"Contaminazione"' è una parola che va purtroppo molto di moda, e che solo ora, non so se per fortuna o per disgrazia, sembra scadere di popolarità, probabilmente perché l'influenza aviaria ci ha ruvidamente ricordato cosa significa davvero.
Che io ricordi, questa parola ha preso piede dal momento in cui sul Vecchio Continente hanno cominciato a sbarcare, bon gré mal gré, masse di clandestini, specialmente islamici. La parola ha dunque sostituito i vecchi termini "influenza" e "influenzare" (che anch'essi, non a caso, alludevano a malattie), o quello molto più esatto di "scambio culturale".
Ma cosa significa, esattamente, o meglio, quale significato si vuole attribuire a un termine usato intenzionalmente in modo così forte?
Direi che si tratta di un duplice ordine di significati: da un lato, com'è ovvio, "mescolanza". E questo già allude all'ideologia dell'appiattimento e del rifiuto delle differenze, in primo luogo quelle qualitative. Si pensa che la mescolanza sia un bene in sé. Certamente un sistema chiuso è destinato a corrompersi, perché l'inbreeding rovina una razza, ma una cosa è una giusta integrazione, un'altra è una mescolanza senza criterio.
Ma c'è un altro significato ancora, forse più insidioso. La contaminazione, come si sa, è l'aggressione di quel che è malato contro quel che è sano. Implica (e forse questa è la vera intenzione di chi usa questa parola, o di chi l'ha usata per la prima volta in questa accezione) la sopraffazione del più forte sul più debole, quasi un elemento che entri di prepotenza e finisca per imporre la propria legge. E' una parola malata, ben degna dell'epoca malata che stiamo vivendo.
Scrivendo questo, sono ben consapevole della banalità ovvia delle mie parole. Potrei sembrare un tradizionalista ottuso, uno cui sfugge il mutamento delle culture, o che vuole sfuggirvi. Ma la questione è un'altra: esiste una via di mezzo intelligente tra la caparbia -e inutile- difesa del passato, e il seguire acriticamente ogni moda?
Come tante parolacce usare per fare colpo, anche il termine "contaminazione" si attenuerà a forza di venire usato, fino a entrare nell'uso corrente. Ma era proprio necessario adoperarlo, in primo luogo? Dico questo perché, nel processo di mutamento e d'invecchiamento delle parole, a volte si perdono per strada espressioni che veicolano concetti più precisi, come ad esempio "sintesi". Un termine che non ha nulla di aggressivo o provocatorio, e che anzi indica una scelta intelligente, l'interesse per il vero che è possibile trovare ovunque. Ma forse siamo diventati troppo pigri per pensare davvero.
Che io ricordi, questa parola ha preso piede dal momento in cui sul Vecchio Continente hanno cominciato a sbarcare, bon gré mal gré, masse di clandestini, specialmente islamici. La parola ha dunque sostituito i vecchi termini "influenza" e "influenzare" (che anch'essi, non a caso, alludevano a malattie), o quello molto più esatto di "scambio culturale".
Ma cosa significa, esattamente, o meglio, quale significato si vuole attribuire a un termine usato intenzionalmente in modo così forte?
Direi che si tratta di un duplice ordine di significati: da un lato, com'è ovvio, "mescolanza". E questo già allude all'ideologia dell'appiattimento e del rifiuto delle differenze, in primo luogo quelle qualitative. Si pensa che la mescolanza sia un bene in sé. Certamente un sistema chiuso è destinato a corrompersi, perché l'inbreeding rovina una razza, ma una cosa è una giusta integrazione, un'altra è una mescolanza senza criterio.
Ma c'è un altro significato ancora, forse più insidioso. La contaminazione, come si sa, è l'aggressione di quel che è malato contro quel che è sano. Implica (e forse questa è la vera intenzione di chi usa questa parola, o di chi l'ha usata per la prima volta in questa accezione) la sopraffazione del più forte sul più debole, quasi un elemento che entri di prepotenza e finisca per imporre la propria legge. E' una parola malata, ben degna dell'epoca malata che stiamo vivendo.
Scrivendo questo, sono ben consapevole della banalità ovvia delle mie parole. Potrei sembrare un tradizionalista ottuso, uno cui sfugge il mutamento delle culture, o che vuole sfuggirvi. Ma la questione è un'altra: esiste una via di mezzo intelligente tra la caparbia -e inutile- difesa del passato, e il seguire acriticamente ogni moda?
Come tante parolacce usare per fare colpo, anche il termine "contaminazione" si attenuerà a forza di venire usato, fino a entrare nell'uso corrente. Ma era proprio necessario adoperarlo, in primo luogo? Dico questo perché, nel processo di mutamento e d'invecchiamento delle parole, a volte si perdono per strada espressioni che veicolano concetti più precisi, come ad esempio "sintesi". Un termine che non ha nulla di aggressivo o provocatorio, e che anzi indica una scelta intelligente, l'interesse per il vero che è possibile trovare ovunque. Ma forse siamo diventati troppo pigri per pensare davvero.
Giovanni Romano
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