Ma non di questo voglio parlare, bensì dell’esperienza inaspettatamente bella che sto vivendo in questi giorni. Una volta tanto, ho deciso di prendere la Quaresima sul serio. Dunque più preghiera, meno computer, e soprattutto più digiuno. Niente di particolarmente punitivo, intendiamoci: semplicemente, abolire il cornetto quotidiano che avevo preso il vizio di prendere con l’espressino (faccio eccezione la domenica), e venerdì niente del tutto, nessun fuori pasto.
Tutto qui? Tutto qui, ma proprio questo mi ha colpito. Fino a quel momento non mi ero reso conto, o non mi ero voluto rendere conto, di quanto fossi ingrassato, appesantito, impigrito. Di quanto insomma mi fossi buttato giù. Per il peso del corpo cominciavano a soffrire persino i piedi nelle scarpe. E tutto questo per un cornetto apparentemente così piccolo…
E’ bastato questo digiuno per modo di dire per restituirmi almeno un po’ di agilità fisica, prontezza mentale, gusto alla realtà. Ora cammino più sciolto per la strada, salgo le scale più facilmente, soprattutto non mi assalgono più le tormentose micro-amnesie che mi facevano cercare ansiosamente, dappertutto, mille inezie che andavo dimenticando.
Quando me ne sono accorto ho cominciato a paragonare questa situazione di benessere con il messaggio del film (e del libro di Johanne Harris da cui è tratto, ancor più meschino e rabbiosamente anticattolico). Qual è il soggetto di entrambi? Una donna (con figlia al seguito, ma ovviamente non sposata) apre una cioccolateria artigianale in un paesino di montagna, durante la Quaresima e proprio in faccia alla chiesa, sfida i fulmini del parroco e pian piano distoglie i paesani dal timore dei castighi divini e dalle “inutili” mortificazioni quaresimali. Grazie alla cioccolata, nel paese si diffonde un’atmosfera di festa, di pace, di tolleranza… insomma tutto il blablabla politicamente corretto che va ora di moda. Cristo è bell’è dimenticato, comincia il culto della Dea Gola.
Il libro e il film, presumibilmente, si fermano compiaciuti al momento della sconfitta del parroco, nella visione idillica del “vissero-tutti-felici-e-contenti”. Ma dopo qualche mese o qualche anno, che ne sarebbe stato realmente dei paesani? E’ facile immaginarlo: alle prese coi denti rovinati, con le nevrosi da ciccia e le diete ipocaloriche, la bulimia l'anoressia, o peggio ancora l'obesità infantile… e vi risparmio le malattie annesse e connesse. Oltre alla cioccolataia, in quel poetico borgo alpino avrebbero trovato l'Eldorado anche una schiera di dentisti, dietologi, psicologi, diabetologi e chi più ne ha più ne metta. Se gli abitanti avessero dato retta al prete forse gli sarebbe costato meno.
Al di là di tutte le chiacchiere sulla "pace, la tolleranza, l'accoglienza delle diversità", e sciocchezze del genere, libri e film come questi vogliono creare l'uomo a misura del vero potere: un consumatore ben nutrito che non si fa mai domande, e che anzi reagisce con fastidio quando qualcuno gli ricorda che esiste qualcosa al di fuori di lui (non a caso, nel Giulio Cesare, il dittatore ha paura di Cassio perché non pensa soltanto a mangiare).
Per questo io mi tengo la Quaresima. Gli altri, se non vogliono ascoltare, si tengano i loro appetiti e le loro nevrosi. E li scambino pure per "libertà".
Giovanni Romano
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