venerdì 20 marzo 2009

Il padre nostro giansenista e il Padre Nostro cristiano

Una mia cara amica mi ha autorizzato a pubblicare una sua bellissima riflessione, in risposta a un foglietto con un'interpretazione del Padre Nostro quantomeno dubbia, giansenisticamente arida, che temo però sia moneta corrente in troppi ambienti cattolici, fin troppo attenti alla "qualità totale".

Buona lettura, e meditate attentamente,

Giovanni Romano

Questa mattina mi è capitato fra le mani un foglietto con una poesia che mi ha colpita, ma che nel contempo mi ha lasciato non poche perplessità.

Ecco il testo:

«Non dire Padre se ogni giorno non ti comporti da figlio.
Non dire nostro se vivi isolato nel tuo egoismo.
Non dire che sei nei cieli se pensi solo alle cose terrene.
Non dire sia santificato il tuo nome se non lo onori.
Non dire venga il tuo regno se lo confondi con il tuo successo materiale.
Non dire sia fatta la tua volontà se non l'accetti quando è dolorosa.
Non dire dacci oggi il nostro pane quotidiano se non ti preoccupi della gente che ha fame, che è senza cultura e mezzi per vivere.
Non dire rimetti a noi i nostri debiti se conservi rancore contro tuo fratello.
Non dire non indurci in tentazione se hai intenzione di continuare a peccare.
Non dire liberaci dal male se non prendi posizione contro il male.
Non dire amen se non prendi sul serio le parole del Padre Nostro!»

Il testo è suggestivo, fa riflettere e suscita emozioni.

Però lascia intendere che il Padre Nostro sia una faccenda per chi è quasi perfetto (non posso dire questa preghiera, se non ne sono degna), mentre in realtà è il grido di un mendicante.

A me verrebbe piuttosto da parafrasarla così:

«Dico Padre proprio perché vorrei comportarmi da figlio, ma ogni giorno distolgo lo sguardo da Te.
Dico nostro perché ho bisogno che Tu mi liberi dall’isolamento nel mio egoismo.
Dico che sei nei cieli perché se dipendesse da me penserei solo alle cose terrene.
Dico sia santificato il tuo nome perché con le mie sole forze non so onorarTi.
Dico venga il tuo regno perché altrimenti finisco con desiderare solo il mio successo materiale.
Dico sia fatta la tua volontà perché ho una paura maledetta della sofferenza, e senza il Tuo aiuto non potrei mai accettare le circostanze quando sono dolorose.
Dico dacci oggi il nostro pane quotidiano perché senza di Te non riuscirei nemmeno ad accorgermi della gente che ha fame, che è senza cultura e mezzi per vivere.
Dico rimetti a noi i nostri debiti perché il mio sforzo non basta quando mi ringhia dentro il rancore contro mio fratello.
Dico non indurci in tentazione perché senza la Tua Presenza non farei altro che continuare a peccare.
Dico liberaci dal male perché da sola non ho il coraggio di prendere posizione contro il male.
Dico amen perché prendo sul serio il mio viscerale bisogno di Te»

4 commenti:

Giulio ha detto...

Non mi sembra opportuno esaltare la differenza delle due letture del Padre Nostro. Non conosco coloro che le hanno scritto, né perché le hanno scritto, se la seconda sottolinea la debole condizione umana e invoca la misericordia di Dio, la prima richiama il credente ad una maggiore coerenza con la sua fede; spero nella buona fede dei due.
Ciao Giovanni

La voce dal vicolo ha detto...

Non dubito della buona fede di nessuno dei due, ma mi sembra più umanamente vero il secondo commento rispetto al primo, che rischia facilmente di degenerare nella superbia, e finisce per invitare la gente... a non pregare affatto. E poi, se è vero che la condizione umana è debole, chiedere aiuto piuttosto che basarsi sulla propria coerenza è da anime forti, non credi?

enzo riili ha detto...

Avete esposto due versioni del Padre nostro:

DELLA PRIMA VERSIONE, cito soltanto: Non dire PADRE, se non mi comporto da figlio
Non posso dire NOSTRO, se vivo chiuso nel mio egoismo.

Quando lessi questa versione la prima cosa che mi venne in mente fu la parabola del peccatore e del fariseo nel tempio, con le due versioni di preghiera che conosciamo, la preghiera umile del peccatore che non si ritiene degno, e quella del fariseo vanitoso e superbo.
Il testo proposto, se leggiamo attentamente non è una preghiera, bensì un invito alla riflessione.

Se io sono un peccatore incallito non mi verrà mai in mente di chiamare Dio come padre; se io quando prego, recito la preghiera senza pensare a ciò che dico, recito senza esprimere amore, come posso sentire l’amore del Padre? Non sarebbe meglio allora riflettere sulla seconda parte, accettando l’invito alla riflessione e poi chiedere perdono, convertirsi per potere recitare il Padre nostro con il cuore, avendo ricevuto la grazia di chiamare Dio Padre?
Potrei dire con parole mie: Mi vergogno di chiamarti Padre in questo stato di peccatore, abbi pietà di me; ti dico lo stesso nostro assieme ai fratelli in attesa di riconciliarmi….

DELLA SECONDA VERSIONE: «Dico Padre proprio perché vorrei comportarmi da figlio, ma ogni giorno
mi distolgo lo sguardo da Te.
Dico nostro perché ho bisogno che Tu mi liberi dall’isolamento nel mio egoismo.
Dico che sei nei cieli perché se dipendesse da me penserei solo alle cose terrene.

La prima impressione? Quel vorrei…. Quel ho bisogno , quel se dipendesse da me… non sono tanti buoni propositi, non è un pretendere da Dio tutto?
Però potrei anche qui raddrizzare le frasi: Ti chiamo Padre perché da oggi voglio comportarmi da figlio; sì, dico nostro perché da oggi lotterò contro il mio egoismo; tu sei cieli perché Gesù me lo ha insegnato e io ci credo per questo mi sforzerò di dare meno importanza alle cose di questo mondo.

Stesso discorso per la seconda parte…

In poche parole , senza voler mischiare le carte, tutte e due le versioni non sfalsano la prima parte del Padre nostro che è di affetto, di amore, di ammirazione, di remissione alla volontà di Dio?

Tutte e due le versioni a me sono state e mi sono di aiuto ad invogliarmi a recitare la bella preghiera del Padre nostro con più coscienza, più lentamente, quasi in silenzio per ascoltarmi e soprattutto per far parlare Lui.

Il Padre Nostro è preghiera e stile di vita? è preghiera e programma di vita.

enzo

La voce dal vicolo ha detto...

Un commento intelligente che potrei lasciare senza repliche perché approfondisce realmente la questione. Osservo solo che Dio spera anche nei peccatori incalliti che non lo chiamano Padre (l'umanità intera non l'avrebbe chiamato Padre se Cristo non fosse venuto). E certamente è molto bella la Sua lettura ("Mi vergogno di essere peccatore...").

Quanto alla seconda parte: ma certo che a Dio si deve chiedere tutto, perché non siamo niente! Ma con una clausola: "Sia fatta la tua volontà, cioè: la mia preghiera sia esaudita se questo corrisponde al tuo volere. Prima dei buoni propositi vengono il riconoscimento del Padre e la domanda a lui.

Direi che è la prima versione a sfalsare la prima parte del Padre nostro, perché vede in Dio un despota accigliato pronto a rinfacciare all'uomo le sue colpe e in ultima analisi la sua stessa esistenza. La seconda potrà forse peccare per eccesso di buoni propositi, ma è molto più confidente della prima.

E non posso che fare mia la Sua bella conclusione. Grazie.