domenica 11 maggio 2014

Lettera aperta agli immigrazionisti

Quando ho letto la "Lettera ai candidati europei" a cura di molte organizzazioni cattoliche tra cui la Fondazione Migrantes, il mio primo pensiero era quella di cestinarla immediatamente. Poi mi sono immedesimato nei panni di un candidato cattolico alle elezioni europee e ho pensato che simili balordaggini non dovevano restare senza risposta. Ecco quanto ho scritto:

Cari Signori,

ho letto con attenzione, da cima a fondo, il vostro appello in vista delle elezioni europee. Da cattolico che parla ad altri cattolici non posso non notare con dolore che avete assolutamente trascurato i temi più brucianti sui quali si giocheranno le prossime elezioni europee, e che determineranno i nostri destini non meno dell'incontrollata marea umana che sta invadendo il continente europeo.

Non avete speso una parola, nemmeno una, sui temi etici più scottanti del momento: la promozione della cultura della morte e la lotta contro l'obiezione di coscienza all'aborto; l'attacco e la distruzione contro la famiglia naturale, l'eliminazione delle "vite inutili" con l'eutanasia. 

Nemmeno, a quanto pare, v'interessa trattare dell'oppressione fiscale che pesa sulle famiglie e sulla parte più produttiva del paese, e la lontananza autoreferenziale di istituzioni europee totalmente distaccate dalla vita quotidiana dei cittadini che dicono di rappresentare ma che pretendono di regolare con pignoleria maniacale.

Per quanto riguarda l'immigrazione (sarebbe più giusto parlare di una invasione, viste le modalità  a volte persino violente con cui avviene, basti pensare il vero e proprio assedio alle città spagnole di Ceuta e Melilla sulla costa del Marocco) mi sembra di capire che voi la consideriate un bene in sé. Permettetemi di dissentire, e di precisare che quanto dirò non rappresenta un dialogo con voi, perché il mondo cattolico parla ormai due o più lingue diverse, e quello che sembra importantissimo a una parte è irrilevante per l'altra. Scrivo solo per esporre le mie ragioni, senza pretendere che vengano capite.

Voi definite "vecchia, chiusa, rancorosa e xenofoba" un'Europa che si preoccupa - a mio avviso giustamente - dell'arrivo di milioni di persone senza realistiche prospettive economiche di inserimento, con il pericolo di creare ghetti e società chiuse all'interno della società, o peggio ancora di dare spazio a culture aggressive come quella islamica. Non vi dice niente l'eliminazione silenziosa del prosciutto e della carne di maiale dalle mense scolastiche, il piano d'infiltrazione delle scuole pubbliche da parte degli islamisti scoperto di recente in Inghilterra, il riconoscimento della sharia da parte dei tribunali inglesi e l'imposizione del velo alle donne ovunque i musulmani sono presenti? Senza parlare della lotta senza quartiere alle preghiere e ai simboli cristiani in tutta Europa, il Crocifisso in primo luogo, condotta sia contro i luoghi sia contro le persone? Questi non sono argomenti importanti per voi, che siete sacerdoti cattolici? Vogliamo ritrovarci in una situazione come quella nigeriana?

Certo, voi rispondereste che ci vogliono il dialogo e l'accettazione delle altre culture. Ma le altre cultura presenti in Europa sono forse esentate dal prendere in considerazione la nostra e i suoi valori? Dobbiamo sempre e soltanto sentirci in colpa per il solo fatto che esistiamo? Di fronte all'altro dobbiamo sempre presentarci senza volto né storia né identità?

Nella vostra lettera avete dato per scontato il suicidio demografico dell'Europa senza preoccuparvi di individuarne le cause né tantomeno di suggerire dei rimedi, se non permettere l'arrivo di popoli che non conoscono il nostro modo di vivere e che a volte persino lo disprezzano. Non posso essere d'accordo in nessun modo con una visione tanto unilaterale, ristretta e superficiale di un problema così vasto come quello della ricostruzione morale e demografica dell'Europa. Dichiaro quindi subito di respingere il vostro appello e di battermi fin da ora per valori molto più profondi che non quelli del vostro superficiale immigrazionismo.

Distinti saluti,

Giovanni Romano

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