sabato 13 settembre 2014

Il sacrario di Redipuglia e una chiesetta in Val Badia


Il drammatico, potente discorso di Papa Francesco oggi al sacrario militare di Redipuglia mi ha fatto tornare alla memoria un episodio di molti anni fa, quando sono stato in vacanza a Corvara in Val Badia.

Durante una passeggiata, mi ero imbattuto in una chiesetta e ci ero entrato per visitarla. Quando sono uscito mi sono accorto che, secondo un'usanza più umana di quella napoleonica, i morti erano stati ancora seppelliti nel giardino intorno alla chiesa. Incuriosito, mi avvicinai e quello che vidi mi diede una forte emozione.

Per la maggior parte erano tombe di giovani soldati austriaci caduti in combattimento contro gli italiani nella prima guerra mondiale, quando la Val Badia faceva ancora parte dell'Impero Austro-Ungarico. Vidi dei volti esattamente simili a quelli dei giovani italiani caduti dall'altra parte delle trincee, giovani forti che sarebbero potuti diventare padri di famiglia, lavoratori, medici, professori, sacerdoti. Solo le divise erano diverse, ma l'espressione degli occhi -quella fiducia e al tempo stesso quella timidezza indefinibile che si accompagna alla gioventù- era la stessa.

Mi sentii profondamente addolorato perché mi venne da pensare che li avevamo uccisi noi, gli italiani. E non avevamo scuse, eravamo stati noi a dichiarargli guerra. Quei giovani erano partiti dalle loro valli per non tornare più. Li avevamo uccisi noi. Provai quasi un senso di colpa a stare lì, e me ne andai più consapevole del male che due popoli possono infliggersi a vicenda con la guerra.

Paragonai quella visita a un viaggio fatto qualche anno prima a Trieste dove ebbi l'occasione di visitare il sacrario militare di Redipuglia. Un'imponenza sconfinata che scoraggia il raccoglimento, ma gli architetti avevano in un certo senso "espropriato" la morte, l'avevano glorificata, avevano trasformato un cimitero in un'adunata bellicosa dove i caduti, loro malgrado, venivano quasi incitati a fomentare nuove guerre. Tutto il contrario di quella chiesetta dove i giovani erano potuti almeno tornare a casa, vicini a chi gli aveva voluto bene.

Con questo non voglio assolutamente sminuire il valore di Redipuglia, solo suggerire un modo diverso di visitarlo e di meditare. Forse ci farebbe bene visitare i cimiteri militari "dell'altra parte", e farebbe bene agli altri visitare i nostri. Emergerebbe la tragica domanda di Dio a Caino: "Cosa hai fatto di tuo fratello?".

Il Papa ha richiamato il mondo intero alla sua responsabilità proprio nel momento in cui incombe la minaccia di altre guerre, di un'altra inutile strage (la Chiesa fu l'unica che levò la sua voce nel pieno del massacro, e fu attaccata e derisa per questo). Dio voglia che questa voce oggi sia più ascoltata di allora, Dio voglia che il coraggio e la fermezza di Papa Francesco tocchino il cuore di chi sta già freddamente pianificando un altro massacro.

Giovanni Romano

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