomini e donne; (e) una salutare identità virile e infine (f) una salutare democrazia.


In primo luogo, considerate l'individuo e la comunità. Al cuore di questa campagna a favore del matrimonio omosessuale vi è l'individualismo radicale (unito anche, ironia della sorte, a una forma di collettivismo radicale). Non ci riferiamo alla variante di individualismo che emerse nel diciottesimo secolo e venne espressa nella maniera più efficace da coloro che scrissero la Costituzione Americana. Per loro, la libertà individuale era incorporato in un contesto di responsabilità comunitaria. La libertà personale, in breve, non era sinonimo di licenza personale. Oggi, l'individualismo è arrivato a significare qualcosa di molto differente, qualcosa che si avvicina all'adagio che “tutto è ugualmente valido” (fino a quando, presumibilmente, qualcuno non resta personalmente danneggiato). L'interesse generale, in breve, non funge più da freno. E questa indifferenza alla società nel suo complesso è esemplificata da coloro che difendono il matrimonio omosessuale. Permettere di sposarsi agli omosessuali, dicono, sarebbe benefico per gli individui omosessuali (o per la comunità omosessuale). Come potrebbe tutto questo, chiedono, danneggiare gli individui eterosessuali (o la comunità eterosessuale)? Ma i sostenitori del matrimonio omosessuale non hanno fatto alcun tentativo di prendere in seria considerazione i possibili danni e cercano di ostacolare coloro che vogliono più tempo per valutare i risultati sulla base di altri periodi o di altre culture.


Qualunque cosa si possa dire a proposito delle conseguenze immediate dell'individualismo radicale, le conseguenze a lungo termine potrebbero essere tragiche. Uno scenario potrebbe essere la dissoluzione della società come tale – ossia, come un intero unificato. La società potrebbe implodere in un insieme giustapposto di individui adulti che si preoccupano esclusivamente dei propri diritti in quanto individui e che tollerano il governo solo come un modo di proteggere questi diritti da altri individui. Più specificamente, per quanto riguarda la ridefinizione del matrimonio, gli individui si metterebbero insieme per accoppiarsi e per tenersi compagnia, ma i legami durevoli sarebbero visti come delle restrizioni non necessarie alla libertà personale. I bambini verrebbero palleggiati da una casa all'altra, in base ad accordi stipulati in primo luogo per far comodo ai mutevoli desideri degli adulti, oppure allevati in istituti gestiti dallo stato. Il matrimonio non è mai stato prima così fortemente associato ai desideri e ai bisogni degli adulti come individui. Al contrario, è stato sempre fortemente associato ai bisogni sia dei bambini (espressi come l'ideale di interdipendenza tra uomini e donne per il bene dei figli) e con quelli della comunità (espressi come ideale di interdipendenza tra uomini e donne per il bene della società nel suo complesso).


La filosofia che soggiace all'individualismo radicale, naturalmente, è l'edonismo. Con questo termine, non ci riferiamo all'affermazione del piacere personale ma alla glorificazione del piacere personale come un fine in sé. La tossicodipendenza, per fare solo un esempio, non è più il risultato della povertà e dell'ignoranza. E' una moda. I divi di Hollywood escono ed entrano dalla riabilitazione altrettanto in fretta come escono ed entrano da un matrimonio all'altro. E vengono applauditi quando vanno a parlare di queste cose da Oprah Winfrey.


Gli omosessuali non hanno inventato né l'edonismo né l'individualismo radicale. Sebbene il movimento omosessuale sia stato associato all'edonismo, ad esempio, questa mentalità non è mai stata estranea agli eterosessuali e oggi è altrettanto pervasiva tra loro che tra gli omosessuali. Né gli omosessuali hanno inventato l'individualismo radicale. Anche se l'hanno adottata con successo, questa strategia politica era già diventata pervasiva nel mondo eterosessuale. La campagna a favore del matrimonio omosessuale era inconcepibile, infatti, fino al momento in cui l'edonismo e l'individualismo radicale avessero già prevalso nella società in generale. I buoi sono scappati dalla stalla, per così dire, e gli eterosessuali hanno da ringraziare solo se stessi per ogni futura grave conseguenza.


In secondo luogo, considerate i genitori e i figli. A prima vista, sembrerebbe che i matrimoni omosessuali e la genitorialità omosessuale rafforzerebbe simbolicamente i legami tra i genitori e i figli. Ma a un esame più approfondito è improbabile che ciò accada. Dovrebbe essere chiaro a tutti oggi, ad esempio, che i sostenitori del matrimonio omosessuale sono interessati in primo luogo o anche esclusivamente agli interessi degli omosessuali adulti. Questo viene nascosto a malapena da affermazioni in senso contrario. E' vero, alcuni omosessuali desiderano avere figli. E' vero anche che alcuni omosessuali hanno figli da relazioni eterosessuali. Ma i principali beneficiari sono sempre gli adulti, non i bambini. Ecco perché i sostenitori del matrimonio omosessuale cercano di dimostrare che i bambini quantomeno non starebbero peggio con genitori omosessuali che con quelli eterosessuali (o starebbero meglio con buoni genitori omosessuali rispetto a cattivi genitori eterosessuali). L'evidenza fornita dalle scienze sociali è a volte ambigua, ma oggi sappiamo per certo che due genitori sono meglio di uno per un bambino e che le famiglie col padre e con la madre sono meglio di quelle di soli padri o di sole madri. Che questi fatti vengano ignorati o minimizzati dai sostenitori del matrimonio omosessuale – e dai genitori single, sia omo che etero – ci dice qualcosa su quanto ci si preoccupi dei bambini nel nostro tempo.


Considerate anche gli effetti dell'individualismo radicale e dell'edonismo sui bambini. Al momento, la maggior parte dei genitori si vergognerebbe di trascurare i propri figli (o almeno avrebbe paura delle conseguenze legali). Anche adesso, tuttavia, essi fanno sempre più apertamente e sempre più pesantemente affidamento che mai prima sullo stato per proteggere gli interessi dei bambini. Dopotutto, non ogni genitore che fa ricorso in tribunale per avere la custodia dei figli è motivato interamente e nemmeno in primo luogo dal “migliore interesse del bambino”. E per qualsivoglia ragione, sempre più genitori chiedono accesso agli asili nido. Questi fenomeni hanno molte cause, alcune di esse le condizioni economiche al di fuori del controllo di qualunque genitore. E' un fatto, nondimeno, che lo stato (insieme a o in diretto rapporto con cadres di psicologi professionisti e assistenti sociali) ha rilevato molte funzioni prima svolte dai genitori.


Una volta ancora, il problema non deve essere addossato agli omosessuali. Ben prima che uomini omosessuali fossero lodati dai giornalisti per aver fatto ricorso alla maternità surrogata, donne eterosessuali facevano la stessa cosa per mezzo dell'inseminazione artificiale. Al momento, la maternità surrogata è ancora sotto una nube di sospetto legale in Canada. Ma questo potrebbe cambiare altrettanto facilmente e rapidamente come la definizione di matrimonio.


In terzo luogo, considerate la natura e la cultura. Se gli omosessuali devono avere bambini propri (e non provenienti da adozioni) alcuni di loro faranno certamente ricorso alle tecnologie riproduttive. Queste tecnologie diverranno più accettabili di quanto sono ora man mano che crescerà la domanda. La domanda omosessuale per la definizione inclusiva del matrimonio, dopotutto, finirà quasi inevitabilmente per includere la domanda per una riproduzione inclusiva. Ad esempio, diventerebbe molto facile alle coppie omosessuali, per motivi politici, sostenere di essere “differentemente svantaggiate” per quanto riguarda la riproduzione e quindi richiedere che lo stato fornisca loro servizi riproduttivi, come banche del seme finanziate dal denaro pubblico per le lesbiche e maternità surrogata o tecnologie extrauterine per omosessuali. Se lo stato non prestasse questi servizi si potrebbe arrivare ad accuse di discriminazione sistematica contro le persone omosessuali. E gli omosessuali non sarebbero in alcun modo gli unici ad avanzare richieste riproduttive. Si aprirebbe la porta a chiunque cerchi l'autonomia riproduttiva attraverso la tecnologia. Anche ora, sempre più donne sole eterosessuali stanno scegliendo di avere bambini ma non mariti. Tutto quello che devono fare è recarsi da una banca del seme.


Le donne, lesbiche o etero, ora hanno un accesso maggiore degli uomini alla riproduzione, grazie alla capacità naturale della gestazione e alla prevalenza delle banche del seme. Per molti decenni in passato, le femministe hanno fatto propaganda per l'autonomia e il potere riproduttivo – per le donne, ovviamente, non per gli uomini. I canadesi sono orientati a rimuovere la maternità surrogata e qualunque altra tecnologia ancora allo studio – come il ventre artificiale che potrebbe dare agli uomini la stessa autonomia riproduttiva che le donne rivendicano per sé. E a molte femministe americane piacerebbe muoversi nella stessa direzione.


Certamente, gli uomini avrebbero partita persa sulla riproduzione a meno che non gli fosse garantito l'accesso ai figli attraverso la maternità surrogata gratuita o a buon prezzo. Quando gli omosessuali si ritroveranno con meno possibilità riproduttive rispetto alle lesbiche, potrebbero ben fare causa per discriminazione sistematica nei loro confronti. Ma anche gli eterosessuali potrebbero ben venir fuori con le loro richieste. Molti già credono che il matrimonio, anche quello civile, sta diventando troppo rischioso in vista delle leggi attuali sul divorzio, la custodia e l'allevamento dei figli. Perché non ridefinire la famiglia tenendo conto dei loro interessi? Perché, ad esempio0, non chiedere l'accesso alla maternità surrogata per gli uomini scapoli?


In quarto luogo, considerate gli uomini e le donne. Degli argomenti portati avanti dai sostenitori del matrimonio omosessuale fanno parte integrante due postulati che qui sono di grande interesse. Uno è che il “genere” si può spiegare adeguatamente come niente di più che una “costruzione sociale”, il che è stato popolare per decenni tra le femministe e ora è appoggiato dai postmodernisti. L'altro è che le tecnologie riproduttive dovrebbero essere usate per compensare le differenze sessuali. Tenendo presenti ambedue i postulati è possibile sostenere che gli uomini e le donne sono intercambiabili. (Le femministe della prima ora sostenevano che gli uomini e le donne fossero interamente intercambiabili, ad esempio, così che alle donne fosse permesso fare tutto quello che facessero gli uomini). Con gli stessi postulati in mente, tuttavia, è possibile sostenere che gli uomini e le donne siano autonomi – in altre parole, che nessuno dei due sessi ha bisogno dell'altro. Tirare questi postulati fino alla loro logica (e anche possibile, anche se non ancora universalmente riconosciuta come auspicabile) conclusione significherebbe creare delle comunità segregate in base al sesso, o comunità separate per gli uomini e per le donne (ribaltando così il poderoso sforzo di ogni società umana in tutti i tempi e in tutti i luoghi). Non sono stati gli omosessuali a inventare questi postulati; sono stati gli etero.


Anche ora, stiamo perdendo la capacità di fornire un pubblico supporto culturale per il legame eterosessuale. Questa diverrà la situazione ufficiale con la legalizzazione del matrimonio omosessuale. Nella migliore delle ipotesi, il matrimonio (tra uomini e donne) non sarà niente di più che una “scelta di stile di vita” tra molte presunte uguali. Ogni tentativo di promuoverlo per il bene della società nel suo complesso verrebbe denuciato come “discriminatorio” contro gli omosessuali. Non sarebbe dunque solo politicamente scorretto ma anche illegale.


Quinto, considerate l'identità virile. Questo è già diventato un problema sociale di prim'ordine. Consideriamo l'impennata delle percentuali secondo le quali i giovani uomini, a differenza delle giovani donne, non solo abbandonano la scuola ma anche si suicidano. Non c'è bisogno di un indovino per vedere che enormi problemi sociali, più diffusi di quelli che già abbiamo, emergeranno quasi certamente ogniqualvolta e ovunque i ragazzi o i giovani uomini non potranno più sentirsi profondamente parte né di una famiglia né di una società nel suo complesso – oppure, per metterla in un altro modo, nel futuro della società. Nei passati decenni abbiamo visto una riemersione del maschilismo nella sua forma più tossica. A molti ragazzi e uomini oggi sembra chiaro che anche un'identità negativa è meglio che nessuna identità. Questo soltanto dovrebbe obbligarci a una pausa per contemplare il futuro. Poiché la paternità è l'unica fonte rimanente di una salutare identità virile – e noi definiamo quest'ultima, una volta ancora, in connessione almeno a un contributo distinto, necessario, e pubblicamente stimato alla società – legalizzare il matrimonio omosessuale potrebbe lasciare gli uomini con un grave problema. In questo caso ci riferiamo ai matrimoni omosessuali delle donne, il che darebbe legittimità all'idea che i padri non sono necessari.


In ultimo, consideriamo la democrazia. Per un verso, la campagna a favore del matrimonio omosessuale sembra appoggiare la democrazia. Il suo slogan, dopotutto, è che i cittadini omosessuali dovrebbero avere gli stessi diritti degli altri cittadini. Per un altro verso, tuttavia, esso mina la democrazia – che per definizione comporta sia una maggioranza che una o più minoranze. I sostenitori dell'omosessualismo sono confusi. Paradossalmente vogliono e non vogliono essere una minoranza. Vogliono essere differenti dalla maggioranza, in altre parole, ma non pagare il prezzo di essere differenti. Ma se lo status stesso di minoranza diventa intollerabile, se il fatto stesso di essere differenti viene definito come intrinsecamente degradante e destabilizzante, allora come si può mantenere una democrazia (senza parlare di una democrazia “pluralista”)?


Parte integrante dell'idea di cittadinanza, inoltre, è l'idea di responsabilità adulta. I minorenni non sono cittadini a pieno titolo, dopotutto; solo gli adulti lo sono – e presumibilmente gli adulti maturi. Ma i sostenitori del matrimonio omosessuale ci dicono che lo stato deve conferire identità, autostima, persino salute mentale agli omosessuali. Questo è un inconsapevole insulto agli omosessuali. Peggio ancora, è un insulto a tutti i cittadini (specialmente in vista del fatto che a quelli che credono nel matrimonio come la sorgente ultima del'autostima non importa nulla di quel che può capitare all'autostima di coloro che non si sposano).


CONCLUSIONE


Saremo certamente accusati, a ogni modo, di retorica allarmista. E, dati i precedenti storici delle società nel bel mezzo di un cambiamento epocale, potevamo fare riferimento a possibilità ben più allarmanti. Ma ricordatevi che ogni analisi moralmente responsabile di politica sociale deve includere una considerazione dei rischi. L'ingenuità non è una virtù più di quanto lo sia il cinismo.


Nessuno può prevedere il futuro di questo esperimento. Le persone non sono come i topi di laboratorio. Gli errori sono molto più costosi. E è probabile che accadano conseguenze impreviste tanto a motivo dell'ingegneria sociale quanto per qualsiasi altra causa. Cerchiamo di risolvere ogni problema, ma di solito finiamo per rimpiazzare un problema con un altro. Quarant'anni fa, sembrava buon senso che cambiare le leggi sul divorzio sarebbe stato un atto di compassione per pochi, ma che non avrebbe fatto nessuna differenza per molti. Era un'ingenuità, per non dir altro. Ora siamo meglio informati. L'introduzione del divorzio ci ha cambiati in un modo che nessuno avrebbe immaginato. Per il meglio o per il peggio – meglio per qualcuno, peggio per altri – ora viviamo in una “cultura del divorzio”.


Alla maggior parte della gente piace considerare la propria società una società tollerante, e questo è certamente lodevole. Ma nessuna società potrebbe durare se la tolleranza fosse portata alla sua conclusione ultima: la convinzione che “tutto è ugualmente valido”. Oltre alla tolleranza – altrimenti nota come “amore”, “cura” o “compassione” - ogni società dev'essere guidata dalla saggezza. E questo richiede che i cittadini siano tanto ragionevoli quanto tolleranti. I canadesi dovrebbero pensarci due volte, dunque, prima di ridefinire il matrimonio.


FONTE: Katherine Young and Paul Nathanson, “Marriage-à-la-mode: Answering Advocates of Gay Marriage”. Paper presented at Emory University, Atlanta, GA (14 maggio 2003).


Copyright @CNA

( http://www.catholicnewsagency.com )


Unauthorized translation by

Giovanni Romano