Otto risposte alla mentalità abortista
di Jennifer Fulwiller
Una volta dissi che ero disposta a morire pur di mantenere l’aborto legale e facilmente accessibile, e lo dicevo davvero. Ero un’abortista veemente, come lo era la maggioranza delle donne negli ambienti che frequentavo. Credevamo che l’aborto fosse un diritto cruciale delle donne e non immaginavamo nemmeno come qualcuno potesse opporsi. Eravamo il prodotto di una cultura nella quale la sessualità umana era stata recisa dalla sua connessione intrinseca con la creazione della vita umana. Alla nostra generazione non era stato insegnato nei corsi di educazione sessuale delle scuole pubbliche che il sesso crea bambini, ma che il sesso senza protezione crea bambini. Ci veniva assicurato che la creazione di nuove vite umane era incidentale rispetto all’attività sessuale, qualcosa che era non solo opzionale ma completamente controllabile. Di fatto, i bambini venivano considerati radicalmente agli antipodi del sesso.
Nella mia vita di giovane adulta conobbi molte donne che avevano avuto aborti, e in ciascun caso gli atteggiamenti riguardo la gravidanza erano alla fine sempre gli stessi: “Non me l’aspettavo proprio!”. La società le aveva rassicurate che il sesso non aveva conseguenze capaci di stravolgere la vita, e le loro gravidanze non pianificate arrivavano come sgradite sorprese. In preda al panico per colpa di questa mentalità, loro - e quelle di noi che le appoggiavano - erano facile preda del messaggio abortista che i loro bambini non erano niente di più che un ammasso di “tessuto”, che l’aborto era solo “interruzione della gravidanza” e non la soppressione di una vita umana.
Dopo una conversione religiosa che mi condusse alla Chiesa Cattolica, cominciai a ripensare le mie posizioni abortiste. In particolare, l’insegnamento della Chiesa sulla sessualità umana riplasmò la mia visione del mondo in modo così radicale che, per la prima volta, fui in grado di guardare con sincerità a quel che l’aborto è veramente. L’insegnamento della Chiesa che il sesso contiene intrinsecamente la possibilità di creare nuova vita umana annullò la pressione che la mentalità contraccettiva mi aveva messo addosso, tanto da avermi fatto vedere i bambini come nemici. Una volta che vidi l’aborto per quello che era, potevo a stento credere che io avessi mai sostenuto una simile procedura. E’ una prova del potere della mentalità contraccettiva il fatto che per così tanti anni io riuscii a ignorare la realtà delle mie convinzioni.
Qui di seguito elenco otto affermazioni in cui credevo quando ero favorevole all’aborto, insieme a suggerimenti sul modo in cui si può rispondere a quelli che hanno opinioni del genere. E ricordate: la maggior parte di coloro che sono favorevoli all’aborto hanno bisogno di ripensare la sessualità umana prima che possano entrare nella mentalità giusta per “ascoltare” veramente gli argomenti contro l’aborto.
1. “Il sesso è finalizzato principalmente al piacere”.
Questa profonda incomprensione circa la natura della sessualità umana è una delle principali forze trainanti dietro il moderno movimento abortista. Quando le donne accettano la “verità” che il sesso ha solo il significato che loro vogliono dargli, che non sia un atto intrinsecamente sacro e tremendamente poderoso, stanno preparando un disastro. E’ come dire che le pistole cariche possono essere usate come giocattoli fintantoché si mettono colpi a salve nel caricatore. Banalizzare un atto così significativo a un livello tanto fondamentale è un invito al disastro.
In particolare, la convinzione che il potenziale che il sesso ha di creare la vita sia controllabile e opzionale fa sentire le donne scosse e intrappolate quando una nuova vita viene inaspettatamente creata - e le fa essere estremamente vulnerabili alle menzogne che vogliono disumanizzare la nuova vita dentro il loro grembo.
Uno studio del 2004 ha mostrato che la grande maggioranza delle donne che hanno avuto aborti ha dichiarato di averlo fatto o perché avere un bambino avrebbe radicalmente cambiato le loro vite o perché pensavano di non potersene permettere uno. Nella nostra società, queste non sono considerate ragioni per non avere rapporti sessuali; sono ragioni per non avere un bambino. Quando si pensa alla frattura eclatante tra i concetti di attività sessuale e quello della creazione di nuova vita, è facile vedere come questa impostazione alimenti la mentalità abortista.
Fino a quando la gente pensa che sia perfettamente accettabile intraprendere rapporti sessuali anche quando credono che un bambino gli rovinerebbe la vita, avrà il sopravvento la tentazione di disumanizzare e scartare ogni nuova vita. Per poter sostenere una cultura di accoglienza della vita dobbiamo aiutare le donne a vedere che non è la nuova vita che le intrappola, ma la menzogna che il sesso si possa separare dal suo potenziale creatore di vita prima di tutto.
2. “La contraccezione previene l’aborto”.
Secondo il Guttmacher Institute, ente di tendenza abortista, solo l’8% delle donne che hanno avuto aborti non ha mai usato la contraccezione, e più della metà stavano usando metodi contraccettivi quando hanno concepito le gravidanze che hanno cercato di abortire. E’ la diffusa accettazione della contraccezione che permette alle società di illudersi che il sesso sia un affare da poco; quando le donne intraprendono rapporti sessuali con quella mentalità, sono totalmente impreparate ad affrontare delle responsabilità enormi che cambiano definitivamente la vita come la gravidanza, il parto e i bambini. Ragioni sia statistiche che pratiche ci mostrano che la contraccezione non è una cura per l’aborto, ma una causa.
3. “Non è un bambino”.
E’ cruciale comprendere che i vostri amici e i membri delle vostre famiglie favorevoli all’aborto non sono a favore dell’uccisione di bambini - nessuno mai sosterrebbe una cosa così terribile. La nostra cultura ha rassicurato i sostenitori dell’aborto che il battito del cuore che si ferma durante un l’aborto appartiene soltanto a un feto, un organismo subumano. La terminologia è cruciale per la mentalità abortista. Parole disumanizzanti come “feto” o “ammasso di cellule” o “massa di tessuto” fanno sì che ci si convinca che l’aborto non è la soppressione di una vita umana.
Incoraggiate i sostenitori dell’aborto a considerare che anche il più piccolo zigote risponde alla definizione biologica di un essere vivente, contiene un codice genetico unico che non è mai esistito prima e non esisterà mai più, che ottiene la metà del suo materiale genetico da ciascuno dei suoi genitori. Al momento del concepimento, viene creata una straordinaria semi-replica della madre e del padre. Incoraggiateli anche a guardare le foto di bambini nel grembo disponibili sui siti come www.priestsforlife.org - o forse anche i risultati degli aborti in vari stadi di gravidanza - aiutateli a dare un volto a quei “feti” che vengono uccisi negli aborti.
4. “Le donne dovrebbero essere in grado di scegliere”.
La mentalità secondo cui “le donne dovrebbero essere in grado di scegliere” dà per scontato che le uniche donne di cui dovremmo preoccuparci sono quelle già nate. Una buona risposta a questo argomento è: “Quali donne?”. Quelle nel grembo, o quelle gravide?
Ancora una volta è una questione di terminologia. Non permettete che il bambino non nato resti invisibile in nelle discussioni sull’aborto. Ogniqualvolta i diritti o le scelte delle persone affiorano in relazione all’aborto, assicuratevi di chiedere se quegli stessi principi si applichino anche a coloro che non sono ancora nati.
5. La libera scelta dell’aborto favorisce la donna”.
Uno studio neozelandese sulle donne che hanno avuto un aborto pubblicato nel Journal of Child Psychiatry and Psichology ha mostrato che” le donne che hanno avuto un aborto avevano in seguito tassi elevati di problemi di salute mentale, inclusa la depressione (un aumento del 46%), l’ansietà, comportamenti suicidi e patologie nell’uso dei medicinali”. Oltre alla depressione e all’ansietà che tormentano molte donne per decenni dopo il loro aborto, persino i sostenitori dell’aborto non possono negare che l’aborto è una procedura violenta che incide duramente sul corpo di una donna.
E questo richiama ancora una volta la domanda: “Quali donne?”. Quelle nate o quelle non nate? Infatti, in molte parti del mondo, l’aborto è usato in primo luogo per uccidere le bambine indesiderate. Una posizione veramente favorevole alle donne le aiuterebbe a evitare il trauma dell’aborto prima di tutto, e rispetterebbe tutte le donne - incluse quelle che sono ancora nel grembo della madre.
6. “Dovremmo fare in modo che ogni bambino sia un bambino voluto”.
I difensori dell’aborto invocano spesso le sofferenze dei bambini che vivono in mezzo alla povertà, ai maltrattamenti o all’abbandono per sostenere che l’aborto è importante per limitare il numero dei bambini che nascono in queste situazioni difficili. Ma questo è ancora un altro argomento secondo il quale i bambini nel grembo materno vengono trattati come se non esistessero. E’ importante ribadire che quando è concepita una nuova vita, un bambino è già stato introdotto nell’ambiente. Il modo di rendere ogni bambino un bambino voluto non è uccidere i bambini che non vogliamo, ma mettere in rilievo l’importanza del fatto che le coppie evitino l’attività sessuale se sono in una situazione così disperata da non poter accogliere degnamente una uova vita.
7. “Alcune persone non sono pronte per fare i genitori”.
Il mito del sesso senza conseguenze irretisce molte coppie a intraprendere rapporti sessuali. Tali coppie diventano allora vulnerabili alla tentazione di vedere l’aborto come la soluzione delle loro indesiderate gravidanze.
Questa mentalità, naturalmente - ancora una volta - tratta la nuova vita come se fosse puramente teorica. Quando una coppia concepisce un bambino, sono diventati genitori che lo volessero o no: l’aborto non cambia tutto questo.
8. “Chi è contro l’aborto s’interessa solo ai non nati”.
Nel dibattito sull’aborto, la retorica del movimento per la vita si concentra spesso sul valore dei non nati semplicemente perché il disaccordo principale è se i bambini appena concepiti abbiano diritti o no. Ma il movimento per la vita è attivo anche nell’aiuto alle donne in crisi durante la gravidanza. I cattolici sono tra i più attivi oppositori dell’aborto, e coi suoi ospedali, orfanotrofi, case protette per la maternità e altri programmi di sostegno, la Chiesa Cattolica è il più grande fornitore di servizi sociali non governativi del mondo.
Se questo non bastasse, oggi ci sono oltre 2.300 centri di assistenza alle maternità in crisi negli Stati Uniti, la maggior parte dei quali offre ogni servizio, dall’alloggio all’occorrente per i bambini all’aiuto per il collocamento alle madri che devono affrontare situazioni difficili in gravidanza. Di fatto, nel paese ci sono più centri di aiuto alla maternità in crisi che cliniche abortiste. Gli argomenti secondo i quali gli antiabortisti prendono meno a cuore le madri rispetto ai bambini non nati si possono facilmente confutare guardando a quante strutture disponibili alle donne in stato di gravidanza siano gestite da organizzazioni di aiuto alla vita.
L’incomprensione profonda della sessualità umana che pervade la nostra cultura ha gettato le basi non solo delle mie opinioni abortiste ma anche del movimento abortista nel suo complesso.
La mia conversione sulla questione è un esempio di quel che deve accadere nella nostra cultura nel suo complesso per poter invertire la mentalità in senso favorevole alla vita. Se la nostra società tornerà a rispettare i non nati, dobbiamo in primo luogo rispettare e comprendere fino in fondo la natura dell’atto che crea in primo luogo queste vite non ancora nate. Fino a quando sarà recisa la connessione tra l’attività sessuale e il suo potenziale generatore di vita, prevarrà la tentazione di togliere valore alla vita umana.
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Jennifer Fulwiler è l’autrice di www.ConversionDiary.com , dove scrive sulle sue esperienze di cattolica dopo una vita di ateismo.
(c) Catholicnewsagency.com
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