Oggi, come è giusto, si celebra la Giornata della Memoria, dedicata allo sterminio degli ebrei. Quello che accadde nei campi di concentramento è un macigno che grava sulla coscienza del mondo intero. E tuttavia, a costo di essere aggredito sia via Internet o persino fisicamente, dirò che una giornata come questa, così platealmente monopolizzata a senso unico, così grondante di “pensiero unico” da dare la nausea, non mi convince affatto.
Prima di tutto, perché l’immagine che questa giornata trasmette è che solo e soltanto gli ebrei furono le vittime di Hitler. Qui non parlo delle vittime “dimenticate” come gli zingari o gli omosessuali (che hanno comunque i loro forum che li rappresentano) quanto delle vittime “normali” di cui nessuno veramente parla: le ragazze polacche costrette a fare da prostitute ai criminali comuni tedeschi (i Kapò), sparate alla nuca al primo segno di malattia venerea e mandate anche loro al crematorio. I sacerdoti e le suore, i docenti universitari e l’intellighentsia non ebraica di cui molti membri condivisero lo stesso destino degli ebrei, ma che nessuno mai ricorda. Senza contare la spaventosa intolleranza mostrata dagli ebrei contro l’erezione di un Carmelo e di una croce nel campo di concentramento di Auschwitz, a ricordo delle vittime cristiane.
Ci vien detto che si deve ricordare l’Olocausto perché cose del genere non accadano mai più. Giusto. Bisogna però intendersi su questa espressione. Vogliamo dire che queste cose non devono più accadere a nessuno oppure che non devono accadere più ai soli ebrei? La mia domanda non è oziosa. Come mai, infatti, gli ebrei hanno sempre rifiutato di riconoscere che ci sono stati altri genocidi oltre al loro? Gli armeni, i cambogiani, i cristiani di Timor Est non sono stati anche loro soggetti a una politica sistematica di discriminazione e di sterminio? Tra coloro che respingono l’idea dell’Olocausto come unicum ci sono anche autorevoli personalità ebraiche come Claude Levi-Strauss o Noam Chomsky.
E mal si concilia l’ammonimento universale al ricordo della Shoah con la perdurante censura sui crimini del comunismo, quasi che esistessero vittime di serie A e vittime di serie B. Fortunatamente, le più alte coscienze ebraiche hanno sempre inteso la celebrazione della Memoria come un monito a tutta l’umanità e a difesa dell’uomo in quanto tale, non del solo popolo ebreo. Fino a quando la memoria sarà a senso unico, sarà generatrice di nuovi conflitti, non certo pacificatrice.
Mi asterrei dunque dal celebrare la Giornata della Memoria? Certo che no! Ci mancherebbe che dessi ragione a un criminale come il presidente iraniano o ai ciarlatani del negazionismo! Ma lo farei prendendo le mosse dallo straordinario racconto La Madonna Sistina dello scrittore ebreo russo Vasilij Grossman, uno dei pochissimi ad aver tracciato (anche per esperienza personale) un parallelo tra il totalitarismo nazista e quello comunista, individuando la radice comune di entrambi: il rifiuto della dignità umana. Grossman fu uno dei pochissimi a sentire, e ad abbracciare fraternamente, attraverso l’olocausto del suo popolo, la sofferenza e la persecuzione di tutti gli altri uomini.
Giovanni Romano
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