SPOSATI E SII SOTTOMESSA
Pratica estrema per donne senza paura
Che il libro di Costanza Miriano fosse controverso fin dal titolo me l'aspettavo, anche se il sottotitolo introduce già uno dei suoi principali leitmotive: una salutare, frizzante autoironia. Ma non mi aspettavo assolutamente il dibattito furioso, accanito, che si è scatenato su Facebook tra alcuni miei amici, tutti lettori di grande preparazione e di provata fede cattolica. Un dibattito combattuto a colpi di citazioni bibliche e magisteriali che è trasceso nel risentimento personale fino ad arrivare alle cancellazioni tra persone che si conoscevano e si stimavano da molto tempo.
Perché tanta asprezza? La querelle girava appunto intorno alla parola “sottomissione”, tra chi si ribellava all'idea che il libro reintroducesse il modello della famiglia patriarcale e del padre-padrone, e chi invece difendeva a spada tratta la famiglia “tradizionale” (in realtà, non c'è niente di “tradizionale” nella famiglia composta dall'uomo e dalla donna, ogni coppia ama per la prima volta, genera per la prima volta, sbaglia e si perdona per la prima volta).
In quel dibattito non ero intervenuto perché non avevo il libro, e anche per carenza di preparazione specifica sui documenti del Magistero. Ma ora che l'ho letto mi sento di esprimere un parere approfondito che quasi certamente scontenterà tutti, perché mi sembra che entrambe le parti, nel furore della polemica, abbiano perso di vista alcuni punti fondamentali.
Innanzitutto, chi si aspetta un arcigno trattato dottrinario, pesante, infarcito di citazioni libresche, resterà meritatamente deluso. Da molto tempo non mi capitava di leggere un libro fresco, brioso, pieno di spiritosa inventiva come questo. La Miriano, giornalista professionista, dimostra un notevolissimo talento nell'evocare a raffica un fuoco d'artificio di situazioni, di caratteri, di libri e di autori, accostando acrobaticamente i pannolini e San Girolamo, il biberon e Fred Buscaglione, il lavoro in TV e i compiti per casa dei bambini. In ogni frase si sente spumeggiare la vita. Osservo di passaggio che una simile capacità di guardarsi intorno e di notare tante cose è segno di una personalità molto libera e realizzata. La “sottomissione” di cui parla la Miriano non pare dunque avere effetti deleteri sulla creatività.
Ma con questo siamo ancora alla superficie. Dietro la felicità della scrittura e la brillantezza dello stile c'è un'ossatura estremamente robusta, delle convinzioni cattoliche molto profonde che costituiscono il vero pregio dell'opera. Più che sulla sottomissione, il libro ruota intorno a una constatazione molto semplice: l'uomo e la donna si realizzano nei rapporti, e possono realizzarsi pienamente solo in un rapporto definitivo di dono e di gratuità qual è il matrimonio. La prima parola non è infatti “Sottomettiti” ma “Spòsati”. Questo sembra essere sfuggito tanto a coloro che hanno criticato la Miriano quanto a quelli che hanno contrattaccato per difenderla forse con troppo zelo. Prima ancora che dosare i poteri e i doveri col bilancino, il matrimonio è anzitutto condivisione e accoglienza dell'altro così com'è, un cammino dove niente può essere dato per scontato ma che fa crescere man mano che si procede e si ha il coraggio della fedeltà. E la diversità dei sessi conduce alla diversità dei ruoli prima ancora che alla rivendicazione dei poteri.
Per questo ogni capitolo è introdotto da una lettera a un soggetto ben determinato e tratta un argomento ben determinato. Così, scherzosa nella forma ma ferma nella sostanza, la Miriano accompagna, suggerisce, esorta i suoi destinatari a prendere posizione di fronte alla loro vita, e farlo attraverso la strada di un legame certo e irrevocabile. I suoi consigli non potrebbero andare più controcorrente rispetto alla nostra cultura del disimpegno e della provvisorietà. Basti leggere le lettere all'amico che convive e rifiuta di sposarsi, a un'amica che passa da un uomo all'altro, alla coppia troppo perfetta che bastava a se stessa e si scopre in crisi, a un collega che non si decide ad avere bambini. Tutti richiamati alla bellezza della vita attraverso un impegno senza sconti con la realtà, ma sorretto da una serena fiducia in Dio. Tutta roba molto, ma molto indigesta per il “politically correct”.
Last but not least, un altro dei motivi profondi del libro – purtroppo passato del tutto sotto silenzio nella summenzionata polemica – è la fecondità. I bambini compaiono dappertutto nel libro, dalla prima all'ultima pagina. Il donarsi all'altro non è fine a se stesso ma, anche nella fatica, è per una gioia più grande, la gioia di una vita che cresce, da tutelare e da accompagnare. Non per niente le ultime pagine, dedicate al destino dei figli, sono le uniche dove si avverte una certa trepidazione.
Se un uomo leggesse le pagine della Miriano illudendosi di vedersi riverito e adulato come un sultano, è meglio che se lo scordi. Questo libro non è solo per donne senza paura, è anche per uomini senza paura. Senza paura di amare le proprie spose e di esserne amati, senza paura dei propri limiti e di quelli dell'altra, senza paura di addentrarsi nel tempo che passa, e senza paura di rivolgersi a un Altro per chiedere la forza di affrontare il cammino più decisivo della propria esistenza. Citando Chesterton, la Miriano sostiene che l'avventura più eccitante della vita non è la trasgressione ma l'ortodossia. Il matrimonio è veramente una pratica estrema, perché nella sua essenza è un'avventura che come unico limite ha solo la morte. E l'Autrice riassume tutta la grandezza e la dignità dirompente di questa avventura in una osservazione folgorante: “Che vivi a fare se non costruisci qualche cosa che ti superi?”.
Giovanni Romano
7 commenti:
Mi dispiace di non aver visto le interviste della Miriano dove il suo pensiero si mostrava più chiaramente. E tuttavia tu stessa hai ammesso che il pensiero della Miriano è... tutto suo. Non so quale forza di attrazione possa esercitare su altre persone o su altre coppie. Sarebbe come se, dopo aver visitato una piramide azteca, ci convincessimo a ripristinare i sacrifici umani (oddio, temo che a qualcuno verrebbe sul serio quest'idea...).
Mentre leggevo il libro pensavo: se io fossi nei panni del marito della Miriano, dovrei meritarmi la sua sottomissione. Voglio dire che una donna dalla personalità così decisa è tutt'altro che una pappamolla o una bambola svenevole. Se non fossi proprio un mostro di ottusità, capirei che un atteggiamento come il suo nasce dalla forza, non dalla debolezza, e mi sentirei un verme se tentassi (e sottolineo tentassi) di approfittare di una moglie così.
Ti ringrazio per i complimenti, ho lavorato con molto impegno alla recensione e con l'applicazione sono venute anche le idee. Ora che l'ho finita mi sento veramente contento.
Non preoccuparti, ti sei fatta capire benissimo, e se hai scritto con la tastiera virtuale so anch'io che razza di scherzi può combinare! Inoltre, come vedi, sono diventato lettore fisso del tuo blog veramente molto ben fatto. Che sia stata una "felix culpa"? :-)
come si può pensare che la Miriano esprima "più chiaramente" il suo pensiero in pochi secondi in una trasmissione televisiva che in un libro di 250 pagine???
A volte si dice di più in cinque minuti che in 250 pagine, che comunque ho letto dalla prima all'ultima. E che mi sono anche piaciute, come spero si sia capito dalla mia recensione.
"Siate sottomessi gli uni agli altri nel timore di Cristo" (Ef 5,21).
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