Ginevra, Svizzera, 17 settembre 2001 / 04:40pm – La delegazione della Chiesa cattolica presso la sede delle Nazioni Unite di Ginevra ha espresso “forti obiezioni” a un riferimento al suicidio assistito comparso in un rapporto speciale sul ruolo degli anziani nella società, nonostante si sia dichiarato d'accordo su altri aspetti del documento.
“Crediamo fortemente che la vita sia un dono che nessuna persona abbia il cosiddetto 'diritto' di terminare, che la morte sia il punto di arrivo di un processo naturale e che nessuna persona, nemmeno gli stessi anziani e sofferenti, abbia titolo per causare o affrettare il processo naturale del morire attraverso mezzi biomedici o di qualsiasi altro tipo”, ha spiegato l'Arcivescovo Silvano M. Tomasi, capo della missione permanente della Santa Sede come osservatore presso le Nazioni Unite e le sue agenzie specializzate a Ginevra.
Il 16 settembre ha parlato alla diciottesima sessione del Consiglio per i Diritti Umani delle Nazioni Unite a proposito del suo studio sul diritto alla salute degli anziani.
La critica dell'Arcivescovo Tomasi si è appuntata su un riferimento alla “questione dell'autonomia del paziente rispetto alla decisione di terminare la propria vita”, anche se ha riconosciuto che l'autore del rapporto non ha trattato tali questioni “nel contesto del presente documento”.
L'Arcivescovo ha detto che la Chiesa esorta gli scienziati e i medici a ricercare la prevenzione e il trattamento delle malattie collegate alla vecchiaia senza mai cedere alla “tentazione di far ricorso a pratiche che abbrevino la vita degli anziani e dei malati, pratiche che si rivelerebbero, di fatto, forme di eutanasia”.
Ha affermato che la Chiesa Cattolica vede il numero crescente di persone anziane come “una benedizione” piuttosto che “un fardello per la società”. La Chiesa gestisce in tutto il mondo 15.448 case per anziani, malati cronici e persone handicappate.
L'Arcivescovo ha citato il discorso che Papa Benedetto XVI ha tenuto in una casa di riposo a Londra nel settembre del 2010. Il Papa disse che ogni generazione può imparare dall'”esperienza e dalla saggezza della generazione che l'ha preceduta”.
“In verità, il fornire cure agli anziani non dovrebbe essere considerato tanto un atto di generosità quanto il pagamento di un debito di gratitudine”, disse il Papa.
Nonostante le sue obiezioni al riferimento nel rapporto alla “decisione di mettere fine alla vita”, l'Arcivescovo Tomasi ha espresso il suo accordo con molti aspetti del rapporto. Si è dichiarato d'accordo a che gli stati dovrebbero allocare più risorse per le cure geriatriche e dovrebbero addestrare il personale sanitario a interagire con i pazienti anziani “in modo appropriato, rispettoso e non discriminatorio”. L'Arcivescovo ha messo anche in rilievo il bisogno speciale di proteggere le persone anziane deboli contro gli abusi fisici e morali da parte del personale di assistenza o dei membri della famiglia.
L'accrescimento della proporzione degli anziani è “interculturale” e l'autore del rapporto è stato stringente nell'affermare che proteggere i diritti umani degli anziani dovrebbe essere la preoccupazione di ciascuno, perché ciascuno invecchia.
L'autore del rapporto ha esortato a un cambiamento di prospettiva rispetto all'attuale considerazione biomedica della vecchiaia che viene vista come “un fenomeno patologico o abnorme” e “parifica l'età avanzata alla malattia”.
Copyright(c)CNA
Unathorized translation by
Giovanni Romano
“Crediamo fortemente che la vita sia un dono che nessuna persona abbia il cosiddetto 'diritto' di terminare, che la morte sia il punto di arrivo di un processo naturale e che nessuna persona, nemmeno gli stessi anziani e sofferenti, abbia titolo per causare o affrettare il processo naturale del morire attraverso mezzi biomedici o di qualsiasi altro tipo”, ha spiegato l'Arcivescovo Silvano M. Tomasi, capo della missione permanente della Santa Sede come osservatore presso le Nazioni Unite e le sue agenzie specializzate a Ginevra.
Il 16 settembre ha parlato alla diciottesima sessione del Consiglio per i Diritti Umani delle Nazioni Unite a proposito del suo studio sul diritto alla salute degli anziani.
La critica dell'Arcivescovo Tomasi si è appuntata su un riferimento alla “questione dell'autonomia del paziente rispetto alla decisione di terminare la propria vita”, anche se ha riconosciuto che l'autore del rapporto non ha trattato tali questioni “nel contesto del presente documento”.
L'Arcivescovo ha detto che la Chiesa esorta gli scienziati e i medici a ricercare la prevenzione e il trattamento delle malattie collegate alla vecchiaia senza mai cedere alla “tentazione di far ricorso a pratiche che abbrevino la vita degli anziani e dei malati, pratiche che si rivelerebbero, di fatto, forme di eutanasia”.
Ha affermato che la Chiesa Cattolica vede il numero crescente di persone anziane come “una benedizione” piuttosto che “un fardello per la società”. La Chiesa gestisce in tutto il mondo 15.448 case per anziani, malati cronici e persone handicappate.
L'Arcivescovo ha citato il discorso che Papa Benedetto XVI ha tenuto in una casa di riposo a Londra nel settembre del 2010. Il Papa disse che ogni generazione può imparare dall'”esperienza e dalla saggezza della generazione che l'ha preceduta”.
“In verità, il fornire cure agli anziani non dovrebbe essere considerato tanto un atto di generosità quanto il pagamento di un debito di gratitudine”, disse il Papa.
Nonostante le sue obiezioni al riferimento nel rapporto alla “decisione di mettere fine alla vita”, l'Arcivescovo Tomasi ha espresso il suo accordo con molti aspetti del rapporto. Si è dichiarato d'accordo a che gli stati dovrebbero allocare più risorse per le cure geriatriche e dovrebbero addestrare il personale sanitario a interagire con i pazienti anziani “in modo appropriato, rispettoso e non discriminatorio”. L'Arcivescovo ha messo anche in rilievo il bisogno speciale di proteggere le persone anziane deboli contro gli abusi fisici e morali da parte del personale di assistenza o dei membri della famiglia.
L'accrescimento della proporzione degli anziani è “interculturale” e l'autore del rapporto è stato stringente nell'affermare che proteggere i diritti umani degli anziani dovrebbe essere la preoccupazione di ciascuno, perché ciascuno invecchia.
L'autore del rapporto ha esortato a un cambiamento di prospettiva rispetto all'attuale considerazione biomedica della vecchiaia che viene vista come “un fenomeno patologico o abnorme” e “parifica l'età avanzata alla malattia”.
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