giovedì 8 settembre 2022

L'assurdo viaggio delle pere argentine

 


La foto di cui sopra è stata scattata in un supermercato probabilmente di New York da un cliente più avveduto della media. Guardando con attenzione le indicazioni sulla confezione, risulta che le pere hanno fatto un viaggio che definire sconcertante è poco: prodotte in Argentina, imbarcate in Cile, spedite in Thailandia per essere trasformate in gelatina di frutta e confezionate, poi spedite negli Stati Uniti per essere vendute. Il che implica una doppia traversata dell'Oceano Pacifico oltre a un attraversamento delle Ande e un viaggio transcontinentale in ferrovia fino alla costa orientale degli Stati Uniti.

A prima vista si resta sbalorditi, ci si chiede se un viaggio così lungo, presumibilmente di settimane o mesi, abbia qualcosa a che vedere con la razionalità. Di certo ha a che vedere con il profitto. Evidentemente costa meno noleggiare delle navi, pagare carburante ed equipaggi per una distanza complessiva di oltre 40.000 km (in pratica, la circonferenza terrestre), pagare i dazi nei porti e i noli ferroviari, anziché semplicemente lavorare e confezionare le pere sul posto e spedirle direttamente negli USA, come se in Argentina non esistessero stabilimenti in grado di farlo né manodopera disposta a lavorare. E probabilmente, data la concorrenza al ribasso imposta dalla globalizzazione, di stabilimenti del genere in quel paese non ne esistono davvero. C'è da chiedersi quanto siano bassi i salari dei thailandesi, se ci si prende il disturbo di appaltare loro il confezionamento di pere provenienti da 17.000 chilometri di distanza.

Non è solo un viaggio assurdo, ma anche un viaggio dannoso per l'ambiente, dato l'inquinamento prodotto dalle navi, e anche per la salute, perché è evidente che per dei viaggi così lunghi è necessario l'uso dei conservanti.

Anche in Italia abbiamo visto esempi aberranti di globalizzazione, come quando alcuni pastori sardi fermarono e vuotarono per strada il latte di una autocisterna proveniente dalla Romania che doveva essere lavorato a poca distanza dai loro pascoli, come se i loro allevamenti non esistessero nemmeno.

Ci si chiede anche quale impresa, o quali imprese, abbiano deciso degli itinerari del genere. C'è il fondato sospetto che i cervelli - chiamiamoli così - si trovino negli USA.

Poi ci si lamenta che la filiera produttiva è troppo lunga!

Giovanni Romano

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