giovedì 3 marzo 2022

Studiare Dostoevskij. Nonostante Dostoevskij

 


Ha fatto scalpore ieri la decisione dell’Università di Milano-Bicocca di cancellare un corso di lezioni su Fëdor Dostoevskij che si sarebbe dovuto tenere mercoledì prossimo 9 marzo a cura dello scrittore Paolo Nori, autore di Sanguina ancora. L’incredibile vita di Fëdor M. Dostoevskij (qui i dettagli della vicenda). La reazione è stata immediata: due autrici, Claudia Zonghetti (cui si deve la traduzione più recente de I Fratelli Karamazov) e Anna Lovisolo, hanno pubblicato online le email del protettore alla didattica e della rettrice dell’Università, invitando a inviare messaggi per esprimere il proprio dissenso. Di fronte a una tempesta di critiche provenienti sia dalla Rete che dai suoi stessi docenti, l’Università ha fatto quasi immediatamente marcia indietro e ha annunciato che il corso si sarebbe tenuto (qui tutti i dettagli). Ma era ormai troppo tardi per rimediare alla pessima figura, e l’inopportuno consiglio dato a Nori di “aggiungere scrittori ucraini al suo corso su Dostoevskij” ha provocato la rinuncia spazientita dell’Autore, che ha rotto i rapporti con l'Università e annunciato che il corso si terrà altrove (vedi l’articolo di Repubblica a questo link: https://tinyurl.com/3awts3ej).

 A prima vista, sembra sconcertante che persino uno scrittore morto da centoquarant’anni, e per giunta un genio universale come Dostoevskij, sia stato coinvolto nell’attuale conflitto russo-ucraino. Si è parlato di grossolana ignoranza storica, di una ondata di isterismo che si indirizza ciecamente contro tutto quel che è russo, dallo sport alla musica, dal cinema alla lirica (ricordiamo il licenziamento del direttore d’orchestra Valery Gergiev e del soprano Anna Netrebko dal Teatro alla Scala, rei di non essersi dissociati da Putin). È di queste ore la notizia che persino i gatti russi (razza molto pregiata, tra l’altro) sono stati banditi dalle mostre internazionali feline. Se la notizia fosse confermata, abbiamo toccato il fondo del grottesco politically correct.

 Ma siamo sicuri che l’allontanamento di Dostoevskij sia stato così arbitrario? Le motivazioni date dall’Università suonano generiche e vaghe, ma avrebbero potuto essere più circostanziate. Dostoevskij, è giusto ricordarlo, dopo la sua conversione era diventato un convinto nazionalista grande russo e un sostenitore dello zarismo,. Chi ha letto i suoi romanzi e i suoi saggi non può fare a meno di notare l’atteggiamento caricaturale, e non di rado ostile, con cui rappresenta gli ebrei e i polacchi, la convinzione che la Russia non facesse parte dell’Europa “decadente e corrotta” ma fosse diversa dal resto del mondo perché aveva il compito messianico di redimere tutti i popoli nel nome di Cristo. Era molto prevenuto verso i cattolici e la Chiesa di Roma, li accusava di proselitismo, legalismo, doppiezza, sottomissione al potere spirituale di una oligarchia clericale, crudeltà nel reprimere ogni dissenso. A differenza di Tolstoj, non condannò la sanguinosa repressione della rivolta polacca del 1863-64, e nei suoi romanzi i polacchi sono sempre rappresentati come spacconi vanagloriosi, meschini furbastri che vivono di espedienti o poco più.

 Non è quel che si dice il curriculum di un impeccabile pacifista internazionalista. Ma riversare su Dostoevskij le colpe dell’aggressione di Putin all’Ucraina è assurdo tanto quanto sono assurde le accuse di “omofobia”, “islamofobia”, “antisemitismo” e “razzismo” mosse a Dante e alla Divina Commedia qualche anno fa (1).

 Questo pone un problema: cosa si può accettare, e cosa rifiutare, nell’opera e nella figura di un genio universale? Altrimenti detto: cosa ci appartiene e cosa non ci appartiene di Dostoevskij? Quello che ha dato a tutto il mondo controbilancia gli aspetti più limitati e settari del suo carattere e della sua opera?

 Domande retoriche e risposta scontata. C’è qualche scrittore dell’epoca moderna che possa anche lontanamente parlare a ciascuno di noi, interrogarlo a fondo sul bene e sul male, come ha fatto Fëdor Dostoevskij? Il suo sguardo non aveva nulla a che vedere con l’ideologia ma partecipava in pieno del dramma dell’uomo in quanto tale. Un genio è certamente influenzato dai suoi limiti ma li supera di slancio, tanto che un altro genio, l’ebreo Sigmund Freud, ebbe a definire I Fratelli Karamazov "il più grande romanzo mai scritto". Possiamo trovare in Dostoevskij delle ristrettezze mentali e degli errori di giudizio specialmente in relazione ai suoi orientamenti politici, ma non si può né si deve dimenticare l’immensità dei suoi orizzonti spirituali, la straordinaria bravura di artista con cui ha dato vita a personaggi indimenticabili, la profondità sconcertante con cui ha saputo leggere non solo il suo tempo ma anche i tempi a venire.

 È fin troppo banale concludere che senza di lui il mondo sarebbe più povero, come è fin troppo ovvio affermare che la pace non si costruisce mettendo al bando i grandi artisti solo perché appartengono alla parte “sbagliata”. Dostoevskij non è patrimonio dei soli russi ma dell’umanità intera, e dunque va letto, studiato, approfondito anche nel bel mezzo di una guerra, anzi forse proprio nel bel mezzo di una guerra. 

Qualche volta, persino nonostante lui.

 Giovanni Romano

1. Vedi il mio articolo del 16 marzo 2012.