giovedì 30 gennaio 2014

"Mappa contro l'intolleranza" o strumento di schedatura?


Guardate questo disegno. Si riferisce a un articolo pubblicato dal quotidiano "La Stampa" il 16 gennaio scorso (link) relativo alla "Mappa dell'intolleranza", un software che non si limita a monitorare i tweet che contengono messaggi di odio contro le donne, gli omosessuali, i disabili, ma è capace anche di individuarne la provenienza attraverso la geolocalizzazione, e creare così una mappa delle aree più a rischio.

È vero che l'anonimato su Twitter offre un terreno di coltura fin troppo facile per l'insulto, il cyberbullismo o il cyberstalking, ma questa iniziativa è criticabile sotto due aspetti. Il primo è l'inquietante invasività del controllo informatico che certamente non si fermerà alle aree geografiche e arriverà fino al domicilio dei veri o presunti molestatori. Con il rischio di incolpare persone perfettamente innocenti. Sappiamo bene come gli hackers più esperti sono in grado di lanciare i loro attacchi da computers infetti e usati come "zombies" alla totale insaputa dei loro proprietari.

Il secondo aspetto è che si tratta di una mappa a senso unico e "politically correct". Solo alcune parole vengono monitorate (quelle illustrate nel disegno ne sono un esempio) e per giunta ad arbitrio dei programmatori. Nessuna offesa contro i cristiani, ad esempio, viene ritenuta degna di segnalazione. Non compaiono hashtags come #fanatico, #bigotto, #omofobo, #fascista, #clericale e via vituperando.

Che valore avrebbe quindi questa mappa se non quella di una pericolosa schedatura? D'altronde non si tratta di un'iniziativa isolata, ma s'inserisce in una rete a maglie sempre più strette che mira a controllare il pensiero e la libertà di opinione. Lo conferma il documentatissimo dossier Omofobia o Eterofobia? dell'Avv. Gianfranco Amato, presidente dei Giuristi per la Vita, pubblicato da Fede & Cultura, di cui citiamo due passaggi particolarmente significativi.

In riferimento al documento dell'UNAR sulle strategie anti-discriminazione, si legge a pag.86:

"Per promuovere efficacemente" le misure e il piano strategico proposte anche a livello locale "Risulta utile coinvolgere le reti di prossimità quali ad esempio i centri regionali antidiscriminazione, i nodi provinciali, le antenne UNAR e le altre strutture messe in campo agli organismi del decentramento amministrativo (circoscrizioni, municipi eccetera) con l'obiettivo di intercettare e raggiungere in modo capillare" le sacche di discriminazione omofoba presenti nel nostro paese. Poiché non è precisato, occorre chiedersi cosa siano le "antenne UNAR": uffici, sportelli, organismi di controllo, delatori sotto copertura, spie? [Il neretto è mio, N.d.R.]
Alla pagina successiva si accenna a una prospettiva ancora più inquietante:

"... è stato attivato un indirizzo di posta elettronica dedicato (...) cui possono essere inviate, anche in forma anonima, segnalazioni di atti discriminatori". [Anche qui il neretto è mio, N.d.R.]

Giustamente Amato conclude: "Si percepisce nella lettura un vago e sinistro sentore orwelliano".

Un sentore tutt'altro che vago, purtroppo. Lo psicoreato avanza a grandi passi, e chiunque si azzarda a dissentire sentirà prima o poi bussare alla sua porta la Psicopolizia.

Giovanni Romano

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