Secondo me c'è solo una cosa peggiore delle spudorate promesse elettorali: le geremiadi degli intellettuali laici e di sinistra (Umberto Eco tra i primi) che minacciano di "andare in esilio" (dorato, ovviamente) se dovesse vincere il centrodestra, e poi altrettanto ovviamente restano in patria a godersi cattedre, onori e prebende. Anche perché, all'estero, tutto sommato non è che siano famosissimi...
Io invece, sottoproletario della cultura, non posso nemmeno sognare di andarmene in esilio, né dorato né straccione, nella sciagurata ipotesi di una vittoria di quella sinistra che annovera tra i suoi -degni- rappresentanti anche una Giuliana Sgrena. Io sì che avrei motivo di vergognarmi di chi definisce spietatamente "mercenario" un uomo come Quattrocchi!
Oltre a mostrare una terribile mancanza di solidarietà umana, ha fatto mostra di uno squallido accecamento ideologico. E peggio ancora ha dato l'ennesima prova che il paese è davvero spaccato in due parti che si disconoscono a vicenda. Non un solo esponente della sinistra, almeno che io sappia, ha levato la sua voce per difendere dal fango la reputazione di Quattrocchi, che così è stato assassinato la seconda volta.
Che dialogo è possibile con gente come lei? Queste elezioni sono anche un conflitto di culture, di visioni del mondo totalmente incompatibili. La sinistra è per l'etica (i cui parametri, ovviamente, li detta lei nel proprio esclusivo interesse). La destra -almeno quella che intendo io- non guarda all'irreprensibilità etica come i terzomondisti, i pacifisti, gli ecologisti e ogni risma di isteristi, ma alla posizione che prende un uomo di fronte a una realtà senza appello come la morte, come la pallottola che tra meno di venti secondi gli sarebbe entrata nella testa. E lì è stato grande. No ha chiesto pietà, non ha frignato come invece ha fatto proprio la Sgrena.
Viviamo nelle stesse città, abitiamo negli stessi condomini, percorriamo le stesse strade, ma ormai ci separa un muro invalicabile di risentimento e di avversione. Prospettiva pericolosissima per l'avvenire.
Mi dispiace doppiamente per il povero Nicola Calipari che è morto per difendere una come lei.
Giovanni Romano
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