“Gli empi attirano su di
sé la morte
Ritenendola amica,
si consumano per essa
e con essa concludono alleanza
perché sono degni di appartenerle”
(Sap 1, 16)
Cominciarono ad accusarmi di libertinaggio,
non essendoci leggi antiblasfeme.
Poi mi rinchiusero per pazzo,
e qui un infermiere cattolico mi uccise di botte.
La mia colpa fu questa:
dissi che Dio mentì ad Adamo, e gli assegnò
di condurre una vita da scemo,
d’ignorare che al mondo c’è il bene e c’è il male.
E quando Adamo imbrogliò Dio mangiando la mela
e si rese conto della menzogna,
Dio lo scacciò dall’Eden per impedirgli di cogliere
il frutto della vita immortale.
Santo cielo, voi gente assennata,
ecco ciò che Dio stesso ne dice nel Genesi:
«E
il Signore Dio disse: “Ecco che l’uomo
è diventato come uno di noi
(un po’ d’invidia, vedete)
a conoscere il bene e il
male» (la menzogna che
tutto sia bene!);
«e
allora, perché non allungasse la mano a prendere
anche dell’albero della
vita e mangiarne, e non vivesse eterno;
per questo il Signore Iddio
lo scacciò dal giardino dell’Eden».
(La ragione per cui credo
che Dio crocifiggesse Suo Figlio,
per uscire da quel brutto
pasticcio, è che ciò è proprio degno di Lui).
A questa poesia, che ritengo la più profonda e anche la più subdola bestemmia mai scritta, dedicai ampio spazio di discussione nel mio libro Invito a Spoon River, pubblicato nel 2013. Scrissi allora che Bloyd aveva manipolato le Sacre Scritture, stravolgendo deliberatamente il racconto biblico: è il Serpente a mentire, non Dio, quando si rivolge a Eva dicendo: “È vero che Dio vi ha proibito di mangiare tutti i frutti del suo giardino?...”, e il resto è noto.
Scrissi anche che una spia della malafede di Bloyd è appunto l’omissione del Serpente, perché – così mi parve di intuire – egli stesso è il Serpente, egli stesso è il tentatore che ripete puntualmente lo stratagemma diabolico: mettere l’uomo contro Dio, distruggerne il rapporto di amicizia e di fiducia, dividere la creatura dal creatore1. Aggiunsi che Adamo non stava affatto vivendo “una vita da scemo”, se è “da scemi” essere stato fatto signore di tutto l’universo. Inoltre, misi in rilievo un altro aspetto dell’inganno nella narrazione capziosa di Bloyd: perché il Serpente non aveva consigliato ad Adamo ed Eva di mangiare prima dell’albero dell’immortalità, e solo poi di quello della conoscenza del bene e del male? La risposta è ovvia: perché Adamo ed Eva dovevano gettare via per niente tutti i beni che già possedevano, inclusa forse l’immortalità, o quanto meno la mancanza di dolore anche nella morte. Lasciamo perdere, infine, il sofisma più grossolano di tutti: se Dio fosse stato così privo di scrupoli, così spietato verso le Sue creature, perché mai avrebbe dovuto avvertire il bisogno di “uscire da quel brutto pasticcio”? Lui così onnipotente doveva forse render conto a qualcuno?
Per molti anni mi sono accontentato di rispondere così a questa poesia, la più negativa in assoluto di Spoon River, quella più carica di rabbia cosmica, ma solo ora mi sono accorto del suo vero veleno, di dove si annida realmente la tentazione, tanto più insidiosa perché fa appello a un atteggiamento che chiunque avrà provato almeno una volta nella vita: “La menzogna che tutto sia bene!”.
Come possiamo dire che “tutto è bene”, in effetti, davanti ai lutti, alle malattie, ai fallimenti, alle disgrazie, alla morte? Come possiamo dirlo davanti alle ingiustizie, alle stragi, alle guerre, alle epidemie? Come si fa a definirli “bene”? Non è forse giustificata l’accusa mossa ai cristiani di “tenere una partita doppia” dove i conti tornano sempre, in spregio a ogni evidenza del contrario?2
Senza nulla togliere allo scandalo del dolore, e specialmente del dolore innocente, a questa accusa si può rispondere su due piani, uno storico e l’altro ontologico (che è il piano della risposta a Wendell P. Bloyd). Primo, il cristiano non usa la sua fede come anestesia contro il dolore ma come suo superamento, anche a livello operativo. Da dove sono nati gli ospedali, che l’antichità pagana non conosceva, abbandonando di fatto i malati a sé stessi? Da dove sono nati i brefotrofi che accoglievano i neonati, anziché lasciare esposti sulla pubblica piazza quelli scartati dalle loro famiglie? Da dove sono nate le confraternite, le mense per i poveri, gli ordini mendicanti che riscattavano gli schiavi cristiani dai saraceni? Da dove è nata la difesa della dignità dei lavoratori sfruttati dal capitale?
Tutte queste opere sono nate dallo sguardo diverso sulla vita – e qui siamo già sul piano ontologico – di chi si riconosce creatura, e non invidioso rivale del Creatore. La carità cristiana non ha nulla a che vedere con l’”altruismo” e con la filantropia di matrice laicista, men che meno con la fatica amara e senza orizzonte di un Sisifo che rinfaccia a Dio tutto il male, come ne La Peste di Camus. Pare che l’odio di Bloyd abbia voluto risparmiare almeno Cristo, che lui vede solo come una vittima cinicamente sacrificata dal Padre Suo per togliersi d’impiccio. Ma non così hanno ragionato gli apostoli, non così hanno ragionato e ragionano i cristiani. Solo una grande positività, una grande forza, una profondità e una bontà senza paragone potevano coinvolgere e trasformare la vita di chi conobbe Cristo e di chi nei secoli Lo ha seguito.
Ma soprattutto, l’accusa di Bloyd è viziata da una insanabile contraddizione interna. Se l’uomo resta giudice unico del bene e del male3, la sete di infinito di cui è fatto resterà senza risposta, la sua ricerca sarà senza approdo, il dolore non sarà eliminato ma diventerà sempre più insopportabilmente pesante. Finirà per trovare sempre meno “bene” nella realtà, sempre più motivi di scandalo, di contraddizione, di rifiuto. Diventerà sempre meno capace di positività, fino all’autodistruzione o alla violenta imposizione di un proprio progetto. Di questa sinistra entropia il nostro tempo ha già visto fin troppe testimonianze con le ideologie, con la droga e con i “nuovi diritti”, primo tra tutti il suicidio assistito.
Wendell P. Bloyd è la persona più sola di Spoon River. Ha già compiuto in sé la parabola dell’autodistruzione. Nel suo mondo non c’è niente che si possa definire un bene, tanto è ossessionato dal suo stesso risentimento4. Eppure, nell’Antologia questo epitaffio trova il suo straordinario contraltare in quello di Padre Malloy, forse l’omaggio più grande che un ateo abbia mai tributato a un sacerdote cattolico. Non fu certo per amore di par condicio che Lee Masters creò due ritratti così potenti, ma per cogliere la realtà in tutte le sue dimensioni, fino alle polarità più esasperate. Bloyd visse e morì solo, Padre Malloy viene celebrato – caso unico in tutta l’Antologia – dai suoi amici non credenti che si erano sentiti inaspettatamente guardati, compresi, stimolati a sollevare a loro volta lo sguardo.
“Dai loro frutti li riconoscerete”. Sta a noi tenere aperti lo guardo, l’intelligenza e il cuore per poter dire, ogni giorno della vita e fino alla fine, “ne vale la pena”, e rifiutare i frutti avvelenati del risentimento e del rancore.
Giovanni Romano
1. Etimologicamente, “Diavolo” deriva dal greco “dià-ballèin”: dividere, separare, mettere contro.
2. Cfr. il libro di Franco Cassano Partita doppia, e molto di più l’opera di Albert Camus.
3. Questo è il significato riposto della frase “conoscerete il bene e il male”. In realtà, l’originale ebraico suona così: “Sarete voi a decidere cosa è bene e cosa è male”.
4. Hannah Arendt osservava molto acutamente che il rancore è la cifra caratteristica della modernità. L’uomo accetta solo ciò che si è fabbricato da sé, il prodotto fabbricato dalle sue mani, quello che ha già misurato e calcolato, ma si risente di fronte a quello che gli viene “semplicemente e misteriosamente dato”.
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