Roberto Saviano non perde mai occasione per impancarsi a maestro col ditino alzato, specialmente quando si tratta di difendere le cause più aberranti e antiumane (le droga libera, l'eutanasia, l'istigazione all'odio e all'aggressione contro le Sentinelle in Piedi). Stavolta è intervenuto sulla tragica vicenda di Anatoly Karol, un ucraino di 38 amni ucciso a Castello di Cisterna (NA) perché aveva cercato di opporsi a una rapina. I banditi non solo gli hanno sparato ma hanno bestialmente infierito su di lui che aveva con sé la sua bambina di pochi anni.
Eco come Saviano ha letto la vicenda:
Non ha fatto notizia. A parte qualche veloce lancio ai Tg o qualche riga sui giornali, nessun commento importante. Anatoly Karol aveva 38 anni e sabato era con la sua bambina di un anno e mezzo a fare la spesa in un supermercato di Castello di Cisterna, in provincia di Napoli. All'improvviso due malviventi hanno fatto irruzione nel locale per una rapina. Anatoly ha cercato di sventarla, ma gli hanno sparato davanti alla figlia e poi hanno infierito su di lui con un'arma contundente. È morto quasi subito.
Anatoly era ucraino. Se fosse stato il contrario, se l'ucraino fosse stato il rapinatore, oggi su questo caso avremmo avuto molta più attenzione, raccolte di firme, cortei.
Sarebbe un intervento condivisibile se non fosse viziato da un equivoco di fondo, di cui anche Saviano è responsabile. Tutto preso dal sacro fuoco antirazzista, ha dimenticato che gli italiani non reagiscono alle rapine almeno per due motivi.
Il primo è il rischio di ritrovarsi colpevoli per essere intervenuti con la forza, specialmente quando all'aggressore derivano lesioni o morte, È vero che l'articolo 86 n.1 del Codice Penale riconosce l'attenuante (si badi bene, l'attenuante, il che significa che si rischia ugualmente il carcere!) "per avere agito in base a motivi di particolare valore morale e sociale", tuttavia chi ha avuto l'esperienza di essere intervenuto con la forza per sventare un reato si è lamentato di aver subito processi su processi ed essersi dovuto difendere quasi fosse il colpevole, comprese ovviamente le ingenti spese processuali.
Il secondo è la mentalità buonista che è stata diffusa, per cui il delinquente, il criminale è sempre "una-vittima-della-società", e come tale da "capire", quasi che dovesse andare esente dalle conseguenze del suo reato. Come scriveva il Cardinale Giacomo Biffi in un libro bellissimo e ormai introvabile (La Bella, la Bestia e il Cavaliere), abbiamo ormai più "comprensione" per Caino che per Abele. La conseguenza, tutt'altro che innocua, è il buonismo che imperversa nella scuola, nei media, del discorso pubblico. Appendiamo ai balconi le Bandiere della Pace, organizziamo Marce della Pace, ai bambini si fanno imparare le Canzoncine della Pace... ci sarebbe da meravigliarsi davvero se dopo questo lavaggio del cervello qualche italiano trovasse l'energia per battersi!
A differenza di noi italiani inebediti e devastati dal pacifismo e dal relativismo morale, gli stranieri hanno ancora conservato il senso del bene e del male, e quando vedono il male reagiscono. Ricordo ancora un coraggioso senegalese che fu ucciso in un negozio nelle stesse circostanze del povero Anatoly Karol, e per lo stesso motivo. Prima di scandalizzarsi a tempo perso, Saviano dovrebbe ricordare una poesia di Trilussa, Er Leone e er Conijo, che bolla il suo moralismo di comodo con questi versi fulminanti:
"E comme voi
che s'improvisi un popolo d'eroi
dov'hanno predicato li coniji?".
Giovanni Romano
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