martedì 27 febbraio 2007

L'ipocrisia sui "diversamente abili"

La definizione "diversamente abili", spesso peggiorata con l'orribile neologismo "diversabili", è stata più volte schernita come una inutile e ipocrita foglia di fico che non migliora in nulla la condizione reale degli zoppi, dei ciechi, dei sordi, dei paralitici. In parte è davvero così: evitare il dolore e censurarlo non ci rende tanto pietosi quanto schifiltosi (cfr. Brave New World di Aldous Huxley).

Tuttavia sarebbe rozzo liquidare tanto sbrigativamente la questione. E' innegabile che chi ha una abilità in meno cerca di sviluppare abilità compensatorie. Io sono zoppo, quindi ho cercato di sviluppare al massimo il senso della mira, per difendermi, e anche l'attività mentale, non potendo muovermi con la scioltezza degli altri. Per non parlare di abilità speciali, più che genericamente "diverse", sviluppate da persone in condizioni di gran lunga peggiori delle mie.

Un esempio bellissimo l'ho trovato nel libro di don Guigi Giussani "Perché la Chiesa". Parlando della concezione cattolica, secondo la quale l'essere umano ha un valore infinito agli occhi di Dio qualunque sia la propria condizione, indipendentemente se "funzioni" o no, Giussani cita la figura straordinaria di Sant'Ermanno lo Storpio, un vero campione di "diverse abilità"

... nato a Reichenau e vissuto nel secolo XI. 'Venne al mondo orribilmente deforme. Fu soprannominato Il Rattrappito tanto era storto e contratto: non poteva star dritto, tanto meno camminare, stentava persino a star seduto sulla sedia che era stata fatta appositamente per lui: le sue dita stesse erano troppo deboli e rattratte per scrivere; le labbra e il palato erano deformati al punto che le sue parole uscivano stentate e difficili a intendersi [...]- Aggiungerò che i competenti di novecento anni fa lo dichiararono anche deficiente (...)

I genitori lo mandarono a vivere in un monastero, dove a trent'anni diventerà monaco e dove a poco a poco quella mente, che era stata considerata anchilosata come il corpo, dimostroò di essere straordinariamente capace di aprirsi. Il suo biografo e discepolo Bertoldo inizia la sua Vita asserendo che tanto era contratto nel corpo quanto era dilatata la sua mente. Continua Martindale:

Neppure per un solo istante, durante tutta la sua vita, può essersi sentito "comodo" o, per lo meno, liberato da ogni dolore; quali sono tuttavia gl aggettivi che vediamo affollarsi intorno a lui nelle pagine degli antichi cronisti? [..] "Piacevole, amichevole, conversevole; semrpe ridente; tollerante, gaio" [...] Con il risultato che tutti gli volevano bene. E frattanto quel coraggioso giovinetto [...] imparò la matematica, il greco, il latino, l'arabo, l'astronomia e la musica.

Conclude Giussani:

Morì a poco più di quarant'anni, Ermanno, circondato dall'affetto dei monaci, dopo aver scritto [o piuttosto dettato, N.d.R.], tra l'altro, un trattato sugli astrolabi, un Chronicon di storia del mondo, aver costruito orologi e strumenti musicali e, secondo la tradizione, averci lasciato il mirabile testo della Salve Regina e dell'Alma Redemptoris. [...] Un'esistenza nel dolore come può diventare così ricca e amabile? Quell'energia di adesione alla realtà ultima delle cose permette di utilizzare anche ciò che tutto il mondo intorno riterrebbe non utilizzabile: il male, il dolore, la fatica di vivere, l'handicap fisico e morale, la noia e persino la resistenza a Dio. [...] Consegnare a Dio qualunque miseria è il contrario dell'abdicazione, di una meccanica accettazione, di una passiva rassegnazione; è il consapevole ed energicamente affermato nesso dal proprio particolare con l'universale.


Che fine farebbe un bambino come Ermanno, oggi? Quali speranze avrebbe di sopravvivere, in un mondo che ritiene un atto di "pietà" sbarazzarsi di persone come lui? L'ipocrisia sui "diversamente abili" non sta dunque nel termine in sé, e nemmeno nel concetto che ad esso è sotteso. E' nella mentalità di chi, con l'ingegneria genetica e la selezione degli embrioni (è scomparso ormai il termine "figlio") vuole programmare la discendenza del genere umano. Senza difetti, senza nemmeno l'ombra di un raffreddore, altrimenti si ricorre subito all'aborto.

Ma avrà ancora senso parlare di "diverse abilità" quando i loro portatori saranno tutti gettati nella pattumiera, e le uniche abilità ammesse saranno quelle standardizzate una volta per tutte?

Giovanni Romano

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