martedì 25 novembre 2014

"Libertà è partecipazione" (?)

A proposito della scarsissima affluenza alle urne per le elezioni regionali in Emilia-Romagna e in Calabria si sono sentiti commenti tra lo sbalordito, il preoccupato e l'indignato. Le due uniche voci contrarie sono state quelle di Renzi per il quale l'astensionismo è "un problema secondario" e quella di Cruciani, per il quale il problema non esiste, chi ha votato ha votato, gli assenti hanno sempre torto e peggio per loro.
Lascio al Presidente del Consiglio la superficialità interessata del suo commento, sulla quale ritornerò comunque alla fine, e mi soffermo un attimo sull'osservazione di Cruciani. Questi ha fatto notare che negli Stati Uniti o in Inghilterra la percentuale dei partecipanti a ogni votazione è simile o addirittura più bassa e nessuno si scandalizza, tutti accettano il risultato. La sua tesi mi ricorda quel che trovai in un ottimo libro ormai molti anni fa, Democrazia e definizioni, in cui Giovanni Sartori metteva a confronto quelle che lui chiamava la "buona" e la “cattiva” apatia. Quella "buona" è appunto caratteristica dei paesi anglosassoni: la bassa affluenza non è segno di sfiducia nelle istituzioni ma piuttosto il contrario: chi non va a votare è comunque certo che chiunque vada al potere non toccherà  le sue libertà fondamentali . La "cattiva" apatia, al contrario, è sintomo di rabbia, sfiducia, rassegnazione impotente oppure cinismo, perché nei confronti del potere si preferisce la via dell'accomodamento individuale, dell'intrallazzo e dell'accordo sottobanco piuttosto che il confronto aperto delle urne.
Non c'è dubbio su quale tipo di apatia abbia prevalso. In un paese che vive in un'atmosfera di conflitto permanente non esiste la "buona" apatia, checché ne dica Cruciani. E trovo anch'io che questo pesante assenteismo sia un sintomo molto preoccupante, anche se per fortuna il Movimento a 5 stelle non è riuscito ad approfittare dello scontento. Sono però lontanissimo dall'intendere la "partecipazione" come la intendono, ad esempio, il presidente Napolitano e la sinistra al governo: intrupparsi dietro il pensiero unico e sfilare disciplinatamente nelle ricorrenze comandate stile parata del Primo Maggio sulla Piazza Rossa o nella DDR. O peggio ancora esortare a leggere i libri (i loro libri, beninteso) e poi scagliarsi contro le Sentinelle in Piedi che i libri li leggono davvero.
Non serviranno certo i fervorini moralistici provenienti dai piani alti per far tornare la gente alle urne, e da questo punto di vista Renzi è stato più sincero (o più cinico) degli altri. Bisognerebbe piuttosto chiedersi chi ha disertato e perché.
Oltre a una quota consistente di disillusi della sinistra PD, ha disertato soprattutto l'elettorato "moderato". Ma che significa oggi "moderato"? Per la deriva etica che hanno preso FI ed Ncd, sembra che "moderato" sia colui che vuole le stesse cose della sinistra, solo a piccole dosi e in modica quantità. Ma non è tempo di moderatismo questo. Una subalternità culturale e politica così deprimente può soltanto alienare i consensi, e se non li regala alla sinistra li toglie certamente alla destra. Non è un caso che un partito come la Lega, che non ha paura di presentarsi con una identità forte e di rifiutare in toto il "progressismo", abbia conosciuto un'affermazione così clamorosa.
Renzi per il momento ostenta sicurezza, la sicurezza di chi non ha avuto bisogno del voto popolare per arrivare al potere. Per questo ha potuto permettersi l'infelice battuta sull'astensionismo come "problema secondario". Il suo atteggiamento è la chiave per capire il vero retroscena di queste elezioni. Siamo già al terzo governo non eletto e ci meravigliamo pure che la gente non partecipi?

Giovanni Romano

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