Compro molto raramente questo giornale, lo confesso. Specialmente da quando ha condotto una battaglia pesante, faziosa e unilaterale per l'abrogazione della legge 40. Tuttavia oggi c'era un inserto culturale che mi aveva colpito e che volevo leggere.
La mia attenzione, però, è stata attirata dalla rubrica dei lettori, con due lettere che sono delle vere "perle" di ottusità e pregiudizio laicista. Le riporto a scorno e vergogna di chi le ha scritte:
TORCIA OLIMPICA - LA BENEDIZIONE
La fiamma olimpica di Torino 2006 passerà dal Vaticano per ricevere la benedizione papale. Ora, è vero che in Italia ci sono molti cattolici, ma ai Giochi olimpici partecipano tutte le nazioni. I giochi sono per tradizione anche il simbolo della pace e fratellanza fra tutti gli uomini, a prescindere dal loro credo religioso. E comunque il fatto che solo la Chiesa cattolica benedica la torcia mi sembra una discriminazione.
Cosa dire, di fronte a una castroneria così monumentale? C'è da restare senza fiato! All'autore è sfuggito:
1) Che la torcia non sarà benedetta in Italia bensì in Vaticano, uno stato estero che nulla ha a che vedere con l'Italia, almeno sul piano del diritto internazionale;
2) Che il credo religioso, con particolare riferimento a quello cattolico, porta pace e fratellanza, e non è in conflitto con le olimpiadi (le quali, non dimentichiamolo, nacquero dall'utopia decoubertiniana di un mondo affratellato al di fuori non delle differenze religiose, ma della religione in quanto tale);
3) Che definire "discriminazione" una benedizione che abbraccia tutto il mondo e tutte le fedi è il colmo dell'imbecillità, a meno che l'autore della lettera non sia andato a chiedere personalmente a Papa Ratzinger se la benedizione valesse solo per gli atleti cattolici, oppure abbia paura che la benedizione papale "contamini" la torcia e faccia venire l'orticaria ai non cattolici, oppure sia un incantesimo che faccia vincere i cattolici lasciando a bocca asciutta gli atleti ortodossi, protestanti, musulmani, buddisti, ba'hai, scintoisti, animisti e chi più ne ha più ne metta.
Un altro delizioso esempio d'ipocrisia laica lo troviamo in questa lettera, dedicata allo spinoso problema di presentare in società il proprio partner quando non si è sposati. La soluzione proposta è esilarante:
GALATEO - LE PRESENTAZIONI
Tra tanti temi seri vorrei dare un consiglio di galateo. Sono ormai moltissime le coppie di conviventi non sposati e spesso è imbarazzante presentare l'altro/a come partner, compagno, ragazzo, fidanzato, convivente, ecc. Consiglierei di usare il termine "consorte" che indica la persona che condivide il tuo destino ed è una verità certa in questo caso anche se pro tempore. Anche il diritto ecclesiastico non avrebbe niente in contrario e il termine ha una sua naturale accettabilità sociale.
Mi avevano detto che il galateo è ipocrisia codificata, ma fino a questo punto... Tanto per cominciare, il diritto interno della Chiesa cattolica non è il diritto ecclesiastico ma quello canonico (il diritto ecclesiastico è l'insieme delle norme che lo stato italiano adotta verso le confessioni religiose, quella cattolica in particolare). Non serve pontificare dottamente se non si conoscono nemmeno i termini più elementari.
In secondo luogo, è veramente sopraffina l'ipocrisia di definire "consorte" colui/colei che è disposto a mollare alla prima difficoltà o al primo capriccio. Quale sorte è possibile condividere, se non si condivide nel tempo? La soluzione proposta è un ossimoro come il termine "matrimonio per prova". L'ennesimo caso di langue de bois, un fumo ideologico sempre più denso e ipocrica che copre chi non vuole chiamare le cose con il loro nome.
Su una cosa però sono d'accordo senza riserve con l'autore. Il suo non è un tema serio, come non è serio il suo atteggiamento verso la vita.
Giovanni Romano