In un paio di giorni ho letto con enorme interesse il libro di Didi Gnocchi "Odissea rossa" (Eianudi, 2001) dedicato a Edmondo Peluso, comunista italiano fucilato dalla NKVD nel 1942 (per i dettagli biografici, vedi http://gariwo.net/giusti/peluso.php ).
A dire il vero, non ero completamente impreparato alla sua storia, perche' prima ancora della Gnochi ne aveva scritto Giancarlo Lehner in "La tragedia dei comunisti italiani" (Mondadori). Tuttavia, il libro della Gnocchi aggiunge molto agli accenni necessariamente brevi di Lehner, e presumibilmente nasce da una gestazione molto piu' lunga (nove anni, secondo quanto afferma l'autrice).
La Gnocchi ha anche saputo collocare opportunamente la vicenda di Peluso nel contesto della Russia post-comunista, sullo sfondo della miseria e dello squallore materiale e morale che il crollo del comunismo ha portato con se' (i suoi rapporti con gli interpreti, l'intervista coi condannati a morte, i viaggi attraverso le campagne e i villaggi).
Per una marxista dichiarata, e per una casa editrice dichiaratamente marxista, non e' affatto poco, e bisogna dargliene atto. Eppure io credo che attraverso la biografia di Peluso l'autrice abbia tentato una esplicita auto-assoluzione della sinistra. Ad esempio, sono taciute le enormi responsabilita' di Togliatti nella morte di almeno duecento comunisti uccisi dall'NKVD. La Gnocchi, al contrario, cerca di "riabilitarlo" osservando che Peluso fu l'unico (!) a favore del quale Togliatti cerco' di intervenire. Questo significa ammettere implicitamente che non intervenne per nessun altro, e diventa agghiacciante se si tiene presente il totale delle vittime italiane scomparse nelle purghe (il totale compare in Lehner, non nella Gnocchi). Inoltre si tace completamente il ruolo attivo di delatore che Togliatti ebbe nei riguardi di piu' d'uno dei suoi compagni. Devo ammettere che la Gnocchi e' stata molto brava: ha detto tutto, anche con una scrupolosa e ottima documentazione, per non ammettere niente.
Soprattutto, la Gnocchi non pone mai esplicitamente a tema la domanda che mi ha sempre tenuto lontano dalla sinistra: ma la causa era davvero buona? Non parlo delle aberrazioni, parlo della causa in se'. Valeva la pena costruire un mondo come quello preconizzato da Marx e Lenin, anche senza la violenza e il terrore che l'hanno storicamente accompagnato? Senza contare che l'URSS di Stalin era gia' contenuta nei Soviet di Lenin, come hanno ammesso anche alcuni politologi comunisti. Ma niente di tutto questo compare nel libro.
Secondo me il pensiero di sinistra, anche quello piu' blando, impoverisce gravemente l'umano, gli toglie orizzonte e significato. Mi ha colpito l'esempio dei coniugi Lafargue, (il genero di Marx e sua figlia Laura) che si suicidarono perché sentivano arrivare la vecchiaia. Antesignani dell'eutanasia? Una scelta piu' radical-borghese che proletaria. Ma vale la pena battersi per un mondo che finisce soltanto nella morte? Rivendicazione della liberta' di scegliere la propria fine, si dira'. E che liberta' e' questa, che si esprime solo con l'annientamento di se'? Il mondo nuovo sara' quello dove dovremo ammazzarci tutti (o dove ci elimineranno come parassiti se ci ostineremo a vivere e a gustare l'esistenza anche a 100 anni).
Di sinistra forse si nasce, non si diventa. Strano come io non abbia mai provato la minima attrattiva ne' la minima soggezione intellettuale verso il marxismo o la sinistra. Istintivamente, mi sono schierato sempre contro la pretesa dell'uomo di essere assoluto padrone e manipolatore della storia, del destino, del significato stesso dell'esistenza. Una tirannia molto peggiore di qualunque altra sia venuta prima. Inoltre, da decenni ormai il marxismo somiglia all'astrologia: non fa altro che inventare spiegazioni plausibili per gli errori delle sue previsioni.
Il libro e' scritto con stile scorrevole e con grande passione, i fatti sono scrupolosamente documentati e ben approfonditi. Bene ha fatto la Gnocchi a mettere in rilievo come, poco prima del suo arresto, Edmondo Peluso sentisse una viva nostalgia per le sorelle e i nipoti. Probabilmente aveva compreso che l'impegno politico e la fede rivoluzionaria non esauriscono le dimensioni della persona, che non si puo' rimodellare la realta' come ci pare e piace.
Più la vicenda umana di Peluso si avvia verso la sua tragica conclusione, più diventa evidente che la salvezza dal totalitarismo passa dal pre-politico o dall'anti-politico: la famiglia, le amicizie che si scelgono liberamente, le simpatie al di la' di ogni schieramento (a proposito, penso che Peluso mi sarebbe stato molto simpatico se l'avessi conosciuto personalmente. Idem per la Gnocchi). Alla sinistra manca l'umano, quali che siano le acrobazie storiche o dialettiche escogitate per coprire questo vuoto.
Giovanni Romano