Agli occhi di un lettore
del XXI° secolo l'Inferno di
Dante presenta aspetti decisamente strani, per non dire paradossali.
Ad esempio gli assassini sono puniti meno severamente degli usurai,
degli sfruttatori di prostitute, degli indovini, dei ladri e dei
falsari. Alcuni di questi paradossi possono essere spiegati con la
fede nell'immortalità dell'anima e la concezione organica e
comunitaria della società medievale: togliere la vita fisica a una
persona (destinata comunque alla vita eterna) era meno grave che
corromperle l'anima e destinarla all'eterna dannazione, oppure
rovinarle la vita terrena con l'usura e il furto.
C'è
tuttavia un paradosso più sottile, più profondo, che non riesco
tuttora a spiegarmi: come mai Dante ha collocato nell'Antinferno le
anime degli ignavi mentre quelle dei pagani meritevoli e giusti, e
quelle dei bambini incolpevoli morti senza battesimo, si trovano nel
Limbo, che pur essendo un luogo senza pene è un girone infernale a
tutti gli effetti, collocato al di là dell'Acheronte? Tra gli ignavi
ci saranno indubbiamente dei battezzati, specie se s'identifica con
Papa Celestino V “colui che fece per viltade il gran rifiuto”.
Inoltre, il comportamento indifferente verso Dio costituisce di per
sé un'offesa a Lui, e non può certo essere attribuito a ignoranza
incolpevole. Le anime di chi ha agito rettamente secondo la legge
morale non dovrebbero essere dunque collocate più in alto di quelle
degli ignavi?
Vorrei
che qualche esperto di filosofia tomistica medievale mi chiarisse le
idee, per farmi capire la scelta di Dante in base ai criteri del suo
tempo.
Giovanni Romano
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