sabato 17 ottobre 2015

La lezione dimenticata di San Tarcisio

Non date le cose sante ai cani
e non gettate le vostre perle davanti ai porci,
perche' non le calpestino con le loro zampe
e poi si voltino per sbranarvi

Mt 7,6


Credo che pochi cattolici ormai conoscano la storia di Tarcisio, il ragazzino martire a causa dell'Eucarestia che portava segretamente ai cristiani incarcerati per la loro fede nell'agosto del 257 d.C.. Narra la leggenda che mentre si recava al carcere alcuni ragazzacci, incuriositi dalla cassetta che portava tra le braccia con tanta cura, cominciarono a seguirlo e a importunarlo, chiedendogli cosa avesse di cosi' prezioso. Non avendo avuto risposta, cercarono di strappargliela dalle mani, ma qui avvenne il miracolo: le braccia di Tarcisio sembravano diventate d'acciaio, per quanti sforzi facessero non riuscirono a fargli minimamente allentare la presa. Allora lo scherno divenne odio e lo colpirono tutti insieme con pugni, calci, pietre fino a ridurlo in fin di vita. Ma Tarcisio continuava a tenere stretta sul cuore quella cassetta che per lui era piu' importante della vita. In quel momento passo' Quadrato, un robusto centurione anche lui cristiano, che quando vide quel linciaggio intervenne e mise in fuga il branco. Tarcisio ebbe appena il tempo di affidargli le Ostie consacrate, poi gli mori' tra le braccia.

Non ho potuto fare a meno di pensare a questo giovanissimo martire quando ho letto che al Sinodo sulla famiglia un vescovo ha riferito di un episodio che per molti aspetti e' agli antipodi del sacrificio di Tarcisio. Al momento di ricevere la sua Prima Comunione, un ragazzino avrebbe spezzato l'Ostia consacrata e ne avrebbe dato la meta' al padre, divorziato risposato che non avrebbe ne' potuto ne' dovuto prenderla.

Dire che si e' trattato di un abuso liturgico e' poco. E' stato un sacrilegio in piena regola perche' nessun laico, tantomeno un ragazzino, puo' permettersi di dare il Corpo di Cristo a suo arbitrio, tantomeno a chi e' indegno di riceverlo perche' non si pente e non ha nessuna intenzione di cambiare vita. "Ma era suo padre!", mi si obbietterà. "Il ragazzo stava vivendo il momento piu' bello della sua vita, ha visto che il padre soffriva di vedersi escluso da quella festa, e ha voluto condividere Gesu' con lui. Cosa c'e' di male?".

In altre parole, si passa dall'etica del sacrificio all'etica della gratificazione, quasi che l'Eucarestia sia un gettone, un lasciapassare di socializzazione o peggio ancora un "diritto". E stiamo attenti a compatire certe "sofferenze", perche' proprio in nome della pieta' sono stati introdotti i tre stadi di abolizione dell'uomo: divorzio, aborto ed eutanasia!

Non c'e' bisogno di dire che questo ragazzino tanto compassionevole ha suscitato la "commozione" di molti padri sinodali (spero che qualcuno di loro abbia avuto invece il coraggio profetico di sdegnarsi). E' quella che Robert Hughes ha definito giustamente "La cultura del piagnisteo": c'e' sempre una vittima da qualche parte, c'e' sempre qualche oppresso che reclama i suoi diritti calpestati, non importa se campati in aria, e c'e' sempre qualche istituzione oppressiva che glieli nega, non importa se a torto o a ragione. Quello che conta, appunto, e' essere gratificati, sentirsi giustificati e rispettabili perche' vittime, e in quanto vittime sentirsi autorizzati a ottenere tutto quel che si vuole.

Va da se' che l'episodio e' stato ripreso con grande enfasi dai media di tutto il mondo, con buona pace della riservatezza dei lavori sinodali e con un tempismo tanto immediato quanto sospetto. Al di la' della storiella strappalacrime, si tratta di una operazione cinicamente ributtante che ormai non mira nemmeno piu' ad attaccare solo il matrimonio ma il cuore stesso dell'Eucarestia.

Probabilmente il ragazzino citato al Sinodo avra' agito in buona fede, ma era stretto dovere del sacerdote innanzitutto istruirlo bene e in secondo luogo richiamarlo, spiegandogli con chierezza le ragioni dell'inopportunita' del suo gesto, perche' a volte la Chiesa e' costretta a dire un fermo NO per non addormentare le coscienze.

Mi viene il sospetto che gli stessi Padri sinodali che si sono commossi per il ragazzino tanto altruista condannerebbero l'"integralismo", il "fanatismo" e la "chiusura al dialogo" di Tarcisio che amava tanto Gesu' da non credersi piu' buono di lui e da proteggerLo con la sua stessa vita.

Giovanni Romano