Com'era
prevedibile, il divieto al burkini imposto sulle spiagge francesi ha
fatto discutere e ha avuto ampia eco in Italia. Sotto questo aspetto
ho trovato stupefacente la reazione di ambienti cattolici che
potrebbero essere definiti senz'altro come "conservatori":
una compatta levata di scudi in difesa di questo "costume da
bagno" (sic!), con una veemenza che forse non si è vista
nemmeno quando si è trattato di difendere uomini e donne cristiani
licenziati e discriminati solo perché portavano al collo il Crocifisso.
Da
un certo punto di vista questa posizione fa onore al cattolicesimo
perché conferma che difendere la libertà religiosa - in senso
cristiano - significa difendere la libertà di tutti. Mi sembra però
che stavolta persino intellettuali e giornalisti del calibro di
Costanza Miriano, Massimo Introvigne e Giuliano Guzzo abbiano
clamorosamente mancato il punto della questione.
Può
essere interessante un'esposizione sia pure molto sommaria delle
critiche più diffuse a questo provvedimento:
-
È un divieto ridicolo, i problemi sono altri (crisi economica, disoccupazione, terrorismo, ecc.);
-
Il burkini è soltanto un costume da bagno, e sulla spiaggia ognuno è libero di vestirsi come vuole;
-
Chi l'ha detto che le donne islamiche siano "costrette" a portare il velo o il burkini? Non portano il velo anche le suore, senza che nessuno trovi niente da ridire?
-
Prima di condannare il burkini, pensate alle nudità esibite dalle donne occidentali sulle spiagge;
-
Se si proibisce di portare il burkini alle donne musulmane, prima o poi proibiranno tutti i simboli religiosi, soprattutto quelli cristiani.
Non
vale nemmeno la pena di discutere la critica n.1. è il classico
espediente che si adotta quando si vuole eludere una questione.
Discuterò per ultima la critica n.2 perché ha a che vedere
direttamente con il nocciolo del nostro argomento.
Critica
n.3: è certamente vero che molte donne islamiche portano il velo di
loro spontanea volontà, ma non si può ignorare in nessun modo la
fortissima pressione sociale e culturale che lo impone di
fatto a tutte le musulmane (e non
soltanto a quelle che hanno liberamente scelto di portarlo, come le
suore). Per non parlare della costrizione a portare il velo anche
alle occidentali nei paesi islamici. Coloro che difendono con foga il
burkini sembrano aver passato un colpo di spugna sui gravissimi
episodi di intimidazione, percosse e persino uccisioni di donne
musulmane che hanno cercato di vestirsi all'occidentale. A parte il
caso di Hina, io stesso sono stato testimone diretto delle botte e
dei lividi inflitti a una mia alunna marocchina dal padre solo perché
la ragazza si vestiva come le altre sue compagne. Il paragone con le
suore, poi, è assurdo e improponibile anche per un'altra ragione: il
velo islamico (come anche i veli portati dalle donne fin dalla più
remota antichità) è segno del possesso dell'uomo sulla donna. Il
velo delle suore è, al contrario, il segno dell'emancipazione
femminile dal possesso maschile attraverso la verginità e la libera
donazione di se stesse soltanto a Dio.
Critica
n.4: mi ricorda certi alunni che quando vengono rimproverati si
mettono a protestare: "Professore, ma non sono solo io!".
Anche questo è un modo abbastanza infantile per eludere il problema,
ma il punto merita di essere discusso più a fondo. Io non sono
certamente un sostenitore del nudismo, ma non si può tacere che la
nostra civiltà ha un rapporto più positivo delle altre con il corpo
e con la bellezza che esso esprime. è giusto parlare di
mercificazione e banalizzazione del corpo, specialmente di quello
femminile, ma non si può dimenticare nemmeno quanto disse Papa
Giovanni Paolo II proprio nella Cappella Sistina a proposito della
"teologia del corpo". Il corpo umano è dono di Dio, e
prima del peccato originale era bellezza primigenia, coronamento
della Creazione. Non si deve abusare ma nemmeno nascondere con una
morbosa suscettibilità che forse nasconde desideri inconfessati.
Critica
n.5: è forse la più infondata di tutte. I simboli religiosi di
qualsiasi tipo sono già formalmente proibiti nelle scuole francesi
(e solo i musulmani si fanno un punto d'onore di ignorare e sfidare
questo divieto, mentre i cristiani obbediscono docilmente). In
Inghilterra la situazione è anche peggiore perché la pressione
anticristiana (e solo
anticristiana, ci tengo a specificare) mette al bando la Croce mentre
accetta senza protestare il velo islamico o il turbante dei Sikh. Il
divieto al burkini non aggiunge nulla alla persecuzione strisciante
di cui già soffrono i cristiani in Europa.
Arriviamo
infine al nocciolo della questione con la critica n.2. Affermare che
il burkini sia un semplice "costume da bagno" significa
prima di tutto contraddirsi con la critica n.5, e in secondo luogo
ignorare di proposito la mentalità da cui proviene. Partiamo da una
considerazione del tutto laica. Nessun modo di vestire, in nessun
caso, è una questione puramente privata. Con il nostro modo di
vestire comunichiamo i nostri gusti, il nostro stato d'animo, il
nostro status sociale, e naturalmente anche la nostra cultura di
appartenenza, che ne siamo consapevoli o no. Ma nel caso dei
musulmani c'è un'altra osservazione da fare: nella cultura islamica
non esistono spazi neutri in nessun ambito del vivere, nessun
comportamento è moralmente indifferente ma ogni manifestazione umana
(e a maggior ragione il modo di vestirsi) è direttamente
riconducibile a Dio. Da questo punto di vista il burkini non è
semplicemente "un altro modo di vestire" ma un atto
deliberato di disprezzo e di rifiuto della nostra civiltà. Non è
soltanto chiudere il corpo femminile in un involucro ma anche
chiudersi dentro un ghetto culturale.
Sottovalutare
questo aspetto di sfida porta a sottovalutare anche l'invadenza con
cui i musulmani non solo osservano le proprie usanze (e questo
potrebbe essere anche accettabile) bensì
le impongono
agli altri ogniqualvolta si sentono abbastanza forti per farlo, o non
incontrano una risoluta opposizione. Nelle mense scolastiche del Nord
gli alunni non musulmani non possono più mangiare salumi: sono stati
eliminati "per non offendere i musulmani" (e qui la parola
offendere
sottintende il rischio di violente ritorsioni). Nelle piscine
tedesche si va verso orari o giorni separati per uomini e per donne
perché cosi` vogliono i musulmani (altrimenti "si
offendono"...). A Rimini una spiaggia è stata riservata in
esclusiva alle donne musulmane e chiusa a tutti gli altri. Più di
una volta, in Inghilterra, i conducenti pakistani di taxi e autobus
hanno rifiutato di prendere a bordo ciechi accompagnati dai cani
perché per l'Islam i cani sono animali "impuri". Le
docenti cristiane delle
public schools
acquistate dai musulmani hanno
dovuto indossare
il velo o essere licenziate. E si potrebbe continuare con
innumerevoli altri esempi.
Di
fronte a tutto questo, possiamo davvero ridicolizzare o minimizzare
la questione del burkini? Personalmente trovo del tutto giustificato
il provvedimento preso dal governo francese, tanto più coraggioso
alla luce delle aggressioni, delle sofferenze e dei lutti che l'Islam
ha già inflitto a quella nazione e che probabilmente ancora le
infliggerà. Davvero non capisco come possano sottovalutare il
problema dei cattolici a tutta prova che fino al giorno prima
lanciavano alte grida d'allarme sull'invasione islamica e sul
tramonto della nostra civiltà.
Giovanni
Romano
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