Strettamente collegata al messaggio precedente è una riflessione che mi è capitato di fare stamattina mentre ero in libreria. Ho visto l’ultima edizione Einaudi del “Diario di Anna Frank”. La chiamo “Anna”, ma ormai da tempo la casa editrice, in nome forse di una male intesa “correttezza filologica”, ha come distanziato l’autrice dai lettori italiani, adoperando il nome “Anne”. Peggio ancora, sul dorso era indicato solo il cognome, uno scialbo “Frank” che per il lettore profano può anche non significare niente..
Non mi è piaciuto. Quasi per istinto, specialmente dopo aver letto il diario, tendiamo a usare il nome “Anna” perché questa ragazza la sentiamo viva, vicina, una di noi. “Universale”, in letteratura, non significa uno standard asettico e identico per tutti, ma vicinanza a ciascuno, in ciò che ha di più personale e familiare. Universale è ciò che viene fatto proprio in ogni cultura. Anna Frank è una persona splendida, dall’intelligenza acutissima, dal cuore grande e dalle potenzialità gigantesche. “Anne Frank” è già più sgradevolmente lontana, quasi fosse un oggetto di studio da guardare con un certo distacco. “Frank”, poi, è quanto di più frigidamente burocratico si possa immaginare
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