Il quotidiano online "L'Occidentale" ( www.loccidentale.it ) ha proposto il 13 settembre scorso un'analisi piuttosto interessante del "caso Boffo" a firma di Pietro De Marco. Alcune sue conclusioni sono senz'altro condivisibili, le avevo intuite persino io dal mio buco di provincia, come ad esempio il tentativo di smantellare la "linea Ruini". Giusta, ma tutto sommato marginale, anche la puntualizzazione che invita a non parlare più di "cattocomunisti" ma di "cattomanichei".
Ho notato che nell'articolo non si parla quasi del lato morale della vicenda ma solo di quello politico. In un certo senso è comprensibile, sia perché era troppo evidente che si è trattato di uno scandalo "a orologeria", sia perché la posta in gioco va ben oltre la singola figura di Boffo. Altre affermazioni, tuttavia, non mi trovano d'accordo, o mi trovano d'accordo solo parzialmente. Vediamo di analizzarle nei dettagli.
E' senz'altro vero affermare che: "Dino Boffo e Avvenire non erano in nessun modo omologabili ai nemici del governo". Ricordo benissimo molte lettere di cattomanichei, antiberlusconiani fanatici, che proponevano "evangelicamente" di bruciarlo in piazza, e rimproveravano aspramente il quotidiano e il direttore per la loro misura e il loro equilibrio. E' vero anche che molta destra cattolica ha sguaiatamente esultato per la sua caduta pensando di ritagliarsi chissà quale spazio di potere. Giusta dunque la considerazione di De Marco secondo cui questo è un errore che la destra pagherà molto caro (due giorni fa c'era già arrivato più analiticamente Don Massimo Camisasca quando aveva scritto sul Corriere che Boffo e Avvenire facevano argine, nel mondo cattolico, all'antiberlusconismo).
Da qui a dire, però, che si è trattato di un "errore" e di un episodio di "fuoco amico", ce ne corre, e molto. Non condivido in particolare questa affermazione:
Una prima conclusione: Dino Boffo è stato vittima del cosiddetto "fuoco amico" ed è stato difeso da falsi amici.
Si è trattato di tutt'altro che di un errore, ma di un attacco deliberato a freddo, perché c’è laicismo anche a destra. Un laicismo peggiore anzi, perché più attaccato alla conservazione di privilegi, più calcolatore, più opportunista, meno coraggioso. Anche a destra c'è la convinzione che la storia non la fanno i popoli ma le élites, e se il popolo non è d'accordo, peggio per lui.
De Marco fa una giusta diagnosi delle probabili conseguenze della caduta di Boffo: il crollo dell'area cattolica moderata e l'avanzata del pauperismo e dell'antiberlusconismo:
Feltri ha ottenuto in un attimo il risultato che anni di circolazione intracattolica di un falso diffamatorio non erano riusciti ad ottenere. Ma sarebbe ancora poca cosa, se l’errore (l’autogol come diffusamente lo si definisca nello stesso centrodestra) non fosse stato compiuto senza rendersi conto o saper calcolare che si offrivano alle sinistre, politiche e cattoliche, ad un tempo: la fine di Boffo e della sua sapiente moderazione di Avvenire e di altri media; la sanzione di una (presunta) "fine dell'età ruiniana"; il pretesto per una ennesima campagna contro Berlusconi liberticida e contro il governo; l'occasione per tutta la sinistra di mostrarsi defensor ecclesiae, un vero regalo immeritato, e per i laicati cattolici critici, per gli scontenti della Chiesa “silenziosa e indulgente con premier e governo”, un motivo di alzare la voce e proclamare giunta la stagione della "chiesa della profezia". Quest’ultima, poi, consiste nella mobilitazione dei fedeli, da parte di influenti cleri parrocchiali e organi di opinione ecclesiale, alla militanza contro la moderazione, e l'intelligenza, delle gerarchie e di Avvenire e, su tutti i fronti, contro il governo e il centrodestra (Fini escluso).
E' precisamente l'ultimo inciso che spiega tutto, che ci indica chi era dietro la manovra e perché. Ma De Marco non tira le conclusioni fino in fondo, preferisce illustrare le conseguenze ma non il cuore del problema:
L'obiettivo errore (non voglio pensare ad un lavoro consapevole; sarebbe follia [io invece si, N.d.R.]) diagnostico e strategico di Feltri e di alcuni ambienti conservatori anche cattolici, ha prodotto per ora il successo di uno spericolato uso di dicerie e sospetti da parte di quei diversi nemici (reali) di Boffo che oggi forse se ne dicono difensori ed estimatori. Il camuffamento dei fatti, e delle geometrie politiche, è tale che qualche ingenuo, nel mondo cattolico conservatore, ha fatto propria l'allucinazione feltriana di un "Boffo di sinistra" e ha pensato ad una liberazione di Avvenire! Qualche avventatezza comunicativa ha fatto speculare, persino, su una Santa Sede come mandante. Eppure in questa nuova, e confusa, situazione la risposta al cui prodest? è inequivoca.
D'accordissimo sulla maramaldesca irresponsabilità di alcuni ambienti conservatori cattolici che si ritroveranno in mano un pugno di mosche. Ma se vogliamo rispondere alla domanda "Cui prodest?" non dobbiamo annoverare solo la sinistra, ma anche Fini, nominato soltanto di sfuggita (ma il solo averlo fatto è significativo).
Molto interessanti gli ulteriori punti dell'articolo, dove si parla di "patologico ipermoralismo da intelligencija", di "sregolata retorica anti-potere persino da penna ecclesiastica", di "incontrollata patetizzazione del potere" (millenarismo travestito e/o buonismo, come abbiamo visto nel paragone irresponsabile tra gli annegamenti dei clandestini e la Shoah).
Un patologico ipermoralismo da intelligencija invade da mesi, da anni, i quotidiani, i fogli di opinione e i siti della sinistra. Sappiamo che gran parte degli enunciati sono semplicemente falsi, non hanno riscontro né in documenti né in atti di governo delle istituzioni o delle persone sotto tiro. L’opinione pubblica antigovernativa, quella cattolica inclusa, vivono così di analogie infondate e illogiche: ad es. quelle allarmistiche e vaticinatòrie di nuovo razzismo e fascismo. La sregolata retorica anti-potere persino da penna ecclesiastica, comunque da un’intelligencija che chiamo neomanichea, è il peggio. Preda di luoghi comuni, lo sfogo incontrollato in bocca cattolica è, poi, corruptio pexima. Niente può convenirle meno dell’incontrollata patetizzazione delle cose. Infatti la lettura quotidiana della sfera pubblica è stata segnata nel “popolo di sinistra” da una discriminazione secondo il valore: esso ha di fronte a sé l’iniquità del Nemico, la sua sottoumanità, la sua violenza, realmente da odiare, non meno che da temere e da irridere.
Il punto più interessante dell’articolo è dove De Marco individua la radice culturale profonda dell’antiberlusconismo nell’inquietante dualismo gnostico di chi si crede “figlio della luce” contro i “figli delle tenebre”:
Un dualismo gnostico - a piena conferma del celebre teorema di Eric Voegelin - ha dunque prodotto il mito di una presenza malvagia che ha contaminato il Paese o, semplice variante, che si è fatto espressione della sua contaminazione. L’intelligencija ha vissuto con angoscia la propria sconfitta nell’ultimo quindicennio politico come avvento di un universo alieno, sotto il dominio, sotto la Legge, di un demiurgo inferiore, cieco e malevolente. L’odio dell’intelligencija alla persona del premier è, dunque, odio ontologico.
De Marco non lo nomina, ma questo è precisamente l'atteggiamento rancoroso di Dossetti e dei dossettiani suoi alunni (Prodi e Andreatta in primis) com'è stato descritto nell'ultimo libro di Gianni Baget Bozzo e Pier Paolo Saleri “Giuseppe Dossetti - La Costituzione come ideologia politica” - Edizioni Ares.
Del tutto ingenua invece è la conclusione, che non vede (o non vuole vedere, o forse non può denunciare) da dove veramente è partito questo attacco (non semplicemente "errore"!) e non vuole ammettere che le sue conseguenze, obiettivamente disastrose per i cattolici moderati, non sono accidentali ma previste e volute una ad una, a costo di sfasciare il paese e di creare quasi una guerra di religione:
Nell’abbondante letteratura sul friendly fire vi è un capitolo importante su come distinguere senza errore, sul teatro delle operazioni, l’amico dal nemico. Sarà opportuno adattare analogicamente quelle tecniche di identificazione alla sfera politica, sperando che (e operando perché) le numerose, e già leggibili, conseguenze dell’aggressione a Boffo possano essere neutralizzate o contrastate.
Questo articolo, a leggerlo bene, sa di lacrime di coccodrillo, perché ormai il danno è fatto.
Giovanni Romano
2 commenti:
bel commento,ottime critiche e osservazioni,ma adesso giovanni,un tuo articolo sulle dinamiche che hanno generato il caso boffo per davvero,e le conseguenze,mi piacerebbe veramente sapere che ne pensi.
Temo che questo sia un compito al di sopra delle mie possibilità. Io mi servo di fonti di seconda o terza mano. Molto più addentro alle segrete cose è, ad es., Antonio Socci che ha ipotizzato un asse anti-Ruini e filo-Fini nella Chiesa (!) che va dal direttore dell'Osservatore Romano Gian Maria Vian fino a Paolo Mieli, passando per Lucietta Scaraffia. Boffo è stato tolto di mezzo perché ostacolava la manovra di avvicinamento di alcuni settori ecclesiastici al laicismo finiano. Non sono però in grado di smentire o confermare minimamente tali ipotesi.
Di certo c'è solo che nella Chiesa è in corso uno scontro violento e senza esclusione di colpi, per quanto soffocato e dissimulato.
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