giovedì 30 luglio 2009

Due riflessioni su Tolkien

Nel libro "Il Signore degli Anelli" la parola "vecchio" s'incontra molto spesso, ma -in piena controtendenza con gli scrittori suoi contemporanei- Tolkien non le attribuisce praticamente mai un significato negativo, non l'associa mai alle idee di usura, di decadimento o di semplice passatismo ottuso. Al contrario, in Tolkien "vecchio" Significa "solido", "quel che ha resistito al tempo, quel che il tempo non è riuscito a distruggere". E' l'espressione di una vittoria, non di una sconfitta. Di continuità, non di immobilismo.

Un altro elemento su cui riflettere è che la Terra di Mezzo ha strade, ma sono tutte deserte. Non sono certo i "crocevia di popoli" tanto sperticatamente esaltati dai patiti del "dialogo" e della "contaminazione". Quando le percorrono gruppi numerosi, come ad esempio i Nani in fuga dall'Ombra, si tratta sempre di presagi d'inquietudine e di pericolo. I viaggiatori possono anche essere figuri molto sinistri, come i Cavalieri Neri. Ma in genere le strade, compresa la mitica Via, sono deserte, solitarie, silenziose. E non soltanto per l'avanzare dell'Ombra. Il mondo di Tolkien è una "static, incurious civilization", per dirla con Orwell. Le sue razze diverse sono pensate per stare dove stanno, il mondo degli Hobbit è una dolce, nostalgica comunità che ogni intervento esterno può soltanto turbare o distruggere. Non è solo per la minaccia dell'Ombra che le vie di Tolkien sono deserte. Sono vie interiori, per cui passa non il commercio ma l'avventura, la crescita sofferta dei personaggi.

Giovanni Romano

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