domenica 16 settembre 2007

Come banalizzare una parabola



Non mi è piaciuta l'omelia che ho ascoltato oggi sulla parabola del Figliol Prodigo. Troppi sacerdoti, e da molto tempo ormai, vedono nel pentimento del figlio un puro calcolo. Il figlio, in altre parole, non torna a casa perché pentito del male fatto, ma semplicemente perché ha la pancia vuota. Questo, però, secondo me impoverisce gravemente la parabola e l'insegnamento di Gesù.

Non è stato per solo interesse che il figliol prodigo è tornato. Il Vangelo dice esplicitamente che "rientrò in se stesso" (Lc 15,17). Rientrare in se stessi è più profondo che fare semplicemente i conti con la propria fame. Tornare dal Padre e riconoscere che si è peccato contro il Cielo e contro di lui non rientra in una semplice, meschina strategia di sopravvivenza materiale. Del resto, il figlio cosa poteva fare? Rivendicare sic et simpliciter il suo posto, come se niente fosse successo? Avendo chiesto la sua parte di eredità, era come se avesse considerato già morto il padre, si era radicalmente separato da lui. Ritornare figlio non era in suo potere. Alla sicurezza arrogante della partenza fa riscontro l'avvilimento del ritorno a mani vuote, ma anche l'umiltà del riconoscimento di aver sbagliato.

Che poi la parabola ruoti anche (ma non esclusivamente, come va di moda dire ora) sulla misericordia del padre, questo è fuori dubbio. Il sacerdote ha giustamente sottolineato che la risposta del Padre è sovrabbondante, uno "spreco" di amore per un figlio che non si aspettava altro che di essere punito col trattamento degradante dei servi. Noi siamo calcolatori -è stato questo il ragionamento- e lo siamo anche quando pensiamo di pentirci. Ma è il Padre a soprenderci con la Sua misericordia, ed è allora che incomincia il nostro vero pentimento, è allora che ci si spezza veramente il cuore.

Una spiegazione psicologicamente interessante, lo ammetto. Il guaio è, appunto, che rischia di essere soltanto psicologica. E' verissimo che la misericordia di Dio ci scruta e ci conosce come noi mai potremo fare, ma è altrettanto vero che essa non può operare se il pentimento non parte da noi. Il Padre attendeva il figlio e gli corse incontro, ma non lo seguì sulla strada che questi aveva deciso di prendere. Fu il figlio a riconoscere di essere venuto meno a un ordine oggettivo, non semplicemente di aver finito i soldi.

E poi, insistendo tanto sul "calcolo" del figlio, si perde un importante spunto di riflessione. I piaceri di questo mondo comportano solo spese, fatiche e preoccupazioni, e la loro ricompensa è il niente. Un tema di predicazione che prima s'incontrava molto spesso e che oggi invece è stato totalmente dimenticato. Allo stesso modo, insistere tanto sulla dimensione più utilitarista della parabola ha fatto passare in secondo piano l'importanza del pentimento e del riconoscimento vero delle proprie colpe.

Giovanni Romano

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