Premetto che quanto sto per scrivere vale solo per me. Ho saltato un mese intero di blog per ragioni di salute ma soprattutto perché ho scoperto YouTube, e ne sono rimasto completamente irretito. Praticamente è una TV con un miliardo di canali (ho scoperto l'acqua calda!), c'è veramente di tutto, e vi ho trovato alcuni generi di video che mi piacciono molto: le ferrovie (reali o modellistiche), i trasporti, i filmati storici (specialmente quelli della seconda guerra mondiale), i combattimenti arei reali o virtuali...
Più che un elenco dei miei interessi, però, credo sia interessante parlare dell'effetto che tutto questo ha avuto su di me. Passare molto tempo al computer, anche prima di Facebook e Youtube, mi ha in gran parte distolto dalla lettura, ed è un vero peccato perché il libro non ha virus (tranne a volte le idee che contiene), non ha bisogno di corrente tranne la luce di una lampada la sera, non fa rumore e non emette radiazioni, non ci costringe a pigiare tasti per andare avanti, si lascia assimilare con il nostro ritmo, entra a far parte di noi in modo molto più "dolce" e al tempo stesso più profondo rispetto all'immediatezza violenta dei suoni e delle immagini.
E allora perché abbandonare la lettura? Perché il computer è apparentemente più gratificante, ci dà una sensazione di potenza (sbagliato, perché siamo noi le sue periferiche), d'interattività reale o illusoria, ma in ogni caso immediata, con persone di tutto il mondo. Non dico che questo sia negativo in sé, ma rischia di diventare una vera e propria droga (anche qui scopro l'acqua calda). Col computer c'è sempre "qualcosa da fare", e questo, a ben pensarci, è il contrario della concentrazione.
Prima di conoscere Youtube, tuttavia, ritenevo che la perdita della lettura fosse compensata dalla maggiore "attività" di fronte allo schermo: scrivere articoli e lettere, curare il blog, tenere la contabilità, informarmi via Internet, giocare ecc. Guardavo dall'alto in basso i "teledipendenti" puramente passivi ancora attaccati a quell'aggeggio arcaico che è il televisore, che infatti non guardo quasi più da molto tempo.
Tutto questo, però, è cambiato con YouTube, e devo ammettere di essere tornato a una teledipendenza forse peggiore di quella televisiva. Guardare i filmati mi ha riportato alla passività. Basta fare qualche click, e tutto il resto si svolge davanti ai nostri occhi senza bisogno di nessun altro intervento. Si resta semplicemente a guardare, e anche l'interattività con altri utenti è molto ridotta, certamente minore rispetto a Facebook o e ai siti di social network. E anche se ho postato più di un video, non si può certo definire "interattività" il piacere narcisistico di controllare quante persone e quando, e da dove, hanno guardato i miei filmati.
La brevità dei filmati, inoltre, rende frammentaria l'esperienza visiva: non si raccontano più storie, si raccolgono solo impressioni. Questo non significa che alcuni filmati anche brevi siano molto belli, ma certamente la tendenza generale è questa. Una volta poi che si diventa più navigati, è peggio ancora, perché si salta da un video all'altro dopo nemmeno pochi secondi, tale e quale come lo zapping.
In terzo luogo, YouTube è un oceano di rimandi senza fine. Ogni filmato ne richiama come minimo altri dieci. E' facile dire che qui si guarda solo ciò che si vuole guardare, ma appunto questo è il problema, perché chiudersi nel cerchio dei propri interessi ne esclude tutti gli altri. E' come trovarsi nel Paese dei Balocchi: l'abbondanza è tale che alla fine viene a nausea, o meglio questo labirinto sterminato lascia addirittura un senso di sgomento e d'indefinibile tristezza. Ho trovato quello che cercavo, l'ho trovato molto più di quanto pensassi... ma questo accumulo di immagini su immagini, filmati su filmati, impressioni su impressioni era veramente quello che cercavo? Cliccare all'infinito. Ma per trovare cosa? Ne vale la pena? E il mio io, nel frattempo, dov'è andato a finire?
Ecco perché ritornare al blog, cioè a una fatica creativa, pur non togliendomi la pesantezza dello stare davanti al computer mi sembra un prodigio di creatività rispetto alla fruizione puramente passiva di YouTube.
Giovanni Romano
Più che un elenco dei miei interessi, però, credo sia interessante parlare dell'effetto che tutto questo ha avuto su di me. Passare molto tempo al computer, anche prima di Facebook e Youtube, mi ha in gran parte distolto dalla lettura, ed è un vero peccato perché il libro non ha virus (tranne a volte le idee che contiene), non ha bisogno di corrente tranne la luce di una lampada la sera, non fa rumore e non emette radiazioni, non ci costringe a pigiare tasti per andare avanti, si lascia assimilare con il nostro ritmo, entra a far parte di noi in modo molto più "dolce" e al tempo stesso più profondo rispetto all'immediatezza violenta dei suoni e delle immagini.
E allora perché abbandonare la lettura? Perché il computer è apparentemente più gratificante, ci dà una sensazione di potenza (sbagliato, perché siamo noi le sue periferiche), d'interattività reale o illusoria, ma in ogni caso immediata, con persone di tutto il mondo. Non dico che questo sia negativo in sé, ma rischia di diventare una vera e propria droga (anche qui scopro l'acqua calda). Col computer c'è sempre "qualcosa da fare", e questo, a ben pensarci, è il contrario della concentrazione.
Prima di conoscere Youtube, tuttavia, ritenevo che la perdita della lettura fosse compensata dalla maggiore "attività" di fronte allo schermo: scrivere articoli e lettere, curare il blog, tenere la contabilità, informarmi via Internet, giocare ecc. Guardavo dall'alto in basso i "teledipendenti" puramente passivi ancora attaccati a quell'aggeggio arcaico che è il televisore, che infatti non guardo quasi più da molto tempo.
Tutto questo, però, è cambiato con YouTube, e devo ammettere di essere tornato a una teledipendenza forse peggiore di quella televisiva. Guardare i filmati mi ha riportato alla passività. Basta fare qualche click, e tutto il resto si svolge davanti ai nostri occhi senza bisogno di nessun altro intervento. Si resta semplicemente a guardare, e anche l'interattività con altri utenti è molto ridotta, certamente minore rispetto a Facebook o e ai siti di social network. E anche se ho postato più di un video, non si può certo definire "interattività" il piacere narcisistico di controllare quante persone e quando, e da dove, hanno guardato i miei filmati.
La brevità dei filmati, inoltre, rende frammentaria l'esperienza visiva: non si raccontano più storie, si raccolgono solo impressioni. Questo non significa che alcuni filmati anche brevi siano molto belli, ma certamente la tendenza generale è questa. Una volta poi che si diventa più navigati, è peggio ancora, perché si salta da un video all'altro dopo nemmeno pochi secondi, tale e quale come lo zapping.
In terzo luogo, YouTube è un oceano di rimandi senza fine. Ogni filmato ne richiama come minimo altri dieci. E' facile dire che qui si guarda solo ciò che si vuole guardare, ma appunto questo è il problema, perché chiudersi nel cerchio dei propri interessi ne esclude tutti gli altri. E' come trovarsi nel Paese dei Balocchi: l'abbondanza è tale che alla fine viene a nausea, o meglio questo labirinto sterminato lascia addirittura un senso di sgomento e d'indefinibile tristezza. Ho trovato quello che cercavo, l'ho trovato molto più di quanto pensassi... ma questo accumulo di immagini su immagini, filmati su filmati, impressioni su impressioni era veramente quello che cercavo? Cliccare all'infinito. Ma per trovare cosa? Ne vale la pena? E il mio io, nel frattempo, dov'è andato a finire?
Ecco perché ritornare al blog, cioè a una fatica creativa, pur non togliendomi la pesantezza dello stare davanti al computer mi sembra un prodigio di creatività rispetto alla fruizione puramente passiva di YouTube.
Giovanni Romano
2 commenti:
ben tornato,e adesso facci parte delle tue riflessioni sul web.
ad esempio,le amenità del giornalismo e trabocchetti mediatici anticattolici,in questi giorni non c'è che da sbizarrirci
Grazie Massimo! Ben trovato! Penso di averti accontentato almeno in parte con il mio post su Obama e la RAI, ma forse tradurrò una risposta molto forte di Theo Weigel contro il New York Times e la sua ignobile campagna mediatica, dal sito Catholicnewsagency.com.
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