Ci sono dei momenti, nella vita apparentemente monotona di un insegnante, che invece sono straordinariamente rivelatori della mentalità che ci circonda. Uno di questi momenti l'ho vissuto stamattina.
Non ricordo come, il discorso era caduto sulla pedofilia via Internet, e a questo punto i ragazzi hanno cominciato a tirar fuori delle cose che mi hanno lasciato allibito, sgomento. Uno di loro, candidamente, mi ha detto di aver visto uno di quei video (e dove? E come?). Altri si sono messi a vantarsi apertamente dei siti porno che visitavano (senza curarsi delle due ragazze presenti in aula). Altri hanno cominciato a descrivere addirittura filmini d'incesto. Ed erano ragazzi di appena 14 anni!
In tutti c'è una concezione del sesso paurosamente banalizzata, meccanica, che non sa e non vuole sapere nulla di affettività. E non mi venite a dire che si tratta solo di vanterie ed esagerazioni. Per descrivere certe cose bisogna proprio averle viste.
Inutile parlare loro di "valori", ormai non sanno più nemmeno cosa siano. E anche se gliene avessero parlato li disprezzano. C'è solo il soddisfacimento immediato degli istinti. E questi istinti, anzi, non sono più nemmeno naturali, ma stuzzicati e suscitati a bella posta.
Sono uscito da quella classe profondamente amareggiato, senza sapere cosa dire perché ogni discorso mi sembrava un moralismo fuori posto. Però è accaduto qualcosa d'imprevisto. Con una mia collega per la prima volta abbiamo "inaugurato" la Scuola di Comunità nel mio istituto (quelli di CL sanno di cosa sto parlando). E allora mi è venuto in mente quel che dovevo dire. Bisognava partire dai desideri stessi dei ragazzi che questa "cultura" sta uccidendo. Sono piombato lì nel mezzo di un'altra lezione e gli ho detto: "Ragazzi, voi potete fare tutto il sesso che volete, ma scommetto che fra voi non c'è nemmeno uno che non voglia sentirsi amato".
Li ho piantati lì, e chi vuole capire capisca.
Giovanni Romano
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