La rivista "Altroconsumo", di cui riproduco l'articolo apparso sul numero 220, novembre 2008 p35, tra un video al plasma e un servizio sulle cosce di pollo si è occupata anche di sepolture e cremazioni. Un servizio interessante, in verità, ma questo trafiletto, che suona come una propaganda aperta per la cremazione, è stato troppo per me, e ho reagito inviando loro la lettera che riporto qui sotto.
Non si possono trattare con tanta superficialità, e in un'ottica puramente utilitaristica (di consumo, appunto) argomenti tanto delicati e dolorosi. E se siamo disposti a trattare i morti con tanta indifferenza, non stupisce affatto che poi vogliamo sbarazzarci anche dei vivi. come nel caso Englaro.
Spett.le Redazione,
quando ho letto il trafiletto “Cremazioni: l’Italia lontana dall’Europa” mi è tornata in mente un’osservazione di Amleto: “E’ un costume che fa più onore trasgredire che osservare”.
Non vedo nulla di positivo nella diffusione di tale pratica, profondamente contraria alla pietas che non solo i cristiani, ma anche altre civiltà praticano verso i defunti (una pietas che voi liquidate sbrigativamente come “pregiudizio”). Né vedo perché mai dovremmo essere contenti di seguire supinamente un costume che non è il nostro, solo perché è praticato diffusamente altrove (è significativo che i paesi del Nordeuropa la pratichino più di noi. Il protestantesimo ha sempre avuto repulsione per la materia, per la fisicità della carne. Per non parlare dell’uso che della cremazione hanno fatto i tedeschi non molto tempo fa…).
La cremazione, e in particolare quella praticata qui in Europa, non è altro che privatizzazione estrema della morte, rimozione del cadavere – e di tutte le memorie legate ad esso – disconoscimento della dignità del corpo, chiusura definitiva dentro un tabù che non si ha il coraggio di affrontare.
Mi dispiace inoltre che non abbiate fatto cenno ad alcuni gravi abusi nella cremazione avvenuti per l’appunto in Lombardia, la regione più “avanzata”: ceneri dei morti mischiate alla rinfusa e date ai parenti così come capitava, resti umani parzialmente combusti gettati nella spazzatura. Il corpo umano ridotto appunto a cosa, per giunta fastidiosamente ingombrante perché una sepoltura occupa spazio. Sotto questo aspetto, la pubblicità del comune di Torino è vomitevole. E che ne sanno loro, poi, di corpi e anime?
Quanto a me, è evidente che da morto rivendico il diritto a essere sepolto, e ho già in mente precisamente dove, in un posto molto poetico fra l’altro. Ma non lo voglio rivelare. Gente con la mentalità dei pubblicitari del comune di Torino non lo capirebbe mai, e nemmeno è degna di saperlo. Non si gettano le perle ai porci.
Per il nuovo anno, auguriamoci piuttosto che l’appuntamento col crematorio o col becchino venga il più tardi possibile.
Non vedo nulla di positivo nella diffusione di tale pratica, profondamente contraria alla pietas che non solo i cristiani, ma anche altre civiltà praticano verso i defunti (una pietas che voi liquidate sbrigativamente come “pregiudizio”). Né vedo perché mai dovremmo essere contenti di seguire supinamente un costume che non è il nostro, solo perché è praticato diffusamente altrove (è significativo che i paesi del Nordeuropa la pratichino più di noi. Il protestantesimo ha sempre avuto repulsione per la materia, per la fisicità della carne. Per non parlare dell’uso che della cremazione hanno fatto i tedeschi non molto tempo fa…).
La cremazione, e in particolare quella praticata qui in Europa, non è altro che privatizzazione estrema della morte, rimozione del cadavere – e di tutte le memorie legate ad esso – disconoscimento della dignità del corpo, chiusura definitiva dentro un tabù che non si ha il coraggio di affrontare.
Mi dispiace inoltre che non abbiate fatto cenno ad alcuni gravi abusi nella cremazione avvenuti per l’appunto in Lombardia, la regione più “avanzata”: ceneri dei morti mischiate alla rinfusa e date ai parenti così come capitava, resti umani parzialmente combusti gettati nella spazzatura. Il corpo umano ridotto appunto a cosa, per giunta fastidiosamente ingombrante perché una sepoltura occupa spazio. Sotto questo aspetto, la pubblicità del comune di Torino è vomitevole. E che ne sanno loro, poi, di corpi e anime?
Quanto a me, è evidente che da morto rivendico il diritto a essere sepolto, e ho già in mente precisamente dove, in un posto molto poetico fra l’altro. Ma non lo voglio rivelare. Gente con la mentalità dei pubblicitari del comune di Torino non lo capirebbe mai, e nemmeno è degna di saperlo. Non si gettano le perle ai porci.
Per il nuovo anno, auguriamoci piuttosto che l’appuntamento col crematorio o col becchino venga il più tardi possibile.
Giovanni Romano
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