Per una curiosa – ma forse non casuale – coincidenza, il Televideo di venerdì 12 agosto batteva due notizie analoghe, ma sconcertanti quanto alla disparità di trattamento usata dal legislatore:
Ore 14,21: CAPRI Mike Tyson multato dalla Capitaneria di porto: scorrazzava su una moto d'acqua a meno di 200 metri dalla costa.
Ore 17,50: VENEZIA Una coppia di turisti olandesi è stata multata di 3.300 euro per aver comprato una borsa griffata falsa.
Quel che Televideo non dice è che Mike Tyson ha pagato – senza batter ciglio, a quanto pare - una multa inferiore di quasi dieci volte (360 euro, se ben ricordo) a quella dei malcapitati turisti olandesi, e per un comportamento cento volte più pericoloso.
Quanto alla seconda notizia, sembra di essere tornati alle “gride” di manzoniana memoria. Vale la pena riportare per intero un passo che sembra scritto oggi:
“Le leggi anzi diluviavano: i delitti erano enumerati, e particolareggiati, con minuta prolissità; le pene, pazzamente esorbitanti [il neretto è mio] e, se non basta, aumentabili, quasi per ogni caso, ad arbitrio del legislatore stesso e di cento esecutori; le procedure, studiate soltanto a liberare il giudice da ogni caso che potesse essergli d’impedimento a proferire una condanna. (…)”. (I Promessi Sposi, cap.I).
Dove sono i commoventi editoriali con cui “Il Giornale” stigmatizzava la pedante severità con cui la Finanza (all’epoca in cui Berlusconi era all’opposizione, beninteso) multava il barista che aveva preparato un panino per sua madre senza averle fatto lo scontrino? Dove sono le tonanti denunce sulla “dittatura fiscale” e sull’iniquità di leggi forti coi deboli, e deboli coi forti? Perché adesso tacciono, questi polli che starnazzano a comando?
Non c’è nulla, assolutamente nulla che giustifichi delle multe tanto sproporzionate, tranne un calcolo tanto cinico quanto vile. In primis, si vogliono difendere le “griffe”. D’accordo, il fenomeno esiste ed è dannoso. Ma ve l’immaginate un’avvocatessa, una senatrice, una docente universitaria, una imprenditrice che vanno a fare shopping sulle bancarelle? Se c’è un mercato che non conosce quasi mai crisi, è proprio quello degli articoli di lusso. Non si tratta quindi di “difendere l’immagine dei prodotti italiani nel mondo”, come ci vanno ripetendo fino alla nausea, quanto di mantenere i segni del privilegio di chi sta in alto, in una società dove il divario tra abbienti e non abbienti sta ridiventando così profondo che sembra di essere tornati alle caste.
In secondo luogo, è molto meno pericoloso, per chi deve far materialmente rispettare le norme, prendersela con il cliente (di solito un turista sprovveduto, del tutto ignaro di tali balzelli da medioevo) piuttosto che con l’ambulante extracomunitario che all’occorrenza può anche tirar fuori il coltello.
Lasciamo, per concludere, di nuovo la parola al Manzoni, per fotografare definitivamente la situazione in cui ci troviamo oggi (non mi stupisce affatto che lo stiano togliendo dalle scuole: è un testimone scomodo, può stimolare a pensare):
“Con tutto ciò, anzi in gran parte a cagion di ciò, quelle gride, ripubblicate e rinforzate di governo in governo, non servivano ad altro che ad attestare ampollosamente l’impotenza de’ loro autori; o, se producevano qualche effetto immediato, era principalmente quello d’aggiunger molte vessazioni a quelle che i pacifici e i deboli già soffrivano da’ perturbatori, e d’accrescer la violenza e l’astuzia di questi”. (Ibidem).
Una classe politica può anche permettersi l’odio, ma mai il disprezzo che accompagna norme così palesemente inique. Senza contare la pessima nomea che l’Italia si procura all’estero per quello che verrà certamente percepito come una trappola e un atto di pura rapacità fiscale.
A proposito, lo sapevate che chi realizza plusvalenze milionarie in Borsa non è tenuto a pagare neanche un centesimo d’imposta?
Allegri ragazzi, giustizia è fatta.
Giovanni Romano