Premessa: questo scritto contiene esclusivamente delle mie considerazioni personali, non può né vuole essere una analisi del conflitto russo-ucraino, e non ha nessuna pretesa di completezza. Era però da molto tempo che avrei voluto puntualizzare alcuni elementi di questa guerra che mi sembrano degni di considerazione. Quel che è avvenuto ieri, 1 giugno 2025, è stata la spinta decisiva a intraprendere questo lavoro.
Una cosa salta subito agli occhi di chiunque abbia osservato l’andamento del conflitto russo-ucraino da quel tragico giovedì 24 febbraio 2022: il suo carattere di stallo sanguinoso tipico di una guerra di posizione, cosa del tutto paradossale in un teatro operativo come quello ucraino quasi privo di ostacoli naturali, e dove entrambe le parti dispongono – o disponevano – di abbondanti e sofisticate forze corazzate. Durante la Seconda Guerra Mondiale, il fronte ucraino vide avvicendarsi violentissimi combattimenti tra divisioni corazzate altamente mobili, durante i quali il fronte arretrava o avanzava di decine di chilometri al giorno, e città importanti come Kiev, Odessa e Sebastopoli caddero, vennero occupate e furono riprese con brillanti manovre da ambo le parti.
Come mai, a distanza di quasi ottant’anni, e con mezzi militari ben più sofisticati, questo non è avvenuto? Come mai, dopo l’iniziale avvicinamento russo a Kiev e la successiva ritirata, nessuna delle due parti ha potuto vantare un successo veramente decisivo? A parte la conquista di Mariupol da parte dei russi e la temporanea avanzata ucraina nella regione di Kursk, il fronte sembra essersi stabilizzato a tal punto che la conquista o riconquista di uno o due piccoli villaggi è stata gonfiata dalla propaganda fino ad apparire una grande vittoria, senza che poi accadesse più nulla per mesi interi, beninteso se s’intende l’espressione “non accadere nulla” come uno stillicidio atroce di vite umane che nemmeno interessa più i telegiornali.
Non è questa la sede per allargare il discorso sulla diplomazia e sugli attori a livello internazionale che stanno dietro a questa tragedia, ai fiumi di denaro e di armamenti che l’UE e fino a poco tempo fa anche gli USA hanno riversato in Ucraina e hanno permesso a questa nazione di reggere l’urto di un nemico tanto più forte – almeno sulla carta. Per i nostri scopi, sarà sufficiente indicare quel che si è rivelato il protagonista indiscusso di questo conflitto: il drone, che ha completamente obliterato quello che era il sistema d’arma che fu protagonista del conflitto mondiale, il carro armato. Questi congegni più o meno grossi, più o meno sofisticati, più o meno armati si sono dimostrati estremamente micidiali contro i veicoli e le navi, contro le persone, contro le strutture, per di più sono difficilmente rilevabili dai radar e sfuggono alla contraerea tradizionale. Soprattutto, grazie a loro e ai satelliti è diventato possibile il controllo completo del campo di battaglia: nulla di quel che si muove, uomo o veicolo, può più sfuggire, viene attaccato e distrutto immediatamente. La spiegazione dell’immobilità del fronte è tutta qui.
Sembrava che questa situazione dovesse prolungarsi all’infinito, a sentire le propagande contrapposte, ormai da anni la Russia non aveva più mezzi e l’Ucraina non aveva più soldati, ma da poche ore è accaduto qualcosa di inaspettato. Già da anni l’Ucraina si era rivelata in grado di effettuare azioni di sorpresa in territorio russo, in particolare sabotaggi e omicidi mirati di comandanti militari d’alto grado (iniziative che la controparte non è stata in gradi di replicare ai danni del nemico), ma stavolta la Russia è stata colpita come mai prima nel cuore stesso del suo territorio, con attacchi simultanei, ben coordinati e devastanti che non si sono limitati alle infrastrutture militari ma anche alle installazioni civili con perdite umane freddamente calcolate in anticipo.
A quanto ammesso anche dai russi, sono stati distrutti 40 bombardieri strategici con capacità atomiche, il che significa l’annientamento di una parte sostanziale dell’arsenale di deterrenza a disposizione della Russia, se si eccettuano i missili. Per la prima volta i droni ucraini hanno colpito località remotissime dal fronte come Murmansk, Irkutsk, Ryazan e Ivanovo. Per dare l’idea della profondità senza precedenti dell’offensiva, Munmarsk è a nord del Circolo Polare Artico, a oltre 2.000 km da Kiev, Ryazan a 744 km, Ivanovo a oltre 900 km, e soprattutto Irkutsk è a oltre 4.500 km, nel cuore della Siberia.
A parte l’audacia dell’infiltrazione delle piattaforme di lancio montate su comuni autocarri, del tutto sfuggiti al controllo dei russi, questo attacco significa qualcosa di ben più importante, non è solo un danno materiale già ingente di suo, ma è il crollo definitivo di uno dei vantaggi strategici che la Russia finora possedeva: l’immensità del suo territorio, la profondità delle sue retrovie che fino a ieri – letteralmente! – le avevano permesso di assorbire e respingere qualunque invasore proveniente da Ovest. Mai Napoleone si era sognato di andare oltre Mosca. Mai i tedeschi si erano potuti nemmeno lontanamente avvicinare ai monti Urali, al di là dei quali i Russi continuavano indisturbati a produrre enormi quantità di carri armati, aerei e pezzi d’artiglieria. Ora questo non è più vero: l’attacco di ieri ha dimostrato che la Russia può essere colpita in qualunque sua parte, quando, come e dove il nemico abbia deciso di colpire.
Penso che il contraccolpo morale sia stato enorme, tanto in patria che all’estero. L’Ucraina – che da anni aveva previsto una guerra con la Russia e si era preparata di conseguenza in segreto, con l’aiuto degli USA – si è rivelato un nemico micidiale, estremamente duro e ben equipaggiato. Con la presunzione tipica degli autocrati isolati dentro il proprio potere, Putin aveva sottovalutato il proprio avversario, la sua determinazione, le risorse e le alleanze sulle quali poteva contare. Si può discutere – ed è probabilmente vero – se l’Ucraina intendesse diventare la testa di ponte per armi a medio raggio destinate a mettere sotto pressione e ricattare la Russia. Ci si chiede cosa potrà accadere adesso al tavolo delle trattative, ammesso che siano possibili dopo un attacco del genere.
Una cosa è certa: l’Ucraina non può avere agito da sola. Si è trattato di una vittoria non soltanto sua ma soprattutto del partito della guerra a ogni costo da cui viene spalleggiata, e che sta già impoverendo l’Europa con ingentissime spese militari. Non è assolutamente un caso che l’attacco sia avvenuto alla vigilia della ripresa dei colloqui di pace. E se fosse vera la voce che gli USA non erano stati informati di questa operazione – da quando è stato eletto Trump gli USA hanno cessato di fornire intelligence agli ucraini – l’unica conclusione che si può trarre è che da questo momento l’America e la pace hanno un nemico in più: la UE.
Giovanni Romano