Devo ammetterlo. Il mio post precedente poteva suonare troppo apocalittico. Di fronte a una tragedia così immane, persino nella secolarizzatissima Norvegia nessuno ha recriminato contro il cristianesimo. Al contrario, in tanti si sono raccolti spontaneamente in preghiera nelle chiese, o quantomeno sono rimasti in silenzio.
Quando la realtà schiaccia in quel modo, quando si capisce che il Male è ineliminabile, non importa quanto sia organizzata la società o siano perfetti i servizi sociali, la risposta non può essere la “lucidità” o la “ragione”, che di fronte a tanti morti suonano come macabre barzellette. La risposta è innanzitutto un grido, un “perché?” lanciato a Uno che possa ascoltare, che possa rispondere. Un Qualcuno che in Norvegia non ha più volto da molto tempo (gliel'hanno tolto il rigido protestantesimo prima, il consumismo poi), ma che resta in fondo al cuore come bisogno, come domanda, come riconoscimento che non ci salviamo da soli.
La gente che si è raccolta in preghiera ha dimostrato che il male e la morte non sono obiezione a Dio, ma che al contrario risvegliano la sete di verità, di giustizia, di un significato ultimo. Qualsiasi cosa possa succedere in futuro, per quanti tentativi si faranno per soffocare ed eludere queste domande, i norvegesi hanno messo a nudo il loro cuore, e con la loro preghiera hanno smentito in pieno sia i deliri omicidi di Breivik sia le furberie interessate di chi vuole associare il cristianesimo alla violenza e alla strage.
Giovanni Romano
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