martedì 21 febbraio 2017

La guerra delle palme



«I turbamenti e le sofferenze dovuti all'immigrazione sono già in atto»
(Card. Giacomo Biffi, «Sulla immigrazione», settembre 2000)

Chi avrebbe mai pensato che la trovata delle palme in Piazza Duomo a Milano avrebbe destato tante polemiche, tanto risentimento e tanta rabbia sfociati addirittura in un attentato incendiario? Si noti che ho evitato di proposito le parole «odio» e «razzismo» che sono in realtà comode scappatoie per non comprendere il disagio che cova dietro questa vicenda assurda solo in apparenza.

Come mai questa installazione è stata avvertita come un'imposizione, quasi come una violenza culturale inflitta alla città di Milano, alla sua storia e al suo habitat? Non è forse vero, come ha dimostrato l'amministrazione Sala, che le palme erano state installate in quella stessa piazza già alla fine dell’800 senza che a nessuno fosse venuto in mente di protestare?

A parte il confronto tra le due foto, in cui la presenza delle palme a fine ‘800 era molto più discreta di quella odierna (a mio giudizio assai pacchiana), c’è da tenere conto che il contesto storico-culturale è profondamente mutato. L'Italia di allora era un paese colonizzatore cui le palme non facevano impressione, anzi rappresentavano una sorta di trofeo. Quel che è «esotico» e «coloniale» è remoto per definizione, collocato a distanza di sicurezza in un remoto spazio fisico e mentale, che desta tutt'al più curiosità se non un certo orgoglio. Oggi invece l'Italia è un paese invaso da folle di «migranti» che vengono avvertiti come una minaccia, una prepotenza, una prevaricazione anche culturale con particolare riferimento all'islam.

Probabilmente nessuno dei tanti che predicano contro l' «odio» e il «razzismo» ricorda - o vuole ricordare - che nel novembre 2009 migliaia di islamici, in spregio ai divieti della Prefettura, ruppero i cordoni della polizia e invasero il sagrato di Piazza Duomo per farne un luogo di preghiera musulmano. Fu un inequivocabile gesto di sopraffazione e intimidazione verso i cristiani. Forse è proprio questa presenza sempre più ingombrante ad aver scatenato l'avversione e i sarcasmi contro le palme. Anche le immagini caricaturali del Duomo trasformato in moschea diventano molto più comprensibili in questa prospettiva.

A ciò si aggiunga il fatto che a volere le palme non è stato tanto il Comune ma la multinazionale americana Starbucks che ha dichiarato apertamente di voler assumere solo personale straniero in nome della «lotta-al-razzismo-all'omofobia-al-bullismo-alla-xenofobia-e-all'intolleranza-ecc.-ecc.-ecc.». I milanesi - o quanto meno un gran numero di loro - si sono sentiti dunque emarginati due volte: economicamente perché una multinazionale estera ha imposto il proprio progetto con la sua forza economica, e culturalmente perché sono costretti anche a sorbirsi i fervorini politicamente correttissimi di una cultura omologante che li espropria della loro identità.

Bruciare le palme, però, a parte essere un gesto tanto violento quanto stupido, è soprattutto sintomo di debolezza, di un’impotenza sempre più diffusa che non trova vie culturali o politiche per manifestarsi, della perdita di controllo sul proprio destino e sulla propria economia. Un segnale di conflitto e di disagio che non dovrebbe essere sottovalutato.


Giovanni Romano

1 commento:

Alessandro (Blumudus) ha detto...

Analisi lucidissima. Non sapevo del caso ottocentesco. E' sempre la solita storia: si abusa di parallelismi superficiali, calpestando il senso della storia, per forzare una interpretazione conforme...