mercoledì 26 settembre 2007

Un'imprevista, meravigliosa lezione di vita


Lunedì 24 settembre sono andato a Bari per rinnovare la mia patente d'invalido. Nel gruppo c’era una giovane donna sui trenta-trentacinque anni. Carina, ben curata, spigliata e vivace nei movimenti. Mentre aspettavamo, canticchiava tra sé e sé accompagnandosi col piede. Mi chiedevo che handicap avesse, perché sembrava perfettamente “normale”. Dal momento che l’attesa si prolungava, abbiamo fatto un po’ di conversazione, e le ho chiesto del suo handicap. “Sono focomelica”, mi ha risposto con semplicità, senza imbarazzo.

Solo allora, con un sussulto, ho notato la protesi rigida che aveva al posto del braccio sinistro. Col suo buonumore era riuscita a farlo completamente dimenticare. Da invalido, posso dire che buonumore e allegria non “vengono facili” a chi porta in permanenza una limitazione o una mutilazione nel suo corpo. Ci vogliono volontà, grinta, fiducia, e probabilmente tante lacrime piante di nascosto. Ma so anche che non basta voler essere fiduciosi e grintosi. Per essere così sereni, così positivi, bisogna essere stati accettati e amati da una famiglia che non ha avuto paura del “figlio imperfetto”.

Mi sono chiesto cosa sarebbe di questa donna se dovesse nascere ora. Quasi certamente verrebbe scartata, con l’aiuto di medici e di magistrati “pietosi” ai quali auguro vergogna eterna per le vite che aiutano a distruggere, e di cui non sanno nulla.

Giovanni Romano

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