A
proposito della scarsissima affluenza alle urne per
le
elezioni regionali in Emilia-Romagna e in Calabria si sono sentiti
commenti tra lo sbalordito, il preoccupato e l'indignato. Le due
uniche voci contrarie sono state quelle di Renzi per il quale
l'astensionismo è "un problema secondario" e quella di
Cruciani, per il quale il problema non esiste, chi ha votato ha
votato, gli assenti hanno sempre torto e peggio per loro.
Lascio
al Presidente del Consiglio la superficialità interessata del suo
commento, sulla quale ritornerò comunque alla fine, e mi soffermo un
attimo sull'osservazione di Cruciani. Questi ha fatto notare che
negli Stati Uniti o in Inghilterra la percentuale dei partecipanti a
ogni votazione è simile o addirittura più bassa e nessuno si
scandalizza, tutti accettano il risultato. La sua tesi mi ricorda quel che trovai in un ottimo libro ormai molti anni fa, Democrazia
e definizioni, in cui Giovanni Sartori metteva a confronto quelle che lui chiamava la "buona" e la
“cattiva” apatia. Quella "buona" è appunto
caratteristica dei paesi anglosassoni: la bassa affluenza non è
segno di sfiducia nelle istituzioni ma piuttosto il contrario: chi
non va a votare è comunque certo che chiunque vada al potere non toccherà le sue libertà fondamentali . La "cattiva"
apatia, al contrario, è sintomo di rabbia, sfiducia, rassegnazione impotente oppure cinismo, perché nei confronti del potere si
preferisce la via dell'accomodamento individuale, dell'intrallazzo e
dell'accordo sottobanco piuttosto che il confronto aperto delle urne.
Non
c'è dubbio su quale tipo di apatia abbia prevalso. In un paese che
vive in un'atmosfera di conflitto permanente non esiste la "buona"
apatia, checché ne dica Cruciani. E trovo anch'io che
questo pesante assenteismo sia un
sintomo molto preoccupante, anche se per fortuna il Movimento a 5
stelle non è riuscito ad approfittare dello scontento. Sono però
lontanissimo dall'intendere la "partecipazione" come la
intendono, ad esempio, il presidente Napolitano e la sinistra al
governo:
intrupparsi dietro il pensiero unico e sfilare disciplinatamente
nelle ricorrenze comandate stile parata del Primo Maggio sulla Piazza
Rossa o nella DDR. O peggio ancora esortare a leggere i libri (i loro
libri, beninteso) e poi scagliarsi contro le Sentinelle in Piedi che
i libri li leggono davvero.
Non
serviranno certo i fervorini moralistici provenienti dai piani alti
per far tornare la gente alle urne, e da questo punto di vista Renzi
è stato più sincero (o più cinico) degli altri. Bisognerebbe piuttosto chiedersi
chi ha disertato e perché.
Oltre
a una quota consistente di disillusi della sinistra PD, ha disertato
soprattutto l'elettorato "moderato". Ma che significa oggi
"moderato"? Per la deriva etica che hanno preso FI ed Ncd,
sembra che "moderato" sia colui che vuole le stesse
cose della sinistra, solo a piccole dosi e in modica quantità. Ma
non è tempo di moderatismo questo. Una subalternità culturale e
politica così deprimente può soltanto alienare i consensi, e se non
li regala alla sinistra li toglie certamente alla destra. Non è un
caso che un partito come la Lega, che non ha paura di presentarsi con
una identità forte e di rifiutare in toto il "progressismo",
abbia conosciuto un'affermazione così clamorosa.
Renzi
per il momento ostenta sicurezza, la sicurezza di chi non ha avuto
bisogno del voto popolare per arrivare al potere. Per questo ha
potuto permettersi l'infelice battuta sull'astensionismo come
"problema secondario". Il suo atteggiamento è la chiave
per capire il vero retroscena di queste elezioni. Siamo già al terzo
governo non eletto e ci meravigliamo pure che la gente non partecipi?
Giovanni
Romano
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