sabato 1 agosto 2009

The dark side of Grande Puffo


Scritto il 4 settembre 2008

Ho comprato oggi un albo della serie dei Puffi: "La minaccia puffa". Si, faccio collezione di Puffi., e mi piacevano moltissimo da quando ero bambino, ancora oggi che ho cinquant'anni non so resistere al loro brio, alla loro semplicità, alla loro simpatia.

Tra quelle che ho letto, questa è la storia che si avvicina di più a "Il Puffissimo", ma è molto più cupa, sfiora addirittura la tragedia. Sembra di essere lontani anni luce dalla freschezza scherzosa delle prime storie, dalle inesauribili trovate comiche che a volte mi hanno fatto sentire male dalle risate. E' chiaro che nel villaggio perfetto dei Puffi qualcosa deve sempre succedere, altrimenti l'atmosfera sarebbe ripetitiva e stucchevole. E tante volte le cose succedono per un intervento esterno, ad es. gli attacchi di Gargamella o degli uomini, oppure per le bizzarrie del carattere di qualche puffo.

Ma stavolta il punto di partenza è già più "cattivo": la noia, il tedio, il non sopportarsi a vicenda dei Puffi. L'atmosfera del villaggio si avvelena, e il Grande Puffo pensa di dare una lezione ai suoi Puffi con un incantesimo di cui egli stesso non calcola le conseguenze: crea un universo parallelo, un anti-villaggio di puffi grigi dove, al posto della gentilezza e dell'amicizia, dominano la forza bruta, le armi, la crudeltà. Ciascun puffo grigio è il "doppio" malvagio del suo corrispettivo, e da questo punto di vista il racconto è un capolavoro perché mostra precisamente quello che possono diventare dei semplici difetti se oltrepassano il limite dello scherzo.

Il "doppio" del puffo con gli occhiali, ad esempio, non è solo pedante, ma è un delatore, una spia, un intrigante che vuole prendere il posto del suo capo. Il Puffo Burlone si trova davanti la versione peggiorata di se stesso, un teppista volgare e pericoloso; l'anti-puffo goloso ha una voracità che mette paura, ai limiti del cannibalismo. Il puffo inventore trova il suo contraltare in un ciarlatano malvagio che raffazzona i lavori ed è bravo solo a inventare macchine da guerra. Persino la Puffetta e il grande Puffo hanno il loro "doppio" malvagio. Ma se il paragone con la Puffetta è forse uno dei pochi momenti spiritosi (ma non troppo), in quanto è una guerra di smorfiose, molto più sinistro è quel che sarebbe potuto diventare il Grande Puffo se avesse ceduto alla sete di potere. Tanto per cominciare, il suo doppio si fa chiamare "capo". E' cinico, violento, prepotente, persino fanatico. Mai avremmo immaginato che il Grande Puffo avesse in sé potenzialità tanto malvage!

Due soli puffi mancano del loro doppio. Il puffo forzuto, forse perché i puffi grigi sono tutti più forti fisicamente di quelli blu, e un forzuto malvagio sarebbe stato veramente troppo, e il puffo brontolone (che in questa storia, caso unico in tutte le storie dei Puffi, non compare affatto), perché il suo contraltare si sarebbe dovuto spingere ai limiti dell'omicidio o del suicidio. E questo dice molto sulla drammaticità del racconto. Persino tra loro i puffi blu diventano più violenti: il Puffo con gli occhiali non si becca la solita martellata ma una picconata che lo riduce quasi in fin di vita.

Dopo inutili tentativi d'integrazione tra i due villaggi, la "lezione" che il Grande Puffo vuole impartire ai suoi Puffi gli sfugge presto di mano: i puffi grigi finiscono per distruggere il villaggio (si confronti questa scena, veramente terribile, con la scena di battaglia del "Puffissimo", dove domina lo scherzo) e fanno schiavi i pacifici puffi blu. Il Grande Puffo, che abbastanza stupidamente non ha preparato l'antidoto alla sua magia, cerca invano di salvare il libro dalle macerie del laboratorio ma viene catturato e portato davanti al suo "doppio". Qui viene fuori tutta la distanza speculare tra i due: mentre il Grande Puffo crede nella conoscenza, il Capo la disprezza perché crede solo nella forza, e fa bruciare il libro (da questo momento in poi il suo carattere rassomiglia sempre più a quello di Hitler).

I puffi blu sono rinchiusi in un vero e proprio lager e obbligati ai lavori forzati finché non vengano "rieducati" alla violenza,. Tutto sembra perduto, ma un puffo ha un'idea geniale. Se è vero che il villaggio dei puffi grigi è un'immagine rovesciata del villaggio puffo, allora ci dovrebbe essere anche un contro-laboratorio! C'è, infatti, anche se è una costruzione ormai fatiscente e abbandonata (segno della decadenza spirituale di un mondo che si fonda solo sulla forza bruta). Il libro viene ritrovato, il Grande Puffo riesce a creare l'antidoto, e dopo alcuni colpi di scena da cardiopalma, inclusa anche la fustigazione di un povero puffo, l'antidoto si sprigiona e i puffi malvagi svaniscono come un brutto sogno al mattino. Ma l'impressione inquietante resta, e non basta la mezza paginata scarsa di vignette finali a dissiparla. I Puffi hanno varcato una soglia che possono dimenticare solo perché il loro è un mondo senza tempo, il mondo dell'eterna fanciullezza. Ma nel lettore resta un senso di disagio e di tristezza che non si cancella facilmente.

Quali sono gli "insegnamenti" che si possono trarre da questa storia? Sono troppi per essere catalogati, qui ne riassumo quelli principali, oltre ovviamente al tema inquietante della scienza che sfugge di mano a chi crede di poterla dominare:

  1. Ogni gruppo, per ritrovare compattezza e concordia al proprio interno, ha purtroppo bisogno di un nemico esterno. Infatti i Puffi blu dimenticano le loro antipatie per coalizzarsi contro la minaccia ben più grave dei puffi grigi;
  2. Anche il carattere in apparenza più saggio, innocente e scherzoso ha un lato sinistro che aspetta solo di essere evocato per scatenarsi;
  3. Contro il Male è inutile il "dialogo". Il Grande Puffo cerca in ogni modo di far collaborare i suoi puffi coi nuovi venuti (oggi si direbbe che "persegue una politica di integrazione), ma i nuovi venuti ne approfittano in ogni modo, rubano i raccolti, rovinano la diga, maltrattano gli autoctoni e cercano deliberatamente la provocazione in modo da poterli dominare. Le buone intenzioni basate sulla "pace" e sul "dialogo" finiscono per provocare rovina e schiavitù.
  4. Stavolta il male viene dall'interno del villaggio, la magia del Grande Puffo ha scatenato il lato più malvagio e pericoloso dei suoi abitanti. Gargamella, al confronto, non è altro che un patetico stregone imbranato, un nemico esterno al quale ci si può quasi affezionare perché destinato perennemente a fare fiasco. Ma uno scontro tra universi paralleli è ben più profondo, e perché sopravviva il villaggio buono, quello malvagio deve scomparire.
Giovanni Romano

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